Dietro la scrivania
Giuntoli, come si sapeva da mesi, ha lasciato il Napoli per approdare alla Juventus. Appena arrivato ha reso nota la sua passione per Madama sin da piccolo. Aurelio De Laurentiis non le ha mandate a dire dichiarando: “Se lo avessi saputo lo avrei mandato via prima”.
Mauro Meluso, il nuovo ds degli azzurri ha dichiarato: "AdL non mi ha chiesto che squadra tifassi, ma non ho mai tifato per la Juve.” (Non si sa mai…ndr)
In campo
Il calcio è pieno di sorprese e contraddizioni. Allenatori, dirigenti e calciatori sono protagonisti privilegiati di un mondo a parte e come tali agiscono.
Il tal giocatore, durante la presentazione nella nuova squadra, dichiara: “Sin da piccolo tifavo per per loro.” “Era il mio sogno.” Così abbiamo scoperto che alcuni calciatori hanno avuto più infanzie. Tifando da piccoli per tutte le squadre dove poi avrebbero militato. Chiaro caso di chiaroveggenza…Opportunismo? No. Forse solo scarsa considerazione dell’intelletto dei tifosi.
Baci alla maglia maglia sotto le curve deliranti, indici puntati sul logo della divisa festeggiando un gol, con l’immancabile scatto fotografico che li immortala come “uno di noi”. Poi che succede? Cambiano squadra e.. cosa rimane di tutto questo amore? Nulla. Tutt’al più, se ti segnano un gol in uno scontro diretto, non festeggiano… e perché, poi?
In un mondo utopico, il tifoso moderato apprezzerebbe una dichiarazione tipo: “Sono un professionista e fino all’ultimo giorno in cui indosserò questa maglia darò tutto me stesso”. Basta. Niente smancerie e più rispetto per chi ti ascolta (a tal proposito siamo proprio così sicuri che Tonali tifasse Milan sin da piccolo?).
Dietro la tastiera o al monitor
Molti giornalisti, soprattutto quelli della vecchia guardia, non hanno mai rivelato la loro fede calcistica. Essenzialmente a causa della natura stessa della loro professione: essere credibili. Fino a fine carriera non si è saputo per quale squadra facessero il tifo. Seri ed equilibrati in ogni loro intervento, equidistanti e rispettosi del lettore o ascoltatore (che nostalgia!). Oggi abbiamo molti giornalisti, tifosi dichiarati, che non riescono a stare in equilibrio neanche se li incolli per terra.
Sulla panchina
Walter Zenga ha allenato sia all’estero sia in Italia ma non ha mai nascosto il proprio tifo per l’Inter pur avendola affrontata ripetutamente da avversario.
Stefano Pioli confermò la propri fede interista durante la presentazione per il suo arrivo sulla panchina dei nerazzurri: “Sono cresciuto col coro “Con Beccalossi e Pasinato, vinceremo il campionato”.
Roberto Mancini, il CT della nazionale azzurra, ha ammesso di essere stato juventino, come Arrigo Sacchi interista, Maurizio Sarri tifoso del Napoli, Massimiliano Allegri della Juventus. A seguire altri ancora hanno confessato le loro preferenze seppur seduti su altre panchine. Bene così! In primo piano la professione, poi tutto il resto. In questo senso i calciatori sono molto, molto indietro.
Qualcosa sta cambiando
Fortunatamente i casi di professati amori infantili dei calciatori per i colori sociali della nuova squadra stanno diminuendo, forse anche a causa della mobilità maggiore rispetto al recente passato. Cambiano maglia con molta più frequenza e, di conseguenza, queste bugie sui grandi amori verrebbero facilmente smascherati.
Le bandiere svolazzanti
La volatilità ha reso praticamente impossibile legare un atleta alla stessa maglia per lungo tempo. La cosiddetta “bandiera”, non esiste più. La famosa “appartenenza” è ormai merce rara. Nessuno sa resistere alle tentazioni economiche, che ammaliano e ti portano su altre strade (Arabia docet). La bandiera che si ergeva gloriosa e resisteva ai quattro venti, oggi si piega e si sfilaccia al minimo soffio. Un tempo c’erano giocatori simbolo che rappresentavano un’intera società di calcio. Oggi alcuni calciatori non riescono neanche a rappresentare se stessi e pagano stuoli di procuratori e avvocati per farsi manovrare, Lukaku ne è un esempio.
Il calciomercato impazzito
Anni fa si seguiva il calciomercato come un sogno. Era un momento nel quale, quando i giornali facevano un nome, si fantasticava nell’immaginarlo nella propria squadra.
Oggi c’è un’informazione capillare sui giocatori in movimento, con costi e quant’altro. Basta un click in rete e, come per magia, diventi un esperto di mercato che sa tutto o quasi. Non c’è più sorpresa, non c’è più pathos.
L’unica cosa che i tifosi sognano e aspettano con impazienza è la fine del calciomercato. Non tanto per sapere chi si è comprato, quanto per capire chi si è riusciti a trattenere e chi ti ha tradito...
... nient'altro che la verità
Dichiarare con sincerità il tifo per una squadra non è necessariamente una cosa negativa, a patto che in campo o dietro una scrivania si dia tutto per la squadra della quale si fa parte. Anzi, potrebbe essere un segno di maturità. Ma temo che il nostro calcio non sia ancora pronto. Immaginate le polemiche nel caso in cui un giocatore sbagliasse un gol contro la “sua” confessata squadra del cuore?
La cosa importante è essere dei professionisti aldilà dei colori amati e dimostrare rispetto per il tifoso, evitando dichiarazioni ridicole e con le gambe corte. Meglio un buon mercenario che un disertore.
Nel dubbio, occhi puntati sul campo. Il campo è sovrano. I colori sociali e la maglia, quelli non ti tradiscono mai, non cambieranno nel tempo, sempre fedeli a se stessi. E se proprio vorremo una bandiera, basterà infilare una maglia in un pennone, certi che nel tempo continuerà a sventolare con coerenza.
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