Vorrei mettere a confronto due filosofie, più che due allenatori.  

Massimiliano Allegri nonostante abbia vinto nella sua carriera 5 Scudetti, 4 Coppa Italia e 2 Supercoppa italiana non è abbastanza per essere considerato bravo. Il suo pragmatismo non piace, il suo gioco non brillante è oggetto di critiche a volte da parte dei tifosi altre volte dagli addetti ai lavori. Non c'è pace per chi come lui ottiene buoni risultati.
Alle volte non riusciamo proprio ad elogiare i giusti meriti a coloro che con il lavoro raggiungono degli obiettivi. Siamo concentrati su ciò che non è riuscito a fare qualcuno anziché su quello che ha ottenuto.
Ma gli applausi e i consensi non li prende chi ha successo? Chi vince? Siamo tutti concordi nel dire sì e questo Max il cannibale lo sa molto bene. Perché Allegri lo definisco un cannibale? Il valore aggiunto di Massimiliano Allegri a mio avviso è la tenacia. Valore trasmesso alla squadra e ai singoli giocatori.
Qualcuno potrebbe obiettare che il valore tecnico della squadra che lui allena è superiore a tutti in Italia. Sicuramente non ha rivali, ma cullarsi del proprio ego e ritenere se stessi migliori degli altri non porta al successo, ma ad un approccio superficiale che non paga mai. L'umiltà nel saper convivere con questa certezza ti porta a dare il meglio. Allegri riesce a trasmettere continuità e costanza a livello mentale non a livello fisico. Riesce a gestire le risorse umane a sua disposizione al fine di raggiungere un obbiettivo. È questa la chiave del successo?
Prendo a prestito una frase di un noto saggista e giornalista italiano Beppe Severgnini: "Il talento non basta: occorre tenacia. Tra una persona talentuosa senza tenacia e un’altra tenace, ma senza talento, sarà quest’ultima a ottenere i risultati migliori."
Ecco perché parlo di questi due grandi allenatori.

Si parla molto del talento di Maurizio Sarri, sono state spese molte parole di elogio per il suo modo di fare giocare la sua squadra. Quasi sempre produce un piacevole divertimento che appaga moltissimo gli occhi di colui che decide di guardarlo. Crea entusiasmo e ammirazione. Grazie a lui nasce un nuovo fenomeno, quello del "sarrismo", un gioco fatto di continui movimenti, alla ricerca dell’appoggio o per fornirlo, per smarcarsi, per inserirsi o favorire l’inserimento di un compagno, con pochissimi riferimenti forniti agli avversari. Ma come sappiamo per consacrarsi ci vogliono i titoli e ad oggi il suo Palmarès è ancora scarno. Cosa gli manca per avere i risultati migliori?
Sarri è l'esteta di un gioco sincronico. È tra i migliori nell'insegnare agli altri cosa devono fare e come lo devono fare. Ma deve creare in loro la forza motivante. Il continuo cercare alibi aiuta? Ripetere che l'avversario è più potente, che l'avversario è di un altro pianeta è realmente sinonimo di umiltà? Accusare gli altri pubblicamente di errori commessi è la giusta strada per far crescere le giuste motivazioni?

Il pragmatismo di Allegri o l'esaltazione del gioco di Sarri sono due scuole di pensiero. Ma la chiave è la tenacia nelle proprie convinzioni. Il lavoro non può finire di fronte ha una circostanza sfavorevole e nemmeno entusiasmarsi di fronte a una circostanza favorevole.
Ma se credi nelle tue idee il lavoro continua fino al raggiungimento di un obiettivo, altrimenti nonostante il tuo talento l'insuccesso è dietro l'angolo.