Nell'Inferno di Dante le anime sono suddivise in base al peccato commesso. Ci sono i lussuriosi e i golosi; gli iracondi e gli accidiosi; i violenti e i traditori. Tutta gente che nella vita quotidiana si è comportata male, contravvenendo alle leggi non scritte della morale e dell'etica. In particolare il Sommo Poeta biasimava due categorie di peccatori: gli avari e i prodighi. Nonostante avessero due significati contrapposti - avaro è chi poco spende, viceversa prodigo è chi sperpera soldi - Dante decise di metterli nello stesso girone. Come contrappasso (la pena infernale commisurata alla colpa commessa in vita), questi peccatori erano costretti a trasportare enormi sassi lungo un sentiero ed erano divisi in due schiere, cosicché si scontrassero tra di loro dopo pochi minuti. Si maledicevano a vicenda, per poi voltarsi e cambiare strada, riscontrandosi nel senso opposto. E così via, per l'eternità.

Dante non aveva scelto personaggi specifici del suo tempo per descrivere gli avari e i prodighi. Forse non ne aveva mai incontrati nella Firenze trecentesca. Se fosse vissuto oggi, invece, ne avrebbe a bizzeffe tra cui scegliere i suoi peccatori. Soprattutto tra i presidenti di Serie A.

Primo tra tutti, colui che - non a caso - viene da alcuni ironicamente chiamato "Lotirchio". Claudio Lotito ha sistemato i conti di una Lazio uscita con le ossa rotte dalla gestione Cragnotti, però... Sì, c'è un però, perché i risultati sarebbero potuti essere migliori. L'esempio lampante viene direttamente dalla scorsa stagione, quando i biancocelesti hanno sfiorato la tanto bramata qualificazione in Champions League, traguardo che non centrano da diversi anni. La sconfitta casalinga nella partita decisiva contro l'Inter è stata un colpo durissimo per i ragazzi di Simone Inzaghi, sicuri ormai da tempo della conquista dell'obiettivo. Obiettivo prestigioso che il presidente Lotito non vorrà farsi sfuggire un'altra volta. Le sue recenti dichiarazioni - in un misto di delusione e speranza per il futuro - dimostrano come l'autostima dei laziali non sia stata minimamente intaccata. I biancocelesti vogliono la qualificazione nell'Europa dei Grandi la prossima stagione e faranno di tutto per ottenerla, attraverso due fattori imprescindibili: la riconferma dei calciatori più forti in rosa e l'acquisto di altri funzionali al progetto. Il primo punto deve necessariamente passare attraverso la garanzia che i vari Immobile, Milinkovic-Savic e Luis Alberto non vengano ceduti: posto che il serbo è nei radar dei top club europei, Ciro e lo spagnolo al 99,99% rimarranno a Formello. Il secondo punto, invece, rappresenta la nota dolente dello spartito biancoceleste. Finora il mercato condotto da Igli Tare è stato parecchio deludente: gli acquisti di Jallow dal Chievo - girato alla Salernitana - e di Sprocati non hanno una grande utilità, almeno per il momento. E neppure le voci sui vari Wesley, Grujic (che il Liverpool vuol dar via solo con diritto di riscatto), Acerbi e Berisha, servirebbero a dare quella iniezione di qualità alla rosa laziale. Questi nomi giustificano le dichiarazioni in pompa magna di Lotito? La risposta è no, perché se davvero pensa che la sua Lazio sia ormai stabilmente nell'élite del calcio italiano, allora deve concretamente dimostrarlo. Come? Acquistando giocatori forti e già affermati. Tare è uno straordinario ds, ma acquisti dal rapporto qualità/prezzo eccezionali come quelli di Luis Alberto - preso a 4 milioni dal Liverpool -, di Marusic e dello stesso Milinkovic-Savic (per fare solo alcuni esempi) non accadono tutti gli anni. 

Accanto a Lotito, nel girone infernale degli avari, ci starebbe bene un altro personaggio del nostro calcio. Anzi due: Andrea e Diego Della Valle. Se la Lazio sta operando con lentezza ed imprecisione sul mercato, si può affermare che la Fiorentina stia facendo pure di peggio. Con un'aggravante: la sanzione Uefa che ha escluso il Milan dalle coppe, ne ha, allo stesso momento, spalancato le porte alla Viola. Tra meno di quattro settimane inizia il preliminare europeo e la Fiorentina è in clamoroso ritardo sul mercato. La lista delle cose da fare per Pantaleo Corvino è lunga: 

  • Cedere gli esuberi: Gente come l'olandese Diks o i sudamericani Maxi Olivera e Baéz non rientrano nei piani societari e vanno mandati via. Anche per fare cassa, necessaria al mercato in entrata. Finora le uniche cessioni sono state quelle di Gaspar e Tomovic, mentre altri come Sportiello e Saponara vengono inseriti da Corvino praticamente in ogni trattativa pur di liberarsene. 
  • Acquisti di spessore: L'unico nuovo arrivo che si presenterà a Moena - a proposito, il comune del paese trentino ha chiesto rassicurazioni su nomi importanti presenti in ritiro, a differenza della scorsa estate - sarà lo slovacco Hancko. Ottimo talento, ma lontano dall'essere un campione affermato. Pioli ha dichiarato che serve gente abituata ai palcoscenici della Serie A, da affiancare allo "zoccolo duro" già presente in rosa. Tradotto: niente più "corvinate", almeno per il momento. 
  • Acquisti con esperienza: I 6 ragazzi che la società viola considera punti fermi da cui ripartire (parliamo di Biraghi, Milenkovic, Veretout, Benassi, Dabo e Chiesa) assommano tra loro appena 36 presenze in competizioni europee. Strano a dirsi, ma il «veterano» di questo gruppetto è Benassi, che in maglia granata e prima ancora con l’Inter ha accumulato 15 presenze in Europa League.

Ai Della Valle ci sentiamo di dare lo stesso consiglio concesso a Lotito: una piazza esigente, ma passionale e amorosa, come quella di Firenze merita rispetto e soprattutto calciatori forti. Perché i tifosi viola - che siano "Dellavalliani"/"Corviniani" oppure anti a prescindere - si aspettano di meglio che due ottavi posti consecutivi.