C’è chi, nella vita, nasce con un dono, quello del talento.
Non lo si scopre subito, ma dopo qualche anno. Si cominciano a notare delle anomalie benigne nei confronti di un dato fattore. Che sia il cantare, il ballare, uno sport in particolare, il giornalista. Qualsiasi cosa. Come anche dipingere, recitare, essere un fumettista. Un fiume incessante di professioni. Non è un processo immediato, ma richiede tempo. Prima la conoscenza di ciò che piace fare, poi un confronto e un rapporto più diretto e, infine, l’amore.
Ma, tra questi, c’è anche chi, il talento, lo scopre più tardi. Non ci si accorge subito, ma soltanto dopo vari incidenti di percorso. O con il passare degli anni, scartando delle cose che all’inizio pensavamo fossero create per noi, e invece si sono assodate come contrarie.
Ecco, non nell’immediato, ma con il tempo; non un prodigio, ma una sorpresa: lui è Mattia Zaccagni.

Bellaria, un tempo di Arrigo Sacchi

Il 16 giugno 1995, Cesena, aveva tra le mani un altro amante del pallone. Un futuro Nazionale per giunta, ma ci arriveremo successivamente. Ci vuole poco: un po’ di tempo, la giusta crescita e quel pizzico di consapevolezza che non è mai concreta tra i giovani. Papà, voglio giocare a calcio. Accontentato.
E proprio papà Fabio, ala di categoria, che non si fa pregare due volte dal figlio. Lui ex calciatore, la moglie Chiara – mamma di Mattia – appassionata di questo sport. Basta una richiesta e lo iscrivono all’Associazione Calcio Bellaria Igea Marina. Squadra che, un tempo, veniva allenata da Arrigo Sacchi. È stata un po’ un trampolino di lancio per entrambi: solo che Mattia può crescere, il grande Arrigo, invece, ha già dato e possiamo solo che imparare da lui. 
Il ragazzo si fa le ossa, progredisce, addirittura faceva i compiti con la palla sotto il banco.

Mr. Zanini e i 25 km

Nelle giovanili, l’allenatore Giovanni Ceccarelli, lo ha guidato e plasmato:
Era un trequartista ma piano piano l’ho arretrato di ruolo.
Ha fatto di Mattia un giocatore più duttile, capace di scalare anche in mediana. Lo ha forgiato, elasticizzandolo sia offensivamente che difensivamente. E se Ceccarelli ha lanciato il seme, Mr. Zanini, ha fatto di lui un catalizzatore, credendo sin da subito nelle sue capacità.
Capacità fuori dal comune, tanto che, ottenuto il mandato per allenare la prima squadra in Serie C2, prima dell’arrivo del nuovo allenatore, Zanini, vuole farlo partire titolare. Al derby. Come ostacolatore, trovò il Presidente Nicolini, che, al giovane, preferì un altro di più esperienza:
Una doccia fredda. Ero nella sua ditta a Villa Verrucchio, alle porte di San Marino. Potevo scegliere se tornare a casa con lui in macchina incazzato o farmela a piedi.
Alla macchina preferì le proprie gambe. Era dicembre e sotto la neve.

Un’altra scommessa… persa

Non partì titolare Mattia, ma subentrò nella ripresa. Mister Zanini credeva fortemente in lui, l’ha sempre fatto. Aveva già intravisto un potenziale non indifferente nel ragazzo di Cesena e, per lui, non sarebbe mai stato scellerato mandarlo in campo in un derby. Lanciarlo al posto di un giocatore d’esperienza.
Il derby, poi, contro il Forlì, lo portarono a casa per 2-1. Ma il broncio di Zaccagni non finì lì, e disse:
Se debutta con la maglia della Nazionale mi faccio 25 chilometri a piedi… di nuovo. Torno alla ditta del presidente affinché riconosca che avevo ragione io!
Un’altra scommessa. Persa questa volta, ma con il sorriso. Quei 25 chilometri che nemmeno li sentirebbe per la gioia di vedere Mattia, lanciato nella C2 di Bellaria, venir convocato da Mancini.
E così, sette anni dopo, in un’altra vita, in un’altra squadra, Mattia è diventato Zaccagni ed è cercato da mezza Serie A.

Il Verona crede in lui

Perché, come spesso accade alla maggior parte dei giocatori, si viene scartati. I requisiti fisici sono importanti per quell’età: a volte si ha il timore che un fisico troppo esile non reggerebbe il confronto in mezzo al campo; che il carico potrebbe essere troppo pesante; o magari che il calciatore sia in ritardo rispetto ad altri.
La crescita fisica è fondamentale, ma, come ha detto Luca Ariatti in un lungo dialogo con Stefano Borghi, è di vitale importanza che il giocatore sia psicologicamente pronto per stare in campo. Che sappia reggere la pressione – dei tifosi o l’emozione delle prime volte -. Conta questo. Esistono giocatori che arrivano nei massimi campionati tecnicamente più scarsi di alcuni di Serie B o di C, ma, a differenza loro, sono in grado di reggere le paure e di non farsi intimidire.
Il Pescara lo scarta, il Verona no. Crede in lui.

Minutaggio ed esperienza

Il club scaligero se lo prende con sé. Lo coccola per bene, lo manda fuori per farsi le ossa e lo aspetta abbraccia aperte. Lo trova cresciuto, maturo, pronto per una nuova sfida. È diventato un uomo. È diventato Mattia Zaccagni.
Nel 2013 lo arruola nella Primavera, dove, in 2010 minuti di gioco, trova 3 gol, tra cui una doppietta. 5 partite nel torneo di Viareggio e una rete anche lì. Una buona media, tanta corsa: il Pescara aveva fatto un grosso errore.
Nella stagione successiva, viene girato al Venezia, in Lega Pro. Con Dal Canto, disputa una buona stagione e una titolarità acquisita in poco tempo: 2620 minuti in C, 2713 considerando Coppa di Lega e Coppa Italia. Un gol e 4 assist a referto, confermando in anticipo la sua predisposizione agli assist:
Mi piace far segnare i compagni.
Ma lo affermerà soltanto successivamente.

Il ritorno a Verona

La stagione con il Venezia lo ha reso sicuro di sé. Mandorlini, lo premia e vuole tenerlo in squadra per la nuova stagione. Esordisce in A, subentrando a Sala, contro l’Inter a San Siro. Non un ingresso casuale. Solo che poi viene girato, nel mercato di riparazione, al Cittadella. Lì, oltre al gol, realizza anche altri tre assist.
Un semestre di formazione. Altra formazione che male non gli avrebbe fatto. Così, fa ritorno a Verona, dove non viene più lasciato andare.
Nelle due stagioni successive, arriva il momento di difficoltà: prima il crociato a metà campionato inoltrato e, in quella seguente, poco minutaggio, a causa anche del recupero e della riabilitazione. Ma se dopo la tempesta esce sempre il sole, Zaccagni, è stato letteralmente baciato da quest’ultimo.
Prima i playoff vinti – che li ricorda come uno dei momenti più belli – e poi le successive stagioni in A di pura consacrazione.

Mattia Zaccagni, quanto altruismo!

Come scrissi precedentemente, solo in una recente intervista ha spiegato quanto lo renda felice far segnare i propri compagni. Difatti, Mattia, ha messo a referto una mole di assist sostanziosa: 26 assist registrati, 9 solo nella passata stagione. La maggior parte delle azioni chiave e da gol del Verona, partono dai suoi piedi: not bad!
In questa stagione, però, sta dando il meglio di sé: 4 gol e altrettanti assist in 15 match. 16 considerando la Coppa Italia. 1164 minuti di gioco e tanta corsa sulla parte destra del campo. Una crescita esponenziale, che senza il Verona, forse, non si sarebbe mai concretizzata. Non a caso dice:
Non escludo di poter diventare una bandiera di questo club.
Solo che il nome gira, molto velocemente anche, e il prezzo lievita ad ogni partita. L’ultimo gol è una perla, un po’ come tutta la sua stagione finora.

Un altruismo anche fuori dal campo

I calciatori attuali – non tutti – hanno un tempo libero differente. Prima si giocava a carte con gli amici, si usciva – certo, adesso il momento non aiuta -, addirittura si facevano scherzi telefonici. Un modo diverso per ammazzare il tempo.
Oggi è differente. Sia chiaro, non è colpa di nessuno. Bisogna svincolarsi dall’idea assidua che un’epoca sia migliore di un’altra. Si può dire, sì, è un pensiero soggettivo. Ma oggettivamente parlando, è sbagliato fare un paragone tra epoche. Prima non c’era internet, ora sì; non c’erano le console – almeno come le conosciamo noi -, adesso sì; non esistevano i social, adesso sì. Cosa avrebbero fatto i nostri “antenati” se avessero avuto quello che c’è adesso?
Mattia, si barcamena nel tempo libero, tra Netflix e Playstation. Ma come dichiarato da lui stesso, afferma di giocare ogni tanto con i baby tifosi del Verona. Altruista anche qui.

A novembre Mancini ha alzato la cornetta

Dopo la sontuosa prestazione contro il Milan – era l’8 novembre – Mancini ha alzato la cornetta del telefono, trovando prontamente la risposta affermativa di Mattia. Una convocazione nell’amichevole con l’Estonia. Non una gara ufficiale, certo, ma comunque un giusto premio ad un giocatore che farebbe assai comodo alla Nazionale.
Si presenta. Nessun timore, ma tanta fibrillazione. Normale, chi non l’avrebbe? Solo che un fastidio muscolare lo rispedisce a Verona. Coverciano, l’unico posto in cui era approdato dopo l’exploit con il Verona, lo ha dovuto vedere per pochi minuti.
Ma non importa, perché Mancini la cornetta ce l’ha sempre alzata. È questione di tempo, di momento giusto. Perché con un rendimento del genere, Zaccagni, può provare a sognare perfino gli Europei. Troppo presto per dirlo? Forse sì, ma con un rendimento del genere, di certo, non si può pensare di lasciarlo a casa.
Conosciamolo in campo.

Mattia Zaccagni, figlio di un calcio moderno

Il tempo passa. Per noi, per gli allenatori e, di conseguenza, anche per i calciatori. Mattia, infatti, è figlio di un calcio moderno, il fantasma di un ruolo che ha subito un’evoluzione.
Come ho già scritto in sovrimpressione, abita la zona della trequarti. Con Ceccarelli ha conosciuto la fascia mediana, anche se predilige la fase più offensiva. Perlomeno è quella dove rende di più.
Ma perché è figlio di un calcio moderno?
Perché Mattia occupa gli half spaces, dove nel glossario tattico italiano possiamo definirli “corridoi interni”, ma, generalmente, vengono indicati con l’accezione britannica. Questi sono delle porzioni più interne della fascia e Zaccagni, proprio perché gioca un ruolo da trequartista moderno, occupa l’half space sinistro, dove, guarda caso, sono arrivati più gol e azioni chiave del Verona. Quella porzione di gioco è relativamente antipatica alle difese avversarie, perché i giocatori sfruttano la loro creatività e sanno essere assolutamente imprevedibili.

Mattia Zaccagni: le sue caratteristiche tecniche

Mattia non è il classico numero 10 a cui siamo stati abituati. I calciatori si evolvono e gli allenatori devono aggiornarsi sulle nuove predisposizioni tattiche.
Non è quel calciatore che fa del dribbling il suo pane quotidiano – anche se a novembre era il quinto per numero tentati -. A mio modo di vedere, è elegante in vesti differenti. Possiede una visione di gioco altisonante, in grado di servire i compagni secondo precise modalità. Inoltre, i suoi movimenti dinamici, gli permettono di avere un’ottima qualità negli inserimenti, portando la squadra in superiorità numerica.
Non possiamo dimenticare la sua duttilità: trequarti sì, ma l’aver ricoperto la zona mediana del campo in passato e nelle occasioni in cui bisogna fare di necessità virtù, Zaccagni, è in grado di difendere alacremente. Non a caso, Juric, afferma:
[…] Fa giocare bene i compagni e difende in modo eccezionale […]
Due complimenti in una frase sola.

Mattia Zaccagni è racchiuso nell’assist contro la Juventus

Quello di domenica 25 ottobre, è la concretezza dell’essere di Mattia Zaccagni.
Un giocatore in grado di muoversi nel campo. Abile nella visione di gioco e, soprattutto, in grado di sfruttare gli spazi in campo. Non a caso, come potete vedere, Zaccagni si trova proprio in quel terreno definito half space. Il sinistro. Forse ancora un po’ più interno, ma è solo una questione di centimetri per meticolosi.
Lì, come ribadito sovente, le difese vanno in affanno. Zaccagni compie un microsecondo di pausa. Utile per mandare un pizzico fuori tempo Arthur. Potrebbe servire Favilli, ma quel leggero stop and play è la pozione giusta per imbucarlo. Visione, intelligenza, altruismo, tecnica, tutto è racchiuso in quel passaggio.
Adani ha definito quella giocata alla Riquelme. Il paragone potrebbe risultare azzardato, ma di certo, non è un passaggio che fanno tutti.

Cosa gli manca?

A vederlo così, diremmo niente. Ma si sa, nella vita bisogna sempre sapersi migliorare e il continuo immagazzinare di “conoscenza e miglioria” è un bagaglio culturale a cui non possiamo astenerci.
E nemmeno Zaccagni si astiene. Perché come ribadito da lui stesso indirettamente “mi piace servire i compagni” e da Juric “Se saprà essere più incisivo negli ultimi 20/25 metri, può ambire alla Nazionale” – poi arrivata in realtà – l’unica nota stonata, è la fase realizzativa. Oltre nella Primavera di Verona e nella stagione attuale, Mattia, pecca di precisione lì davanti. Spesso anche lui lo ha messo. In un’intervista di questa estate a L’Arena, ad una domanda “Il gol che avresti voluto segnare”, lui risponde “Il gol che mi sono mangiato, vorrai dire. Con l’Udinese, a volte ci penso ancora”.
Però, questa stagione è iniziata nel migliore dei modi: 4 assist e 4 gol, poi l’ultimo…

È il momento del grande salto?

Novembre credo che sia stato uno dei momenti più intensi della propria carriera professionale. Oltre al premio di calciatore del mese AIC, Mattia, ha ricevuto anche una telefonata per la Nazionale di Mancini. Sì, era un’amichevole e, sì, è stato costretto a fare dietrofront per infortunio, ma lo squillo è arrivato. E con queste prestazioni ne arriveranno altri.
Nel mese di novembre ha giocato tutte e 4 le partite da titolare, senza mai uscire – importante sottolinearlo visto che, ad oggi, i cambi sono 5. Ha messo a referto 3 assist e una prestazione sontuosa con il Milan, dove il gol gli è stato negato solo dal tabellino che ha registrato Calabria come autore dell’autogol.
Non negava di poter diventare una bandiera di questa squadra, ma Roma, Lazio, Inter e Napoli stanno sondando il terreno. E non è da meno il Milan.
Ma adesso, godiamoci soltanto l’intelligenza di Mattia Zaccagni.