Quando il grande Niels Liedholm, in un freddo pomeriggio di Udine, invitò Paolo Maldini a cominciare il riscaldamento, il figlio del grande Cesare aveva compito 16 anni da poco più di 6 mesi. 647 partite dopo (record assoluto di presenze in sqadre di club e altre 126 nella Nazionale italiana) abbiamo tutti compreso la grandezza del calciatore, che in carriera avrebbe certamente meritato il Pallone d'Oro.

Non tutti sanno o ricordano i pregiudizi che contrassegnarono l'avvio di carriera di Paolo, costretto a "lottare" con un cognome ingombrante come quello di papà Cesare; del resto la predestinazione del ragazzo era già impressa alla sua nascita, visto che il suo nome intero è Paolo Cesare e il suo cognome Maldini comprende le stesse lettere della parola "Milan".

Furono in tanti e per molti anni a credere che Paolo fosse stato avviato al professionismo più per "raccomandazione" che per qualità tecniche; il tempo, come al solito galantuomo, ha sentenziato a fine di una carriera prestigiosa e luminosa, che la stella di Paolo ha oscurato quella di papà Cesare.

Eppure, nonostante una permanente militanza milanista, nonostante una fedeltà sempiterna ai colori rossoneri, nonostante i suoi indiscutibili meriti nel periodo più leggendario del suo club, nonostante una sportività e una correttezza dimostratasi all'altezza del fuoriclasse in campo, nonostante non si ricordi una sola parola o una dichiarazione che abbia suscitato la benchè minima polemica, nonostante il rispetto legittimamente e universalmente riconosciutogli da colleghi e tifosi, Paolo Maldini non figura nell'animo dei milanisti tra le leggende più amate.

La Storia calcistica di Paolo è molto simile a quella del mito Franco Baresi: entrambi forgiatisi nelle squadre giovanili rossonere, entrambi all'esordio giovanissimi, entrambi seri e irreprensibili professionisti, entrambi fuoriclasse, entrambi trascinatori in campo e di poche parole fuori; ma nella loro ultima partita ufficiale Franco trascinò al pianto i tifosi accorsi a San Siro; Maldini fu contestato e fischiato.

Il calcio come la vita è fatto di sentimenti, sensazioni, empatie; la devozione e l'amore per Franco Baresi furono istintivi: i tifosi, in aggiunta a tutte le qualità in possesso di entrambi, per Franco immediatamente "catturarono" la sua "purezza", il suo candore. Franco fu dall'inizio alla fine il "Piscinin" il bimbo.

Paolo Maldini non ha dato di sè la stessa immagine; si dice, ma non faccio fatica a crederci, che il suo rapporto con i tifosi, soprattutto con quelli associatisi in club, fosse più freddo, più distante; soprattutto si aveva la sensazione che lui avesse un "ego" superiore a quello del suo capitano.

In effetti questa ipotesi di extrapolazione di un lato del carattere di Paolo, nel tempo ha trovato alcuni episodi a conferma. Il "faticoso" rapporto con Galliani già in occasione dei rinnovi contrattuali, qualche diversità di vedute con la dirigenza dell'epoca e il palese distacco  dal Milan per un lungo periodo post ritiro dall'attività agonistica, sono stati "segnali" di un rapporto "meno cuore e più ragione".

Non solo questo; Paolo Maldini ha mostrato la stessa "freddezza ragionata" anche con la nazionale; quando in più di un occasione ebbe proposte di collaborazione, puntualmente restituite al mittente. La motivazione delle sue ricusazioni è sempre stata espressa con la volontà di "......svolgere una mansione di responsabilità e non di facciata".

Anche su questa dichiarazione si evince una sottile assenza di sana umiltà: senza un minimo di esperienza si pretendeva di assurgere immediatamente a ruoli di responsabilità, scavalcando gerarchie e colleghi che avevano dedicato tempo e sacrifici alla indispensabile gavetta.

La stessa cosa che qualche anno fa si è verificata quando le proposte gli giunsero dal Milan di Fassone e Mirabelli; qui il successivo fango che ha ricoperto quella negativa fase gestionale ha di fatto nascosto il rifiuto opposto da Paolo. Oggi quel rifiuto viene considerato "lungimirante", dimenticando - come riportato all'epoca dai media - che esso fu causato dalla  deludente risposta avuta alla domanda su quale dirigente avesse avuto la parola definitiva, in merito all'acquisto di un calciatore, in caso di divergenza tra lui e Mirabelli.

Poi è arrivato Elliot e finalmente Maldini è stato accontentato; insieme con l'ex compagno di squadra Boban e tenendo conto di precise linee guida della proprietà,  decide in autonomia sulla campagna acquisti della Società.

In questo primo scorcio di stagione, scelte risultati e provvedimenti correttivi parlano da soli e i tifosi hanno giustamente contestato; ma ecco l'intervista che -ancora una volta ove ce ne fosse bisogno - ci induce a confermare quella impressione di ego eccessivo dell'ex calciatore.

Non una parola detta è stata destinata ad ammettere un proprio errore; neppure la scelta di un allenatore come Giampaolo, ripudiata dopo poche partite di campionato; Maldini parla di "... Milan bandito dalle coppe Europee" quando lo scorso anno parlava di "... Provvedimenti UEFA incostituzionali"; parla di una gestione PRECEDENTE "... che ha lasciato 125 milioni di perdite", quando l'ATTUALE ne ha prodotte 146 milioni; dice che lui e Boban sono la garanzia che "... non passeranno altri 10 anni senza che il club torni a vincere", ma "dimentica" che sono già passati 8 anni dall'ultimo scudetto e che i tifosi vogliono vincere SUBITO e non aspettare ulteriormente.

Quello che francamente fa trapelare una sottile nota di ingratitudine, sono le parole dette a carico di qualcuno a cui Maldini non può e non deve rivolgersi da pari a pari: Silvio Berlusconi; l'ex Presidente a Paolo ha dato tanti soldi, una popolarità planetaria, ponendolo su un sempiterno piedistallo, da cui ANCORA OGGI ottiene POTERE, POPOLARITA' E MILIONI DI EURO.

L'ex calciatore, che riconosce un immutato grande affetto a Berlusconi, definisce "...talvolta ineleganti alcune espressioni dettate dall'essere incline a fare spesso battute". A cosa si riferiva? Riteniamo che le parole rimaste indigeste a Paolo, cui peraltro aveva già risposto in modo "elegante" (qui si che ci vuole) Boban, siano quelle rilasciate da Berlusconi domenica 22 settembre.

In quel frangente l'ex Presidente del Milan espresse si una battuta "... un amichevole Monza-Milan? Oggi vincerebbe il mio Monza 3-0", ma sferrò un autentica cannonata ai due dirigenti del Milan: "... Come giudico l'operato di Boban e Maldini da dirigenti? Passiamo alla prossima domanda, diciamo che li ho tifati da giocatori".

Boban replicò un paio di giorni dopo: " ... forse bisognerebbe saper scegliere le parole giuste, ma va bene così: il Presidente ha dato veramente tanto a tutti noi e a questa Società, quindi rispettiamo il suo pensiero."

Indiscutibile il rispetto e lo stile che emergono dalle parole di Boban; tutt'altra cosa le dichiarazioni di Paolo Maldini, oltretutto espresse un mese dopo, quindi "ragionate" a freddo.

Ma la classe presente in un campo di calcio non per questo dev'esserci quando si è seduti ad un tavolo dirigenziale.