È nato nella povertà ad Artigas, una città che dista solo pochi chilometri dal confine naturale che divide Uruguay e Brasile.
Il papà era un operaio, ma non sempre i soldi arrivavano ed era impensabile trovare qualcosa di stabile.
Invece la mamma, pur di riempire anche con poco la pancia dei suoi figli, andava giro per le strade raccontando bottiglie di plastica da rivendere.
Tante notti Darwin si svegliava nel cuore della notte con lo stomaco che brontolava.
Il senso della fame però scompariva quando giocava a calcio per le stradine di Artigas, il fratello maggiore era sicuro che lui avesse un futuro luminoso davanti a sé.
Ci sono state delle nubi, per esempio quando stava per lasciare il calcio all’età di 16 anni per la rottura del crociato. Spazzate via con la stessa fame di quando a tavola non c’era neanche il piatto e con il sacrificio di impegnarsi al massimo per non far mancare più nulla a sua mamma e alla sua famiglia.
Ed infine è finito nella lista dei tesori da scovare del Benfica, che è sempre stato un club esploratore e fabbricatore di talenti.

Questo che stiamo vivendo ora è l’anno della sua consacrazione: 33 partite e 26 gol in tutte le competizioni con le Aquile.
Ormai, da quasi un anno, al Da Luz vige una sola legge, quella di Darwin.
L’evoluzione di un numero 9. 9️⃣