La stagione 2018/19 veniva battezzata in casa nerazzurra come l’anno del ritorno in Champions, quello in cui sogni e desideri si univano in un moto unico di emozioni, portati a braccetto da speranze e colpi di scena che nell’epoca della tecnologia trovano libera espressione.
La voglia di un popolo e le sciarpe del Biscione coloravano ogni settimana il tempio sacro di Milano, quel San Siro cantato dai più grandi artisti mondiali e protagonista di missioni impossibili che potevano essere raggiunte solo con la coesione e con la forza di non mollare mai.
Per certi versi, dopo le vittorie ottenute contro Tottenham e Psv Eindhoven, la speranza di passare il turno si allungava sul tracollo inatteso, salvo poi essere smorzata da una mini crisi europea che ha portato la squadra di Spalletti a giocare la gara di ritorno contro gli olandesi in un San Siro che aveva puntato il cannocchiale in direzione della sfida tra il Barcellona e la banda di Pochettino. Tutti sanno com’è andata finire, e la prestazione deludente di Icardi e compagni si portò dietro, come è giusto che sia, un’ondata di fischi inequivocabili e mirati a lanciare un segnale a dirigenza e allenatore.

Passano i giorni, il tempo non cura i lividi e il sudore freddo del perdente che deve rialzarsi viene assorbito dal pensiero che la stagione non si è conclusa e c’è ancora tanta strada da fare. Quando però, in televisione viene trasmesso il sorteggio degli ottavi di finale di Champions, la malinconia trova il sopravvento, anche se c’è un’entità che se ne sta in disparte, un po’ come Sordello nella Divina Commedia: si tratta dell’Europa League, coppa cadetta che viene snobbata troppo spesso dalle squadre italiane. L’Inter, dal canto suo, dispone di un gruppo in grado di poter affrontare chiunque a viso aperto, basti pensare alla difesa guidata da due dei centrali più forti dell’intero panorama europeo, Milan Skriniar e Stefan De Vrij. Il primo mini ostacolo è stato superato con l’eliminazione inflitta al Rapid Vienna, squadra modesta che spesso però può mettere in difficoltà se viene sottovalutata. Adesso l’urna magica ha estratto l’Eintracht di Francoforte, squadra temibile guidata dalle prodezze di Jovic, Haller, Rebic e dall’esperienza di Kevin Trapp, tornato in Germania dopo l’avventura parigina.

In casa nerazzurra, così come agli occhi dei tifosi, l’Europa League viene ritenuta importante, ma sicuramente meno appassionante della Champions sotto tutti i punti di vista. In fondo chi non avrebbe voluto vedere Handanovic e compagni impegnati contro un Bayern Monaco o magari un Real Madrid? C’è da capire però che quando il fato è avverso, come dicevano i vecchi intellettuali in un’epoca assai remota, bisogna saper raccogliere ciò che il piatto offre, con umiltà e sacrificio per coronare un sogno che manca in Corso Vittorio Emanuele da troppo tempo. Alla luce di quanto è successo a Firenze la scorsa domenica, viene spontaneo chiedersi  se l’ingiustizia subita dopo il centesimo minuto verrà presa in considerazione con il proseguimento della stagione; le parole di Marotta testimoniano una sofferenza degna di nota, anche perché la posta in palio è altissima e ingenuità dettate dall’incompetenza più esacerbata non sono ammesse ad alti livelli. Ecco che allora l’Inter è giunta ad un bivio che, per coronare la qualificazione nella coppa dalle grandi orecchie, prevede anche un’Europa League da vivere fino all’ultimo respiro. Per certi versi, sembra un paradosso dirlo, ma la coppa cadetta potrebbe scatenare un triplice effetto in caso di vittoria, con valori che abbracciano le macchie della Serie A e l’importanza dello stemma Inter, famoso in tutto il mondo.

UN’EUROPA SCACCIA-ARBITRI

Ecco il primo dei tanti aspetti da teorizzare a questo punto della stagione. Partendo dal presupposto che la classe arbitrale italiana, per quanto ritenuta valida non si sa da chi, sta commettendo errori su errori in vari big match, l’Europa League potrebbe far dimenticare i torti subiti con un po’ di buonsenso. Ad avvalorare di più quanto detto in precedenza, nel corso della sfida questa volta di Champions tra il Manchester United e il Psg, molti tifosi dei Red Devils si sono scatenati sul web affermando che la dirigenza arbitrale  si è resa protagonista di una direzione al fischio continuo, animata da un’interruzione della sfida costante, al solo scopo di fischiare falli per far annoiare gli spettatori presenti al teatro dei sogni. E indovinate un po’? Il direttore di gara era Orsato, simbolo della Serie A e protagonista delle classiche sfide italiane prive della mentalità calcistica britannica. Ecco che allora, considerando i numerosi torti subiti nel corso di questa stagione, l’Inter di Spalletti potrebbe giocare proprio sull’emozione che l’Europa League conduce al cuore di un gruppo tradito senza mezzi termini dagli arbitraggi e dalla coppietta amorosa di Wanda e Icardi.

VINCERE PER L’ITALIA

Alzare il trofeo per dimostrare che a volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato. Il sogno cantato da Raf e Umberto Tozzi nel loro ultimo singolo, anche perché, come spesso succede in ogni ambito della vita, l’importante non è ciò che trovi alla fine di una corsa, ma quello che provi mentre corri; una frase che si avvicina a grandi passi al momento dell’Inter, squadra in grado di scatenare emozioni nell’arco dei 90 minuti, salvo poi essere spazzata via da decisioni instabili e irrispettose nei confronti di uno dei club più importanti al mondo. Una vittoria servirebbe per avvalorare ancora di più il sentimento della corsa e per chiudere il cerchio nel giusto modo, dando una lezione a chi in Italia storce il naso contro i nerazzurri e continua ad identificare il club di Corso Vittorio Emanuele come un gruppo di piagnoni a seguito del "fatale" scontro Iuliano-Ronaldo del 1998. La domanda da porre a tutti gli intellettuali o presunti tali è la seguente: come mai la squadra bianconera che negli anni ha vinto più di tutte le altre in Italia ha perso più di Inter e Milan in Europa? Trattasi di pura statistica oppure c’è dell’altro? Alla luce di quanto detto, ecco che un’Europa League a Milano metterebbe ancora di più a tacere i fenomeni che rovinano i big match nel nostro campionato.

IL VIA LIBERA PER LA CHAMPIONS 

Vedere l’Europa League come un modo per arrivare in Champions è corretto, ma molto riduttivo. L’emozione che culmina in una valle di lacrime gioiosa nelle notti europee è unica, da vivere assolutamente come il pianto dei bambini per i giocatori dell’Atletico Madrid che nella scorsa stagione hanno colorato di biancorosso il cielo stellato di Lione in finale contro il Marsiglia. Momenti unici, irripetibili, ma soprattutto didattici. È giusto notare che una scalata europea, qualunque sia il livello, incarna la mentalità del vincente, di colui che non si piega alla fatica, ma mira ad arrivare in fondo, come i vecchi marinai del Medioevo che non sapevano se avrebbero rivisto i loro cari. Vincere aiuta a vincere e per una squadra che sta crescendo come l’Inter, disputare un ottimo torneo internazionale vorrebbe dire andare a giocare la Champions con uno slancio vitale in più, dettato dalle esperienze passate e rafforzato dalle fatiche superate grazie alla forza di gruppo. Per arrivare al grande, serve conoscere il piccolo e pur considerando l’importanza dell’Europa League, il bivio per la Champions passa anche dalla coppa cadetta. Campionato e trofeo europeo, il sentiero è tracciato. Adesso tocca all’Inter.