Dopo rumors e mezze conferme, è arrivata l'ufficialità. Beppe Marotta è il nuovo amministratore delegato dell'Inter.
Inizia, dunque, una nuova avventure per quello che è uno dei migliori direttori sportivi d'Italia che ha fatto le fortune della Sampdoria e che poi si è consacrato nella Juventus dove, insieme al presidente Agnelli ha riportato la squadra di Torino al primo posto incontrastato in Italia e tra i migliori top club d'Europa, con una solidita e struttura finanziaria ben piantata per terra. 

Personalmente a Beppe io gli auguro tutto il bene del mondo perché con noi si è sempre dimostrato prima di tutto una grandissima persona con uno spessore umano importante, poi un direttore di tutto rispetto, e quindi non potrò mai non augurargli il bene. 

Ma c'è una piccola insignificante cosa che non mi torna. Perché proprio l'Inter? Chiariamo subito che un professionista ha tutto il diritto di questo mondo di fare le scelte professionali che ritiene più giuste, ci mancherebbe, e l'Inter è comunque una grande società che ben sta lavorando per tornare al top, ma perché proprio l'Inter in così poco tempo?

Noi tifosi siamo abituati a vedere giocatori a cambiare maglia con la velocità di un battito di ciglia, anche allenatori spesso cambiano panchina e passano molti top club italiani, vedi Ancelotti, Capello Ranieri Spalletti, insomma tanti, ma dirigenti di questo calibro che in poco più di un mese passano da una squadra ad un'altra è meno probabile, se poi si parla di Juve e Inter è sicuramente un caso singolare. Non ho mai immaginato un Galliani, un Facchetti in un'altra squadra, nemmeno Moggi, anche se aveva avuto un passato altrove e che proprio Inter e Milan avevano fatto di tutto per strapparlo alla Juve, salvo poi affobdarlo nel 2006,avrei immaginato altrove, figuriamoci un Marotta che solo poco tempo fa era ancora bianconero. Un dirigente di questo calibro, così dentro al cuore pulsante della società che ne conosce segreti sportivi, programmi futuri e modalità di azione, è almeno strano che vada a ricoprire lo stesso incarico di così vitale importanza nella società rivale per antonomasia.

Ho come la sensazione che dietro le belle parole reciproche di facciata, i sorrisi e le strette di mano ci sia qualcosa che non è andato nel verso giusto. Non voglio pronunciare la parola vendetta, perché forse esagerata, ma un bel sassolino il buon Beppe se lo vorrebbe togliere molto volentieri. 
Ripeto nulla da eccepire sulla sua scelta professionale, ma però è una scelta che nasconde molto più di quello che si vede.

In bocca al lupo Beppe.