Dalle stelle alle stalle, o quasi. Di queste storie nel calcio ne troviamo a bizzeffe: calciatori affermati e universalmente riconosciuti come importanti per una determinata squadra che, a un certo punto della loro carriera, subiscono una netta flessione nel rendimento risultando di conseguenza quasi superflui per non dire di fastidio per il passato non più replicabile nel presente. Storie di amori interrotti, spesso bruscamente e violentemente, con allenatori messi sotto processo e tifoserie divise; il bello del calcio sta forse proprio anche in questo tipo di dinamiche, tanto imprevedibili, quanto spesso laceranti sul piano emotivo, ma parte anch'esse di questo meraviglioso gioco, di gran lunga superiore a un semplice sport. In questi giorni la tifoseria juventina ha nuovamente ribadito il proprio amore e sostegno verso Claudio Marchisio, unico superstite di quel cordone ombelicale che collega il settore giovanile alla prima squadra bianconera; simbolo della continuità e immagine del ragazzino juventino che, fatta da inizio a fine la trafila nelle varie sezioni del club, ha fatto esordio in prima squadra diventandone una delle bandiere. Anni di belle impressioni, a partire da quella prima meravigliosa stagione dell’esordio in Serie B, passando dal prestito formativo di un anno ad Empoli, fino all’approdo in pianta stabile nella prima squadra della Juventus e l'esplosione sotto la guida Conte. Un calciatore che ha fatto del sacrificio e della duttilità la sua arma vincente e che, anche nei primi anni di guida Allegri, l'aveva di fatto reso un insostituibile. 

Tutto questo fino a quel 17 di aprile del 2016 quando, dopo uno scontro di gioco con Vazquez, Marchisio subisce una gravissima lesione al ginocchio. Non una “semplice” rottura del legamento crociato ma una lacerazione molto più profonda che gli impedisce addirittura di partecipare alla festa per quello che era il quinto scudetto consecutivo bianconero celebrata allo Stadium. Ebbene, dopo quell’infortunio l’esperienza di Marchisio in bianconero non è più stata la stessa: un faticoso iter riabilitativo e l’arrivo in bianconero di centrocampisti del calibro di Khedira e Pjanic lo hanno fatto scendere nelle gerarchie. Al rientro sembrava normale che ci fossero davanti a lui altri calciatori, ma questo fattore si è procrastinato anche per tutta la stagione appena conclusa: non solo Marchisio non è più un titolare per Allegri, ma addirittura è finito in fondo alle gerarchie del centrocampo. Quando Pjanic non giocava, per Allegri il sostituto naturale del bosniaco era Bentancur; non solo, in più di un occasione anche quando uno tra Matuidi e l’intoccabile Khedira rifiatavano, Allegri ha preferito Sturaro al Principino. L’ultimo nelle gerarchie insomma, o quasi, e una situazione con molti aloni oscuri; come ad esempio i silenzi o le parole poco chiare usate da Allegri in conferenza quando gli veniva chiesto perché Marchisio giocasse così poco. Il risultato è che Marchisio non ha potuto quasi nemmeno dimostrare sul campo se effettivamente l’infortunio lo ha reso diverso da quello che era un tempo. Ricordiamo che, all’atto del suo ultimo rinnovo nell’estate del 2015, era universalmente riconosciuto come una delle mezze ali più forti d’Europa, con una corte serrata da parte di Bayern Monaco e quasi tutti i club inglesi più in mostra. Fu proprio Marchisio uno dei trascinatori di quella prima Juventus a guida Allegri, un calciatore che nutriva di una stima e considerazione diametralmente opposta a quella che invece nutre oggi.

Cosa ne sarà del futuro di Marchisio, oggi, rimane un enigma: i tifosi sono insorti e pretendono la sua conferma in bianconero; Marchisio stesso prende tempo e osserva le offerte che gli arrivano da Stati Uniti, Paesi arabi e qualche club europeo. Chi invece sembra aver fatto una scelta netta è invece Allegri, che farebbe carte false per trattenere il suo pupillo Khedira ma non disdegnerebbe una cessione di Marchisio per poter allenare uno tra Kovacic o Dembele. Io sono di quelli che crede fortemente che Marchisio sia tutt’altro che “finito” e che, con un po’ di fiducia e minuti nelle gambe, possa tornare ad essere quello di un tempo riprendendosi anche quella Nazionale che necessiterebbe come il pane di un centrocampista come lui. Il “timore” è che tutto ciò possa succedere in un altro club, con la Juventus che, allo stesso tempo, dopo gli addii di Buffon e Lichtsteiner, andrebbe a perdere un’altra delle sue bandiere degli ultimi anni vedendo reciso quel cordone ombelicale di cui si parlava prima, simbolo di continuità, esperienza e dedizione incondizionata alla maglia. Chi deve riflettere, rifletta. Potessi scegliere io, Marchisio sarebbe ancora uno dei punti cardine della mia Juventus; purtroppo però non posso fare nulla.