Arriva un momento nella vita dove la fortuna sembra girarci le spalle. Lo fa senza nemmeno stringerci la mano e avvisarci che di lì in poi il percorso sarà tutt'altro che lineare. Lo fa senza preavviso. Basta un attimo di distrazione che ecco non stare più al nostro fianco. A volte riappare, ma anche in questo, senza preavviso. Beh, da Alessandro, la fortuna lo ha abbandonato a Reggio Emilia quando il crociato ha fatto crack. in uno dei momenti migliori della sua carriera: gol, assist, passaggi precisi e quel sogno di inseguire la scia di Capitan Totti e Daniele De Rossi, da sempre considerato il suo fratello maggiore. "Tornerò più forte di prima", ma quando era arrivato il momento, con la primavera il crociato cede di nuovo. Un calvario, un tunnel senza luce, quel senso di apnea che sembra non terminare mai e si ha un bisogno interminabile di ossigeno e al più presto. Finalmente l'occasione, ma della fortuna nessuna traccia. Quando torna viene scalato da sempre terzino, raramente da esterno, il suo ruolo preferito e dove ha visto il suo massimo rendimento con Zeman prima e Rudi Garcia poi, dove ha raggiunto l'apice delle sue prestazioni. Gli anni passano: Francesco se ne va e dice davanti a 70.000 spettatori dell'Olimpico in lacrime di avere paura, ma non sa che noi ne avevamo più di lui; poi tocca a Daniele che chiude la carriera a Roma, ma ne inizia una nuova al Boca; poi di nuovo Francesco che dopo due anni dirigenziali, abbandona definitivamente la sua sposa prediletta. Scocca l'ora di Florenzi, le gerarchie sono queste, la tradizione vuole questo. Ma un alone di silenziosità e di incertezze lo accompagnano nel momento della fascia al braccio. "Non è carismatico", "Florenzi trenta denari", "Non è più quello de 'na vorta", "S'è montato la testa" ecc., ecc. e ancora ecc.

Questo accade quando le cose non vanno bene. Quando i risultati non arrivano, quando la classifica non rispecchia la reale posizione della squadra, quando i due capitani se ne vanno non per loro volontà, quando succedono i vari cataclismi in dirigenza, insomma, quando la fortuna non fa cucù. Perché quando le cose vanno bene, la squadra gira, i risultati arrivano, l'allenatore ha un impatto positivo sul campo e con lo spogliatoio, la tradizione si dimentica. Fonseca è stato chiaro con Alessandro: lui lo preferisce esterno, l'unico problema che davanti c'è troppa gente, il reparto è davvero affollato e ha più possibilità di giocare dietro come terzino. Ma anche lì è la riserva di Santon. In tutto questo Alessandro non ha mai alzato la voce. È stato sempre al suo posto, silenzioso, pronto ad esultare con la squadra quando si porta in vantaggio, pronto a sostenere i compagni quando sono in difficoltà e rispettoso con il suo allenatore. Queste le sue parole in un’intervista post-partita con la Nazionale: "Non ho giocato per far cambiare idea all'allenatore, ma per Alessandro. Penso solo a giocare, voglio dare il mio contributo alla Roma. Continuerò ad allenarmi a duemila, come ho sempre fatto, spero che nel breve periodo possa riuscire a mettere in difficoltà il tecnico, che in questo momento sta facendo altre scelte. E io le rispetto. Se devo fare il capitano devo dare l'esempio: come successo negli anni scorsi, metto la Roma davanti a me. Tutti dobbiamo stare in silenzio e lavorare, perché se lo fa il capitano tutti lo fanno di conseguenza".

Queste sono le parole di un capitano. Perché il capitano non va a qualità. Tutti noi già sbaviamo per Lorenzo Pellegrini, io compreso perché è un talento, ma non significa che già deve prendere un posto che ancora non gli appartiene. I beniamini già chiedono a gran voce di consegnarli la fascia, ma non funziona così. Ma questi siamo noi tifosi della Roma. Perché quando quest’estate c’era il mercato e si vociferava un possibile addio di Florenzi, già eravamo pronti a scendere a Trigoria con forconi e fumogeni. Questo perché le cose andavano male. Poi è arrivato Fonseca, la squadra ha girato, ha ingranato e adesso è quarta in classifica e si è qualificata ai sedicesimi di Europa League. Le cose vanno bene. I giocatori, almeno la maggior parte, rendono. E cosa succede quando si parla di un Alessandro messo ai margini di un progetto? Silenzio, tutti alzano e girano le spalle proprio come ha fatto la fortuna. Come scritto pocanzi, il capitano non va a qualità. Il capitano è un leader del gruppo, difende la sua squadra, i suoi giocatori, li accompagna nei momenti difficili e in quelli felici. Il capitano c’è sempre. Arriva puntuale in allenamento, non mette mai una parola fuori posto, porta rispetto per chi ha davanti e per chi c’è dietro. Tratta tutti al pari di tutti, senza distinzioni. A questo può essere accompagnata anche la qualità, ma è una caratteristica in più. Prima si rispettano altri valori, proprio come Florenzi i suoi. Non sarà nemmeno un leader di spogliatoio, ma probabilmente perché si è sentito insicuro e quell’insicurezza gliel’abbiamo traslata noi. Non l’abbiamo accompagnato quando i capitani di riferimento se ne sono andati. Si è trovato da un giorno all’altro con la fascia al braccio, pieno di responsabilità e senza quell'affetto che meriterebbe come persona in primis e come giocatore in secundis.

Non critico Fonseca per averlo messo ai margini di un progetto. È comprensibile e ben venga che sia così. Dispiace, dispiace tanto, ma significa che ci sono giocatori di più spessore e così si vince. Non si vince con le tradizioni, ma con la qualità in campo. Quello che chiedo io è coerenza. Perché, riallacciandomi alle precedenti righe, se quest’estate eravamo pronti a scendere a Trigoria con forconi e fumogeni perché la dirigenza non rispettava la tradizione, oggi faremmo lo stesso, ma per non vederlo più in campo. Così non funziona, non è l’atteggiamento giusto. Il mio capitano è Alessandro Florenzi e lui, in questo momento, rappresenta la Roma. Se a gennaio facesse altre scelte o venisse ceduto (non dimentichiamoci che ci sono gli Europei quest’estate), lo rispetterei comunque. Ma fin quando è un giocatore della Roma, mi schiero a fianco del mio capitano.