Con l’arrivo di  Maldini si chiude un’era tristissima, scarsissima dal punto di vista tecnico: l’era di un monarca assoluto quanto incompetente.
No, non si pensi né a Yonghong Lì e nemmeno a Fassone. Loro sono una conseguenza di una precedente gestione che ha gettato il Milan nelle più infime periferie del calcio europeo. In questi margini ci siamo finiti a causa della totale incompetenza calcistica dell’uomo più 'odiato' proprio da Paolo: Galliani.

La sua supponenza fondata sul nulla, il suo sentirsi onnipotente senza delegare ad alcuno gli aspetti sportivi, la sua orripilante sequela di parametri zero ed ingaggi faraonici, hanno sprofondato il Milan in un inferno dal quale stiamo uscendo proprio col simbolico ritorno di Paolo Maldini, l’uomo che per primo aveva visto il geometra come un pericolo (finale di Champions vinta nel 2007: “se pensiamo di essere i più forti d’Europa abbiamo sbagliato tutto). Infatti da allora fu sbagliato tutto proprio dal geometra, nonostante anche la figlia del presidente avesse visto nel monarca il pericolo più grave.

Cio’ che fu sbagliata più di ogni altra cosa fu la gestione medievale della società: zero deleghe, parametri zero a pioggia, un solo procuratore come punto di riferimento, zero valorizzazione dei settori giovanili. Tutto incentrato appunto su un solo uomo, tra l’altro incapace: esattamente come usavano fare i despoti medievali.

Il ritorno di Paolo, ragazzo saggio, riflessivo e lungimirante, non va quindi letto come risposta al nulla rappresentato dai cinesi, ma come la liberazione da un modo oscurantista di vedere il Milan e come il ritorno di una visione moderna e capace di uno dei patrimoni assoluti del calcio mondiale.