Si dice che “non tutto il male viene per nuocere”. Guardo l’Inter e penso che non esista messaggio maggiormente azzeccato. Marotta è una garanzia. E’ incredibile come l’a.d. nerazzurro riesca sempre a giostrare al meglio il materiale a disposizione. L’economista statunitense Warren Edward Buffet afferma che: “La razionalità è essenziale soprattutto quando tutti gli altri prendono decisioni di breve termine sulla base dell’avidità o della paura, è in quel momento che si fanno i soldi in borsa”. Penso non esista periodo più centrato per sostenerla a favore della Beneamata. Intorno a lei esistono solo critiche e moti di paura. I tifosi vedono gli addii di Conte, Hakimi, Erikesn e Lukaku come la fine. L’epopea dei lombardi è stata breve, ma intensa. The end! Questo è ciò che percepisco, ma non è quello a cui credo realmente. I Campioni d’Italia stanno attraversando un calciomercato chirurgico e sono convinto che, sul lungo termine, porterà i suoi frutti.

Occorre iniziare da un principio base. I lombardi sono realmente la squadra più forte del Bel Paese? Hanno vinto lo Scudetto e questo non può che deporre a loro favore. Normalmente, quando si centra un titolo simile, significa che davvero si è i migliori. Lo scorso, però, è stato per molti versi un campionato particolare. Non intendo affermare che Conte e i suoi uomini non abbiano meritato il tricolore. Tutt’altro. Gradirei soltanto constatare che diverse compagini avrebbero potuto dare maggior filo da torcere alla Beneamata. Mi riferisco in particolare alla Juventus e all’Atalanta. La prima si è persa nei meandri di un’annata complicata andando, praticamente da sola, a sbattere la testa contro il muro. Un anno fa, i bianconeri hanno deciso di dare avvio a una rivoluzione che probabilmente iniziò persino in ritardo. Su questo, quindi, vi è ben poco da obiettare. Era da farsi. Calciatori come Matuidi, Khedira e Higuain erano evidentemente a fine ciclo. Sono stati sostituiti da giovani ancora inesperti o da atleti, come Morata, che non vivevano il momento più brillante della carriera. Il calo era fisiologico anche in considerazione della separazione da Sarri. Gusta? Sì, se proprio il matrimonio mentalmente non funzionava sarebbe stato assurdo proseguirlo. Pirlo? Ecco, quella si è rivelata una scelta azzardata e imperfetta. D’altronde, con il senno del poi, è tutto molto più semplice. Andrea non era ancora pronto per sposare un progetto simile e lo si è notato soprattutto dal punto di vista dell’approccio alle gare. Ciò ha marcato la differenza con i rivali che sono parsi essere più affamati. Se si guardano le rose, però, si nota che i valori non sono così diversi. A rivelarlo è pure l’andamento dei tornei estivi con Bonucci, Chiellini, Chiesa e Bernardeschi che si sono laureati campioni d’Europa. Cuadrado ha disputato un’ottima Coppa America e, nel nostro torneo continentale, Morata ha mostrato un grande spessore tecnico oltre che umano. Rabiot è stato uno dei pochi francesi a non deludere. Detto della Vecchia Signora, anche l’Atalanta è stata al di sotto dei suoi standard. Sostenere una tesi simile è pressoché assurdo, ma pure realistico. La Dea è ormai definitivamente una big e questo è stato il capolavoro di Gasperini. Insieme alla famiglia Percassi ha contribuito a posizionarla lì e da lei ci si sarebbe atteso che fosse più vicina al top. La solita partenza frenata ha rallentato la corsa, ma è la compagine più razionale e meglio costruita in Italia. E’, quindi, appurato che l’Inter abbia avversari molto più vicini a lei di quanto riferito dalla scorsa serie A. L’unico vero intruso pare il Milan. Non me ne vogliano i rossoneri, ma loro sono effettivamente andati oltre il limite. Indipendentemente dal mercato, quest’anno la Beneamata avrebbe avuto comunque maggiore filo da torcere.

Inter e Atalanta non sono solo corregionali e cromaticamente simili, sono anche egualmente razionali. La progettualità è nel DNA dei loro dirigenti. La differenza, però, sta nella proprietà. Questo è da ammettere. I Percassi sono uomini di calcio che vivono l’ambiente a 360 gradi. Antonio è un ex calciatore e suo figlio Luca ha sempre navigato quel mare. Abitano a Bergamo e respirano quell’habitat. Sono in compagnia della squadra e la assaporano costantemente a grandi boccate. La situazione di Suning è diversa. Steven Zhang ama la sua creatura. Questo sembra inconfutabile, ma spesso Conte ha palesato il problema: non si sentiva abbastanza tutelato. Non so se il riferimento fosse alla dirigenza o ai vertici e non voglio nemmeno esporre ciò che può essere soltanto nella testa dell’allenatore, ma ho percepito come un’assenza e pare venisse dall’alto. E’ innegabile, poi, che i cinesi non possano fiutare il pallone o la storia nerazzurra come la proprietà dei bergamaschi fa per l’Atalanta. Se si guarda al resto della compagine societaria, però, la situazione tra le due realtà è molto simile. Esistono professionisti che fanno della razionalità il loro punto di forza. Spesso tale elemento viene contrapposto all’idea di sogno. Non penso sia corretto. Vi sono molti metodi di raggiungere desideri che potrebbero apparire persino impossibili e l’agire con rigore chirurgico è uno di essi. A ciò si contrappone, per esempio, il sistema adoperato dalla Juventus o pure dal Psg. Loro sono più dediti a sfruttare le chance del momento. Qualcuno potrebbe sostenere che i risultati, in effetti, danno ragione ai primi. Ritengo non sia così. Mi spiego. E’ vero che la squadra sabauda è stata creata proprio tramite il raziocinio. Così sono arrivati i successi dell’epoca Marotta-Paratici, ma non credo che si possa vivere a lungo di rendita e la Vecchia Signora ha vinto tanto anche dopo l’addio del lombardo.

Tornando all’Inter, si è trattato a lungo di razionalità. Questa compagine ne rappresenta l’apologia. Il calciomercato parla chiaro. Il primo ad andarsene è stato Conte. E’ la difficoltà maggiore. Sostituire il salentino non è cosa facile. Simone Inzaghi sarà allenatore. Balzano subito agli occhi 2 congetture. La prima è relativa all’aspetto tattico e psicologico della questione. L’emiliano e il pugliese sono molto simili. Si parte da un 3-5-2 di base. I difensori risultano abbastanza analoghi. Arcigni e rocciosi, non disdegnano la tecnica, ma non esiste “un Leo Bonucci”. Anche la mediana non è troppo diversa. Leiva non ha la classe di Brozovic e, probabilmente, è più compatto. Eriksen avrebbe potuto ricoprire le orme di Luis Alberto anche se lo spagnolo è più rapido di pensiero e d’esecuzione. Calha è la fotocopia di Chris. Milinkovic e Barella, invece, hanno qualità diverse, ma non opposte. Il serbo è sicuramente dotato di un fisico e di una classe differenti ma, come interdizione e inserimento, il sardo non ha nulla da invidiare loro. E’, poi, meno incline agli sbalzi lunari. Gli esterni sono uomini di spinta in ambo le realtà. Ciò soprattutto a destra con Lazzari e Hakimi/Dumfries. Se si paragona l’ex LuLa con la coppia formata da Immobile e Correa, si notano, forse, le maggiori diversità. Lukaku è una punta che predilige la palla addosso, mentre Ciro ama la profondità e l’attacco dello spazio. Dzeko, nuovo centravanti interista, è più simile al belga. Inzaghi, inoltre, ha un atteggiamento martellante, inteso nel senso positivo del termine, vicino a quello di Antonio. Ama lavorare sodo e vuole che la sua compagine sia sul pezzo. Guida la squadra come fosse alla playstation e termina le gare senza nemmeno un filo di voce. Insomma, per parecchi versi, il gruppo potrebbe non percepire il cambiamento. Forse, Inzaghi è stato scelto pure per questo. Ma su di lui circola un inevitabile scetticismo. Sembra di rivivere il momento in cui Conte lasciò la Juve e vi subentrò Allegri. Chi fu il burattinaio dell’operazione? Marotta. Ma guarda un po’. E come finì la stagione successiva? La Vecchia Signora sfiorò il triplete. Occhio che Beppe sa scegliere… Non fatevi ingannare dalle apparenze.

Ok, fidandoci dell’ad! Ma cosa dire delle partenze di Hakimi e Lulaku? Intanto che l’Inter ha dato una bella aggiustata ai conti e questo dovrebbe interessare pure i tifosi. Non voglio parlare di cifre o fare calcoli da fantacalcio perché ormai le trattative viaggiano su binari particolari con formule strane e bisognerebbe viverle dall’interno per comprendere esattamente i numeri. Mi limito a sostenere che quanto guadagnato dai nerazzurri è tanta roba e le necessità di un simile risultato erano ampie. Le partenze, poi, sono state chirurgicamente ricucite. Lo strappo del marocchino è stato aggiustato con Dumfries. E chi meglio di lui? Forse in tanti non lo conoscono, ma si tratta di un terzino destro 25enne che può giocare anche esterno in un centrocampo a 5. L’ha fatto durante lo scorso europeo con la maglia dell’Olanda mettendo a segno 2 gol in 4 gare. Micca male. Ha tanta gamba, ma pure qualità e forza fisica. Crossa e tira. E’ chiaro che si dovrà adeguare alla serie A e, forse, adattare tatticamente a un calcio un po’ diverso da quello dell’Eredivise, ma le basi sono ottime. Lavoro per Inzaghi. E BigRom? Difficile sostituire uno degli attaccanti più forti sulla piazza, ma Dzeko non è una magra consolazione. I suoi limiti sono dati dall’età e una certa tendenza agli infortuni. Per il resto è indiscutibile e ha le caratteristiche del partente. Razionalità. Attenzione, però, perché, per completare l’opera, potrebbe giungere un altro centravanti simile, ma con una carta d’identità che spara cifre molto più basse. Scamacca sarebbe perfetto. Allora il capolavoro marottiano diventerebbe persino epocale perché il giovane Gianluca ha un potenziale eccellente e, con un maestro come Edin, potrebbe divenire atomico. In tale ottica non vedrei troppo azzeccato l’eventuale colpo Insigne. Non è più un giovane e non è adeguato alle soluzioni tattiche dell’allenatore. Sarebbe, però, un’occasione da sfruttare. Marotta farà il Paratici?

L’unico neo è rappresentato dal sostituto di Erikesn. Non me ne voglia Calhanoglu. Giuro! Non ce l’ho con Lui. Il problema è che non riesco a spiegarmi come possa restare su certi livelli. La qualità è indiscutibile, ma il rendimento è lontano anni luce. A ciò si aggiunge una lentezza che definirei quasi da bradipo. Il danese ha uno spessore anche internazionale differente. La speranza è che possa rientrare, ma sicuramente i tempi non saranno brevi e il suo futuro resterebbe comunque un enigma. Lì, Marotta ha avuto fretta. Appena Christian ha subito il dramma, subito il dirigente si è cautelato con Hakan. Forse, la frenesia potrebbe averlo fregato? Solo il campo stabilirà chi ha ragione. In ogni caso, trattasi ancora di operazione razionalmente chirurgica perché Beppe non si smentisce mai.

E’ sotto gli occhi di tutti. L’Inter si è indebolita e non potrebbe essere altrimenti. Perdere Conte, Hakimi, Eriksen e Lukaku sarebbe deleterio per chiunque. Non partono da favoriti per lo Scudetto, ma non sono poi così distanti. La società è stata in grado di gestire le circostanze nel migliore dei modi e attenzione perché De André cantava che “dal letame nascono i fiori. Il riferimento è logicamente alla situazione difficile. Non alle persone.