"Nel mondo non ci sono mai state due opinioni uguali. Non più di quanto ci siano mai stati due capelli o due grani identici: la qualità più universale è la diversità”. Così parlava Michel de Montaigne, filosofo francese vissuto nel 1500. E’ passato poco più di mezzo millennio, ma la verità di un tale aforisma non si modifica. Il valore delle differenze che esistono tra ogni individuo è assolutamente fondamentale e deve essere preservato a tutti i costi. Si pensi a una società nella quale le persone hanno le medesime credenze, idee e perfino gli stessi gusti. Sorgerebbe ben presto una lotta ad accaparrarsi una data posizione o una certa situazione. Invece no. Come per ogni ente che esiste nell'universo, la Natura ha creato diversità anche tra gli esseri umani e proprio per questo si tesse una magnifica tela sulla quale viene disegnata la realtà. Ciò vale anche per il mondo professionale. L'obiettivo è unanime: la volontà di raggiungere determinati target o di fare il meglio possibile per centrarli tenendo ben presente i propri limiti e le difficoltà che ognuno deve sopportare. Le persone, però, portano aventi l'opera in maniera diversa e con metodi dissimili. Si prenda a esempio lo studente universitario. Vi è chi preferisce apprendere tutta la materia nei pressi dell’esame anche a costo di isolarsi dal mondo per il periodo di tempo immediatamente precedente alla "verifica" in modo tale da dedicarsi completamente al proprio lavoro. Altri, invece, prediligono partire con largo anticipo e suddividere l'operazione in un lungo lasso temporale così da imparare e assorbire le nozioni in maniera più graduata. Non esiste un sistema corretto e uno sbagliato. Sono approcci diversi che dipendono dalla predisposizione soggettiva e sono convinto che se si obbligasse l'uno a rispettare i ritmi dell’altro, non riuscirebbe a raggiungere i risultati che invece centra grazie al proprio stile.

Anche se per parecchi anni hanno operato insieme in maniera egregia, Marotta e Paratici paiono avere ora metodologie professionali completamente differenti ed entrambe vincenti. Chissà che il loro addio reciproco non sia dovuto pure a una diversità di struttura nell’azione e nel compimento del progetto che è indiscutibilmente il medesimo. Sia l'Inter che la Juventus vogliono vincere. Questa è una certezza che è valida per qualsiasi squadra di calcio compresa, con il massimo rispetto, l’ultima compagine delle categorie amatoriali. Nel mondo del pallone, l’obiettivo è esclusivamente uno: terminare l’incontro con una rete in più dell’avversario. Tutto il resto è semplicemente un fantastico surplus che oltre ad avere una grande utilità rende la materia affascinante e ne aumenta sensibilmente l’appeal. Si potrà dire che, allo stato dell'arte, il target della Beneamata non sia il medesimo dei sabaudi. E' logico che i valori in gioco, al momento, sono completamente diversi e la compagine di Conte non può permettersi di effettuare voli pindarici che, invece, dalla parti di Torino sponda bianconera rappresentano sogni realistici. E’ vero che il tipo di risultato che si vuole centrare può indirizzare in maniera importante il cammino con il quale raggiungerlo, ma è innegabile che la predisposizione personale a una certa strategia professionale vari a seconda del singolo individuo e del team di cui fa parte. Non si può nemmeno sottovalutare, infatti, l'operato d'equipe perché sono davvero rari i mestieri nei quali non si è partecipi di un sistema ed è risaputo che all'interno di un elemento simile ogni componente influenza l’altra. In Burkina Faso si dice che "se le formiche si mettono d’accordo tra di loro, possono spostare un elefante".

Marotta e Paratici, con i rispettivi gruppi di lavoro, paiono avere stili davvero differenti. L'a.d. nerazzurro sembra essere un ottimo pianificatore e lo sta dimostrando lungo tutto il percorso della sua carriera. L’interista si pone determinati obiettivi e cerca di perseguirli a tutti i costi. Questo non significa che se si prefigge di raggiungere un determinato giocatore, sicuramente lo porterà alla corte del suo tecnico. Semplicemente pare rispettare un andamento perfettamente razionale secondo le strategie predefinite, che sovente coincidono con il pensiero comune. Questa mancanza di imprevedibilità non è di per sè un punto debole e nemmeno un valore aggiunto. Come ogni modalità d’azione vanta alcuni pro e al contempo denota qualche svantaggio. Sicuramente agevola il lavoro di un mister che riesce ad adattare meglio la compagine alle proprie idee, ma potrebbe complicare il calciomercato. Si pensi a un eventuale trattativa. Al solo scopo esemplificativo, è logico che se si è perfettamente a conoscenza dell’obiettivo del proprio interlocutore si cercherà di alzare il prezzo di un cartellino. La squadra creata in maniera molto simmetrica, poi, rischia di adattarsi semplicemente a un determinato tipo di gioco. La recente storia nerazzurra è piuttosto in linea con quanto riportato. La mente torna alla sessione estiva. Il pensiero di Conte potrebbe avere certamente influenzato il mercato ma, come una schiacciasassi, la dirigenza nerazzurra è andata diritta sulle proprie idee. Nainggolan e Icardi non facevano parte del progetto e, con un'opera certosina, sono stati "allontanati". Sicuramente non è stato semplice "piazzarli" e l’argentino è partito per Parigi proprio durante gli ultimi giorni di trattative. La Beneamata è stata irremovibile. Aveva uno scopo e l’ha portato a compimento. Da svariati anni, il tecnico pugliese avrebbe voluto lavorare con Lukaku. Marotta ha assecondato la richiesta. Ai tempi della Juventus, l'amministratore delegato non appariva così propenso a soddisfare con precisione i desideri del salentino, ma anche dopo l’addio di quest’ultimo ha sempre e comunque lavorato con un obiettivo ben definito. Si ricorderà quanto accaduto con Higuain e Pjanic. La Vecchia Signora perdeva Morata e Pogba decidendo di inserire il Pipita e il bosniaco. Più lineare di così…

Si giunge, quindi, all'attualità e si nota che l'Inter avrebbe concluso uno scambio con la Roma per portare Politano in giallorosso facendo sbarcare Spinazzola all'ombra della Madonnina. Semplicemente comprensibile. L’attaccante non sembra rientrare nei piani del suo allenatore essendo più adatto a un reparto offensivo composto da tre uomini, che non è nelle "corde contiane". Alla Benamata serve un esterno mancino di centrocampo e l’ex bianconero è perfetto per ricoprire quel ruolo. Ora la situazione si mostra più complicata, ma la causa non pare rinvenibile in discorsi tecnico-tattici. Certamente il salentino necessiterebbe di rinforzi a centrocampo e, stando a molti media, la Beneamata sarebbe forte su Eriksen. Anche in questo caso, tutto risulta assolutamente e inesorabilmente lineare. Il danese è proprio l'uomo che abbisogna alla mediana lombarda. E' una mezz’ala dotata di immensa qualità e di visione di gioco che può contribuire notevolmente alla costruzione della manovra, favorendo l’opera di Sensi e Brozovic. Allo stesso tempo non disdegna la fase d’inserimento e ha fiuto del gol. Perfetto. In attacco il nome caldo è quello di Giroud. Non fa una piega. Nel reparto avanzato, il leccese dispone di Lautaro, Lukaku, Politano ed Esposito anche se il terzo pare avere le valige in mano. Cosa manca? L’occhio di qualsiasi appassionato noterà l’assenza di un vice del belga. Disponendo di caratteristiche molto simili a quelle del collega, Olivier ne sarebbe un buon alter ego. Queste trattative potrebbero pure saltare, ma ciò che importa è proprio la chiarezza e direzione unilaterale del lavoro nerazzurro.

Si passa ad analizzare le questioni di casa Juve e, di conseguenza, l’operato di Paratici. Parrebbe regnare la confusione e se confrontato con quanto scritto prima non si riesce a pensare altrimenti. In realtà non è così. Adorno sosteneva: "Il compito attuale dell’arte è di introdurre caos nell’ordine" ed è perfettamente confacente alla situazione bianconera. L’estate scorsa la Vecchia Signora pareva volersi "sbarazzare" di Dybala e Higuain. Ieri sera l’HD sabauda ha schiacciato l’Udinese fornendo un saggio magistrale che dovrebbe essere osservato, analizzato e contemplato in qualsiasi scuola calcio come si fa per Manzoni alla Facoltà di Lettere. Pure Matuidi e Khedira sembravano sul piede di partenza. Sono rimasti entrambi e, al netto dell’infortunio occorso al tedesco, stanno disputando una buona stagione. Ramsey è stato inserito nel gruppo piemontese prima ancora che si decidesse il nome del nuovo tecnico, quindi, non sembra sia stata seguito un canovaccio propriamente steso a tavolino. Della serie: Paratici e il suo team mettono a disposizione del loro allenatore una compagine fenomenale. Poi spetta a quest'ultimo il compito di organizzare gli elementi. E’ una struttura differente da quella precedentemente descritta, ma può funzionare magistralmente. La Vecchia Signora ha tanti abiti possibili da indossare. Il Comandante può optare per la soluzione con il trequartista oppure può scegliere le tre punte. Vi sarebbero persino tutte le carte in regola per schierare la difesa a tre, il 4-2-3-1 o persino il 4-4-2. Tutto con estrema disinvoltura che, forse, da altre parti non si può vantare. Allo stesso tempo, però, si corre il rischio di non trovare la giusta amalgama tra le componenti. Si diceva che Sarri fosse fissato su certi concetti di calcio che parevano per lui imprescindibili. Sta mostrando, invece, di sapersi adeguare alla situazione. Non è lui che plasma il gioco, ma si lascia trasportare dall’onda del momento cavalcandola come un perfetto surfista e cercando di disegnare una tela magnifica. Dal caos deriva l'ordine che è arte.

Nonostante il grave infortunio subito da Demiral e la partenza di Mandzukic, Paratici non sembra intenzionato a intervenire sul mercato di gennaio
limitandosi, per quanto riguarda i nomi altisonanti, all’acquisizione di Kulusevski che però farà parte della rosa bianconera soltanto dalla prossima stagione. Pure la scelta dello svedese pare rientrare nell’ottica precedentemente descritta. E’ vero, nel ducale si potrebbe intravedere un futuro da centrocampista incursore alla Milinkovic-Savic ed è proprio quello che servirebbe alla Juve. Detto questo, il ragazzo è ancora uno straordinario "ibrido" dall’incerto avvenire. Magari diverrà un eccellente trequartista oppure una seconda punta. Solo il tempo fornirà risposte. L'unica certezza è che sembra davvero molto forte, così la Vecchia Signora ha deciso di puntare su di lui senza porsi troppi problemi e domande tattiche. Ora, però, potrebbe davvero servire un difensore centrale. Chiellini sarebbe presto pronto a rientrare e con lui, per il finale di annata, Sarri avrebbe a disposizione 4 uomini nel detto reparto. Il livornese dovrà, in ogni caso, ritrovare la giusta condizione e, con il massimo rispetto, Rugani non fornisce le necessarie garanzie. Sarò rimasto troppo scottato dall’eliminazione piemontese patita in Champions nella passata stagione a opera dell’Ajax, per la quale l’ex empolese non ha assolutamente alcuna colpa, ma la retroguardia abbisogna di certezze che il giocatore bianconero non pare riuscire ancora a fornire.

Al netto di quest’ultima osservazione puramente soggettiva, il recente periodo sta dimostrando come Marotta e Paratici manifestino modalità d'azione completamente agli antipodi e nonostante questo riescano a raggiungere risultati positivi per le loro società, fornendo risposte importanti a chi è solito criticare il loro operato a volta incomprensibile agli occhi altrui.