Marco Giampaolo nasce a Bellinzona, in Svizzera, il 2 agosto del 1967. La sua è una delle tante famiglie italiane di operai che in quegli anni decidono di andare a cercare fortuna fuori dal nostro paese. Già nel 1968 la famiglia Giampaolo fa però ritorno nella loro Giulianova, dove Marco muove i primi passi come giovane calciatore nel settore giovanile del Giulianova, squadra in cui fa il proprio esordio nel 1986. Marco Giampaolo non è un grande calciatore. Non è dotato di quel talento che ti può condurre fino ai più grandi palcoscenici. Da questo punto di vista, il Giampaolo buono è il fratello Federico. Mezzapunta talentuosa con un passato nella primavera della Juventus allenata da Cuccureddu alla fine degli anni ’80 e poi tante stagioni ad inventare calcio prevalentemente nella nostra serie B. Marco è un mediano di corsa, piedi non eccelsi ma grande volontà e applicazione. Una carriera spesa in serie C, tra Giulianova, Gubbio, Licata, Siracusa, Andria (unica esperienza in serie B) B e Gualdo, stagione ‘96/’97, anno in cui si frattura una caviglia, infortunio che gli fa decidere di chiudere con il calcio giocato.

Negli anni da calciatore Giampaolo ha lavorato diverse stagioni con Giuliano Sonzogni, allenatore soprannominato “il professore”, dal momento che può vantare tre titoli accademici: una laurea in lingue, una in sociologia ed infine una terza in pedagogia. Un uomo che, quando a metà degli anni Novanta prendono piede i primi telefoni cellulari dichiara di vivere senza telefonino “perché la libertà, insieme alla salute, è la cosa più importante”. Da lui Marco prenderà buona parte di quell’impronta “romantica” che non solo ha caratterizzato il suo pensiero, ma che ha trasferito nel suo modo di fare calcio. Ci sono però altri personaggi del mondo calcistico che hanno inciso sul Giampaolo – pensiero, portando un’impronta precisa alla personalità e alla vita del tecnico di Giulianova. Uno di questi è Ivo Iaconi, di cui Marco è stato compagno di squadra nella squadra della sua città natale per quattro stagioni alla fine degli anni ’80. Iaconi di quel Giulianova non è soltanto il capitano ma una vera e propria bandiera. Conosce alla perfezione i suoi compagni di squadra e quando Marco decidere di appendere le scarpette al chiodo gli consiglia di intraprendere la carriera di allenatore intravvedendo in lui le caratteristiche e le potenzialità per poter far bene nelle vesti di tecnico.

Marco quando decide di smettere ha trent’anni ancora da compiere. Non ha mai fatto altro che il calciatore, e ci pensa a quel consiglio di Iaconi, uomo che Giampaolo stima molto. La prima proposta che gli arriva è quella del Pescara, che ha bisogno di rinforzare lo staff degli osservatori. Marco riflette qualche giorno e poi accetta l’incarico. Lo svolgerà bene, dal momento che nella stagione 2000/2001 i dirigenti della squadra abruzzese gli offrono l’opportunità di fare da vice a Delio Rossi nella squadra in cui milita anche suo fratello Federico. Marco accoglie la proposta di buon grado, consapevole che Delio Rossi è un maestro di calcio e quindi un anno al suo fianco gli farà solo che bene. Quello che non sa al momento della firma è che in quella sfortunata stagione, che culminerà con la retrocessione del Pescara in serie C, la squadra cambierà ben tre allenatori. Ma questo, per l’apprendista tecnico di Giulianova, si rivela una fortuna dal momento che gli consente di entrare in contatto con altri due maestri di calcio, Giovanni Galeone e Tarcisio Burgnich. Due modi completamente diversi di intendere il calcio, di allenare e di mettere le squadre in campo che gli permettono di valutare da vicino i pro e i contro di questi diversi modi di insegnare calcio e di gestire gruppi. Il primo, Galeone, l’allenatore filosofo, zonista convinto, genio e sregolatezza, quello che stravede per i giocatori tecnici, e il secondo, Burgnich, figlio del cosiddetto calcio all’italiana, catenaccio, difesa e contropiede, ferree marcature e a uomo, disciplina e poco spazio all’inventiva dei singoli.

Al termine di quella stagione di apprendistato Marco viene ingaggiato dal suo Giulianova, sempre nel ruolo di viceallenatore, dove trascorrerà due stagioni. La prima accanto ad Adriano Buffoni, che ritroverà poi a Treviso, e la seconda a fianco di Nanu Galderisi.

Nell’estate del 2004 ad Ascoli, il presidente Benigni ha in mente di riportare la società ai fasti degli anni ’80, in cui disputò diversi buoni campionati nella massima serie. Ha sentito parlare bene di questo giovane aspirante allenatore e pensa che affiancarlo all’esperto Massimo Silva possa essere una buona soluzione per la guida tecnica della squadra. Giampaolo non ha ancora conseguito il patentino di allenatore di prima categoria e figura quindi formalmente come assistente di Silva. La squadra non è male e l’obiettivo minimo della società è quello di centrare i playoff sfruttando la coppia d’attacco Bucchi – Colacone che è un lusso per la categoria. I playoff arrivano, però in semifinale l’Ascoli viene sconfitto dal più forte Torino. A seguito di una serie di circostanze favorevoli che spaziano dalla giustizia sportiva a fallimenti di varie società, nel corso dell’estate l’ordine finale della classifica viene stravolto e l’Ascoli ottiene un’insperata promozione in serie A.

Nella cittadina marchigiana si festeggia ma nello stesso tempo c’è preoccupazione visto che ci sono pochissimi giorni utili per costruire una squadra che possa ben figurare nella massima serie. I dirigenti del club fanno del loro meglio in sede di campagna acquisiti, e riescono ad allestire un organico discreto che pur comprendendo buoni giocatori quali Daniele Adani, Pasquale Foggia, Maurizio Domizzi Sasa Bjelanovic e un giovane Fabio Quagliarella, non riscuote giudizi particolarmente favorevoli dagli addetti ai lavori. Per molti l’Ascoli è la prima candidata alla retrocessione in serie B. Giampaolo di quella squadra, pur figurando come assistente, è il vero allenatore. Sul campo è lui che lavora con i calciatori, è lui che propone le esercitazioni tecnico tattiche e che prepara le partite. Silva, dall’alto della sua esperienza maturata in tanti anni di calcio, lo assiste con compiti prevalentemente legati alla gestione del gruppo e dello spogliatoio. La squadra viene messa in campo con un 4-4-2 cortissimo e strettissimo, che grazie ad un baricentro alto ed un pressing eseguito magistralmente, toglie aria agli avversari arrivando a collezionare a fine stagione ben 43 punti grazie a 9 vittorie e a 16 pareggi che gli valgono il decimo posto in classifica alla pari dell’Udinese. Giampaolo però, pur andando in panchina come assistente e non comparendo mai ai microfoni in sala stampa né prima né dopo le partite, viene “smascherato” dagli ispettori federali attraverso una serie di indagini svolte presso i campi sportivi in cui la squadra si allena e riceverà una squalifica fino al 15 maggio 2006.

Scontato il periodo di squalifica federale, Giampaolo è pronto per rimettersi in pista ed è Massimo Celino, presidente del Cagliari a dargli fiducia affidandogli la panchina degli isolani per la stagione 2006/2007. Le cose però a Cagliari non vanno benissimo e il 17 dicembre 2006 il tecnico viene esonerato dall’incarico e sostituito da Franco Colomba, per poi tornare in sella a febbraio. Giampaolo riesce a conquistare la salvezza con una giornata d'anticipo ottenendo la riconferma per l’anno successivo. Cellino però si sa, è uno che con gli allenatori non ci va tanto per il sottile e lo esonera nuovamente il 13 novembre del 2007 per poi richiamarlo alla guida tecnica della squadra il 19 dicembre dello stesso anno. Giampaolo rifiuterà, rinunciando al contratto e quindi agli emolumenti che gli sarebbero spettati dichiarando: “Pur nella consapevolezza del danno economico che ne deriverà, rinuncio a tornare a Cagliari. L'orgoglio e la dignità non hanno prezzo".

Nella stagione 2008-2009 viene ingaggiato dal Siena al posto dell’uscente Mario Beretta. Imposta la squadra con un 4-3-1-2 in cui spicca un centrocampo di ottimo livello composto da Vergassola, Codrea, Galloppa e un attacco incentrato sul bomber Maccarone. Giampaolo conduce la squadra alla salvezza con un bottino finale di 44 punti frutto di dodici vittorie e otto pareggi. La stagione successiva rimane a Siena ma le cose non vanno particolarmente bene e dopo dieci giornate e solo cinque punti in classifica Giampaolo viene esonerato a favore di Marco Baroni prima e di Alberto Malesani poi.

Nel 2009 in Italia c’è una grande squadra che cerca un nuovo allenatore. E’ la Juventus, che si sta ancora leccando le ferite dopo la retrocessione in serie B avvenuta tre anni prima, e dopo il biennio in grigio scuro con Claudio Ranieri alla guida tecnica. A Torino c’è bisogno di un po’ di aria fresca e non si disdegna l’idea di far sedere in panchina un tecnico giovane da far crescere insieme alla squadra. I nomi che si fanno sono tanti, come sempre accade quando c’è di mezzo la vecchia signora. Spalletti, Hiddink, Zaccheroni, Conte, Allegri, e tra questi c’è anche quello di Marco Giampaolo. I dirigenti bianconeri sfogliano la margherita e il presidente Jean-Claude Blanc lo convoca per una cena di lavoro al termine della quale Giampaolo è allenatore della Juventus al 99%. Manca solo quell’un per cento rappresentato dalla delibera del consiglio di amministrazione. Ma quella minuscola percentuale non arriverà mai. Nella notte succede qualcosa di imprevisto e Giampaolo si sveglia la mattina successiva apprendendo che sulla panchina della squadra piemontese l’anno successivo siederà Ciro Ferrara e non lui.

La delusione è tanta ma si sa, il mondo del calcio è anche questo. Giampaolo sta fermo un anno nel quale studia, si aggiorna, va a Barcellona ad imparare i sistemi di allenamento di Guardiola e nel 2010 si parla insistentemente di lui come sostituto di Prandelli sulla panchina viola. Alla fine però, i Della Valle e Pantaleo Corvino scelgono Sinisa Mihajlovic e Marco si deve “accontentare” di emigrare verso un’altra isola, questa volta la Sicilia. Pulvirenti e Lo Monaco l’hanno scelto come guida tecnica per la panchina del Catania nella stagione 2010/2011. La squadra è imbottita di giocatori argentini tra cui il Papu Gomez, Pablo Ledesma, Matias Silvestre, Maxi Lopez e qualche altro buon italiano come il regista di centrocampo Francesco Lodi. I risultati sono discreti. Al termine del girone d’andata i catanesi hanno 22 punti in classifica e quindi sono assolutamente in linea con la quota salvezza che notoriamente si assesta intorno ai 40 punti. La dirigenza catanese però non è entusiasta del suo lavoro e vedendo la squadra in calo il 18 gennaio del 2011 lo esonera facendogli subentrare il Cholo, Diego Simeone.

Altri mesi di attesa in cui il nome di Giampaolo viene associato a panchine importanti come quella della Roma, ma ancora una volta non se ne fa niente perché i capitolini scelgono lo spagnolo Luis Enrique. Per Marco è disponibile la panchina del Cesena. I romagnoli vogliono sostituire il tecnico Ficcadenti e il presidente Campedelli pensa a lui come allenatore. La società ha allestito una buona squadra con giocatori di qualità quali il difensore Comotto, i centrocampisti Parolo, Guana e Candreva e gli attaccanti Ghezzal, Mutu e Eder. Giampaolo accetta l’incarico senza troppo entusiasmo, come se presagisse qualcosa di poco positivo, ed infatti la chimica di squadra fa fatica a scattare e il feeling con lo spogliatoio non nasce. La squadra non gioca un brutto calcio, ma non fa risultato. Dopo nove giornate è ultima con soli tre punti in cascina e il 30 ottobre Giampaolo viene esonerato e sostituito con Daniele Arrigoni il quale a sua volta lascerà poi la panchina a Mario Beretta che non riuscirà ad evitare la retrocessione arrivando al ventesimo posto. Altra mazzata per il tecnico di Giulianova che si ferma un altro anno.

Nell’estate 2013 lo cerca il Brescia, in serie B. La serie cadetta non lo entusiasma ma la piazza è di quelle buone, ambiziose, e alla fine accetta l’incarico. La scintilla con la tifoseria bresciana però non scatta e Giampaolo vive male la situazione di “separato in casa”. Un tormento interiore che lo porta a valutare di abbandonare la baracca, cosa che si concretizza il 23 settembre 2013 dopo una brutta sconfitta interna contro il Crotone e un duro confronto con i capi della tifoseria Bresciana che gli imputano gli scarsi risultati della squadra. Giampaolo saluta tutti e si eclissa. Il presidente Gino Corioni cerca di far recedere il tecnico dalla decisione presa ma Giampaolo non risponde al telefono, nessuno sa dove sia, fino a che un paio di giorni dopo da notizie di sé rassegnando le proprie dimissioni all’incarico di allenatore dei lombardi. Ancora uno stop, l’ennesimo della sua carriera di allenatore. Dopo essere stato uno dei tecnici più giovani e promettenti della nostra serie A ai tempi dell’Ascoli anche senza essere stato un grande calciatore, la sua carriera sembra vacillare. Lui stesso ha grandi dubbi sul proseguire o meno la professione di allenatore. Qualcuno parla anche di depressione, ma forse sono solo notizie frutto di male lingue, alimentate da quel modo di essere un po’ malinconico che caratterizza l’uomo Giampaolo. Sta di fatto che Marco, tranne che nell’esperienza all’Ascoli, quando formalmente non risultava essere primo allenatore, è sempre stato esonerato dalle società nelle quali ha allenato. Un curriculum certamente non dei migliori per un tecnico.

Nell’autunno del 2014 qualcosa però per lui torna a muoversi. Lo chiama la Cremonese, squadra di Lega Pro in piena crisi dopo l’esonero del tecnico Montorfano. La prospettiva della terza serie non è delle più allettanti per chi come lui soltanto qualche anno prima è stato ad un passo dalla panchina niente po’ po’ di meno che della Juventus. Per qualcuno è il segno evidente della mediocrità di Giampaolo come allenatore. Ma lui è testardo, ha una gran voglia di dimostrare il suo valore e soprattutto gli piace da impazzire insegnare calcio, il grande amore della sua vita. Accetta quindi l’incarico che Cremona gli offre, missione che porterà a termine con un ottimo ottavo posto finale.

E quando la sua carriera sembra avviarsi verso un lento ma inevitabile declino, nell’estate del 2015 succede qualcosa di assolutamente imprevisto. In terra toscana, e precisamente ad Empoli, c’è una squadra di serie A con un problema non piccolo. Quello di sostituire il tecnico Maurizio Sarri che viene da tre campionati straordinari per gioco e per risultati ottenuti. E sarà proprio Maurizio a fare il nome di Giampaolo ai dirigenti empolesi come suo possibile sostituto. Il presidente Fabrizio Corsi si fida ciecamente del consiglio del suo ex allenatore e senza alcuna esitazione affida la panchina a Giampaolo. Marco una volta firmato il contatto non crede ai suoi occhi, tanto da dichiarare: “È come se mi avessero tolto l'ergastolo”. La squadra è di buona qualità e Giampaolo la mette in campo con un 4-3-1-2 in cui spicca Skorupski tra i pali, Tonelli e Mario Rui in difesa, un giovane talento come Zielinski schierato nel ruolo di mezzala, e il trequartista Saponara a supporto della coppia d’attacco Maccarone - Pucciarelli. La partenza non è delle più esaltanti. Sconfitta in casa per 3-1 contro il Chievo nella prima giornata, altra sconfitta per 2-1 a Milano contro il Milan nella seconda e pareggio casalingo contro il Napoli nella terza giornata. Piano, piano però la squadra assimila e metabolizza i metodi di lavoro e gli schemi di Giampaolo e non solo iniziano ad arrivare i risultati ma allo stadio Castellani si vede un gran bel calcio, che al termine della stagione verrà considerato come uno dei migliori d’Italia. La stagione termina con un lusinghiero decimo posto finale che accontenta società, tifosi, e tecnico.

Le ottime prestazioni della squadra empolese non passano inosservate agli addetti ai lavori. A Genova, sponda Sampdoria, c’è da ricostruire la squadra dopo il flop della stagione 2015/2016. Zenga prima e poi il subentrato Montella hanno condotto la squadra ad un quindicesimo posto finale ed evitato per solo due punti di margine la tragedia della retrocessione. Al Presidente Massimo Ferrero e al Direttore Sportivo Carlo Osti, la soluzione Giampaolo non dispiace per nulla e il 4 luglio lo mettono sotto contratto annunciandolo alla piazza come prossimo allenatore dei blucerchiati. Nei tre anni genovesi Giampaolo ottiene ottimi risultati e soprattutto mette in mostra un ottimo gioco schierandosi preferibilmente con il modulo 4-3-1-2. Il tecnico di Giulianova è uno dei pochi allenatori che amano giocare ancora con il trequartista, un giocatore determinante nei suoi schemi, dal momento che oltre a possedere doti di fantasista tipiche dei trequartisti, le deve accompagnare con altrettante capacità di muoversi tra le linee per offrire assist alle proprie punte e perché no per segnare qualche gol. Giampaolo parte dal dogma della difesa rigorosamente a quattro, con i terzini chiamati a spingere molto in fase di possesso per dare ampiezza alla manovra, in modo tale da poter ovviare alla mancanza di esterni d’attacco non previsti nel modulo 4-2-3-1. Inoltre, nella sua idea di calcio c’è un centrocampo molto tecnico. Un regista basso che gioca pochi metri davanti alla difesa, dotato di grande tecnica e visione di gioco in modo da fungere come catalizzatore di gioco della squadra, andando a ricevere palla dai difensori per poi smistarla ai centrocampisti più avanzati, due mezzali con piedi buoni e tanta gamba, elementi indispensabili per potersi lanciare negli spazi lasciati liberi dagli avversari nell’area di rigore avversaria. Un sistema di gioco in cui traggono grandi benefici gli attaccanti, ed infatti non è un caso che in quest’ultima stagione Fabio Quagliarella, alla bell’età di 36 anni si sia laureato capocannoniere della nostra massima serie con 26 gol, arrivando davanti persino al fenomeno Cristiano Ronaldo fermo a 21 reti.

Un allenatore a cui piace il bel gioco ma con origini umili, operaie, da cui ha appreso l’importanza del lavoro come strumento per arrivare a soddisfare i propri sogni.
Non per niente a Bogliasco sono abituati a vederlo entrare al centro sportivo alle nove del mattino per uscirne non prima delle otto di sera. Caratteristiche e qualità che hanno spinto i dirigenti del Milan ed in primis Paolo Maldini suo principale sponsor a farne il primo obiettivo per la panchina rossonera per la prossima stagione agonistica.