Il mercato estivo del Torino dell’era Cairo è sempre stato caratterizzato dalla cautela, dalla fedeltà assoluta all’equilibrio di bilancio, dal culto del risparmio e dell’acquisto di calciatori da valorizzare per essere trasformati nell’imperativo economico che guida le odierne società sportive professionistiche: la plusvalenza.
Il Presidente Urbano Cairo è da ammirare per come ha saputo fare del Torino una società stabile dal punto di vista economico ed organizzativo, una squadra che oggi è ai vertici del campionato italiano e si è riaffacciata al proscenio del calcio europeo. Non c’è da rivolgere alla dirigenza granata alcuna critica, perché ha saputo riportare una società che aveva conosciuto nella sua storia recente il dissesto finanziario, lo smantellamento del settore giovanile, la serie B, ai traguardi importanti di oggi che fanno sperare tutti i tifosi che il Toro possa riagganciare il filo con la sua storia più gloriosa, non solo quella mitica del Grande Torino, ma anche quella ancora viva nel cuore e negli occhi di molti che va da Gigi Radice a Emiliano Mondonico.

Ed è proprio questo il punto. Nella speranza del popolo granata questo dovrebbe essere l’anno della consacrazione. Che vuol dire chiudere il campionato nei primi sei posti vincendo magari un derby; arrivare agli ottavi e perché no ai quarti in Europa League; raggiungere le fasi finali della Coppa Italia.

Ecco perché, nonostante il plauso che va tributato a Cairo per aver saputo mantenere integra la squadra che tanto bene ha fatto nello scorso campionato, ci si aspettava l’arrivo di qualche giocatore di grande spessore tecnico, di esperienza internazionale che avrebbe potuto dare al Torino quelle possibilità in più in alcuni settori del campo in cui la rosa messa a disposizione di Mazzarri mostra qualche punto debole nella qualità e nella continuità: la trequarti, la fascia sinistra e il secondo portiere.

Questi nuovi arrivi dovevano essere messi a disposizione del mister dall’inizio della preparazione, onde poterli integrare al meglio nell’organico già esistente. Per iniziare al meglio il campionato, ma soprattutto per superare senza patemi i preliminari e i play off di Europa League.

Invece oggi, alla vigilia di una sfida cruciale per il proseguimento del cammino in Europa, che realisticamente vede più la possibilità di interrompersi che di continuare, ci troviamo ancora una volta – ma una volta si poteva capire, oggi no – al solito teatrino dell’arriva o non arriva, degli infortunati in panchina o in tribuna senza che siano adeguatamente sostituiti, delle seconde scelte.

Pareva che l’arrivo di Lozano al Napoli avrebbe significato l’arrivo certo di Verdi al Torino, mentre altro tempo passa sfogliando i petali del secondo portiere e del corridore di fascia sinistra, ma almeno… E invece no. Il Napoli vende Ounas, tiene Verdi e il Torino fa le valutazioni di mercato in relazione al risultato della doppia sfida con il Wolverhampton che mette in palio la qualificazione alla prossima Europa League.

E allora, se il Torino supererà la doppia sfida con i Wolwes, si opererà sul mercato, altrimenti la squadra è bella che fatta. Tanto quello attuale è un organico che ha già dimostrato di poter raggiungere traguardi importanti. Peccato che già l’appuntamento con l’Europa League sia quello decisivo e che tutte le concorrenti del Torino del prossimo campionato si siano oggettivamente rinforzate. E di molto.

Ora, tali premesse e ragionamenti ci portano a fare una riflessione.
Se Cairo non ha acquistato da subito quei calciatori necessari ad elevare la qualità e la quantità della rosa a disposizione di Mazzarri, ed i nomi non sono molti, potrà farlo negli ultimi giorni di un mercato che di certo non svenderà i suoi elementi migliori, ma anzi cercherà di monetizzare puntando sul bisogno dell’acquirente? Sappiamo che Cairo non è un uomo che acquista stando con le spalle al muro.

Quindi, stando così le cose, avremmo dovuto da tempo comprendere che il mercato del Torino era già stato espresso dalle parole del Presidente in visita alla squadra in ritiro a Bormio: “Abbiamo tenuto tutti i giocatori importanti. E abbiamo resistito agli attacchi di chi li voleva: ho detto nove no. Tenere un giocatore importante è come acquistare un top player”.