Montolivo, Constant, Traoré, Pazzini, Niang, Bojan: si tratta forse di uno scioglilingua o di una barzelletta? No, è la campagna acquisti del Geometra Galliani, anno 2012, stessa data in cui Ibra, l'ultimo highlander appena sbolognato dalla proprietà perché del Milan dal punto di vista sportivo non fregava più una beata mazza, si offriva, parole sue, di prestare qualche milione per la campagna di rafforzamento. Da quell'estate i rossoneri hanno cessato di essere una squadra di calcio, hanno buttato al vento anni di credibilità assoluta, hanno imbarcato bidoni su bidoni che avrebbero ridotto al ridicolo il tasso tecnico che oggi paghiamo con gl'interessi (avvisaglie imbarazzanti fin dal lontano 2006: Oliveira al posto di Sheva), si sono in qualche modo resi protagonisti delle risatine di compassione dei più blasonati avversari di sempre, in patria e fuori.

Non mi stancherò mai di dirlo, ma il Milan di oggi è il nipote di questo Anno Domini 2012, ci assomiglia senza ombra di dubbio, la paternità è certa, per il semplice fatto che da allora si è fatto l'impossibile per aggiungere profili inadeguati ad una squadra che stava perdendo energie tecniche come una pianta cui viene risucchiata la linfa. Torres, Alex, Mati Fernandez, Gomez, Luiz Adriano, Vangioni: nemmeno in questo caso è uno scioglilingua, probabilmente una barzelletta di pessimo gusto sì, in quanto si tratta dei "ripari" ai quali, sempre l'intoccabile vicario dal piglio vescovile, ma senza la minima idea tecnica, ha pensato di correre per porre rimedio al capolavoro dell'anno precedente. In soldoni una squadra che quasi cinque anni fa si trova in formazione Bocchetti in difesa, Montolivo, Honda a centrocampo, Destro, Torres e Pazzini in attacco, poneva basi molto serie per un disastro tecnico anche negli anni a seguire. Infatti non avere più Braida, o non aver mai avuto un novello Allodi, porta negli anni a seguire ad innesti che decretano la fine tecnica del Milan: da Bertolacci a Calhanoglu, passando da Luiz Adriano, fino a Castillejo.

La pietosa situazione dei rossoneri, di cui la raccapricciante  partita ad Udine di ieri è solo un mesto epilogo, viene quindi da molto lontano, da molta incompetenza, da nessuna voglia di costruire una vera squadra, che trapassa tre proprietà inqualificabili, che hanno avuto ed hanno ben poco a che fare con l’aspetto sportivo e molto con misteriosi meandri finanziari dei quali probabilmente non sapremo mai davvero nulla. Giampaolo è sicuramente più allenatore di Gattuso o Inzaghi, ma è pur sempre un professionista che lavora col materiale che gli viene messo a disposizione e ieri l'inconsistenza siderale di questo materiale non ha fatto altro che manifestare uno dei suoi rush più evidenti e dolorosi, ma che si susseguono da anni: dalle figure barbine col Benevento a San Siro, alle stroncature subite da Juve ed Inter.

La ragione per la quale sono pessimista e non mi faccio illusioni fino a quando non ci sarà un vero proprietario, sempre che questo avvenga, sta in questa consecutio temporum, in questa superficialità che monta anno dopo anno a prescindere dagli interpreti, in questa inesistenza di un vero piano tecnico, in questo dover adattare a ruoli non loro già quattro giocatori sin dalla prima giornata. Così non ci saranno squilli mercantili dell'ultima ora in grado di raddrizzare la casa Usher di Poe che sta crollando inesorabilmente, perché questa casa manca di fondamenta. Ciò che occorre oggi è soprattutto la consapevolezza di tutto questo; è la capacità di ignorare le sirene, interne ed esterne al Milan, che non rimarchino con durezza questa situazione e non si facciano portavoce di un tifo allo sbando.