L’ultima geniale trovata dei media sportivi, alla continua, affannosa ricerca di un’anti Juve, riguarda il mercato dei giovani talenti italiani. Da qualche mese, in barba ad ogni dato fattuale, abbiamo scoperto che ormai i migliori giovinastri del calcio italiano (e non solo) gravitano tutti in zona “madunnina”. Il Milan, incensato a più non posso dai media amici e non (anche da quelli che, a detta della Cassazione, pur essendo di proprietà del Berlusca, subivano il fascino e lo strapotere del demiurgo bianconero, ex ferroviere, al secolo Luciano Moggi), sembrerebbe avere in squadra un’orda di giovani talenti, tra i migliori in Europa, capaci di riportarlo ai fasti di un tempo. Donnarumma è il nuovo Buffon, anzi più forte. Locatelli ha fatto dimenticare Pirlo, regalato alla Juve, per un mero abbaglio momentaneo, preferendogli Van Bommel, dal più grande dirigente della storia del calcio nostrano. Quello stesso dirigente che vendette Ibra e Thiago Silva poche ore dopo che la sua società gli aveva dichiarati incedibili; che preferì tenersi Pato invece che prendere Tevez, e che ha acquistato a cifre enormi o con ingaggi esagerati, gente (anche abbastanza in là con gli anni) come Bacca, Luis Adriano o Bertolacci. Addirittura Paletta ed Abate sono diventati improvvisamente dei fuoriclasse. Calabria, neanche fosse Cafù, e Suoso – che non è italiano, ma vale la pena farne un cenno – sembra stia ripercorrendo le orme di Robben. Sull'altra sponda del calcio minore, ci sono i cugini cinesi. Titoloni cubitali per l’acquisto di Gagliardini, alla modica cifra di 25 ml di eurazzi. Uno che ha fatto una decina di partite in serie A, con zero goal e un paio di assist (le statistiche della stagione scorsa in serie B non sono certo eclatanti) è diventato in poco tempo il nuovo Pogba cartoncinato. In un meraviglioso bidibodibibù, anni di acquisti sbagliati, al limite del ridicolo, e di soldi gettati nel cesso, cancellati per un ragazzo di 22 anni che deve ancora dimostrare tutto. Che sia chiaro, nessuno mette in dubbio il parere degli esperti, ma al contempo solo gli stupidi possono pensare che senza la riprova del campo ogni ragionamento sui presunti giovani talentuosi è a dir poco opinabile (Gabriel Barbosa docet). Spinazzola, Sensi, Mandragora, Lirola, Berardi, Orsolini, Calandra e chissà quanti me ne sfuggono. Per non parlare di Bentancurt che dovrebbe arrivare dall’Argentina, e che spero di vedere un giorno a confronto con Gagliardini. Su Rugani e in genere il pregresso sorvolo, perché il gioco diventerebbe troppo facile. Ebbene, di chi sono i migliori giovani italiani in circolazione?? Chi li ha comprati quando ancora valevano pochi spiccioli – tranne in alcuni sporadici casi – per farli crescere o in primavera o nelle squadre di terza fascia del campionato di serie A? Invero il nocciolo della questione, artatamente omessa dai commentatori da strapazzo, è molto semplice. Gran parte di questi giovani talenti, che probabilmente potrebbero aspirare ad un posto da titolare nel cacio italo-cinese, posto l’attuale livello della Juventus, a Torino farebbero la panchina dei panchinari. La Juve li mette in rosa solo allorché dimostrino di essere da Juve, altrimenti diventano, come ad esempio nel caso di Zaza e Immobile, degli ottimi investimenti a lungo termine. Cosa dire di più. Come in tutte le storie, l’antagonista è importante come il protagonista. Lo capisco. In più, mettiamoci quel pizzico consistente di antijuventinismo di cui sono pregni almeno due terzi dei media che trattano di calcio, e la frittata è fatta; si pubblicano notizie pompate e castronerie sesquipedali. Il mondo dell’informazione sportiva è questo, noi juventini lo sappiamo da sempre. Tuttavia, purtroppo per loro, quella che propongono non è una sceneggiatura neorealista, ma pura mitologia. Il calcio italiano ha da sempre un unico indiscusso protagonista. Stessa proprietà, stessi colori, stessa gloria. Hanno provato a farci fuori, ma gli è andata male, perché i concorrenti erano incapaci di fare impresa nel calcio, tanto e vero che hanno dovuto rivolgersi all’estero per sopravvivere.