9 ottobre 2019, meno 227 giorni alla fine e 31 partite di campionato ancora da disputare. Questi dati dovrebbero ricordare a tutti che quello che stiamo vivendo è l’inizio di stagione, il quale, seppur non stia accendendo le speranze per un anno migliore di quelli passati, ci vede a un punto dal Torino, a due dalla Lazio e a tre dalla Roma. Con ciò voglio chiedere a coloro i quali avrebbero preferito tenere Marco Giampaolo come allenatore del Milan, perché? Io penso che la dirigenza abbia trovato il tempismo perfetto (durante la sosta in modo tale da permettere l’ambientamento del nuovo allenatore), le giuste modalità (prima di esonerare Giampaolo è stato trovato un sostituto e questo ha impedito agli interessati di giocare al rialzo perché il Milan non era spalle al muro), ma soprattutto, tenendo conto di vari fattori che successivamente andrò ad elencare, Maldini, Boban e il resto della dirigenza hanno scelto il sostituto migliore.

LE COLPE DI GIAMPAOLO: Io sono convinto che nel calcio, così come nella vita, le scelte non sono importanti quanto le reazioni, e Giampaolo si è dimostrato assolutamente inadeguato nelle prime quanto e soprattutto nelle seconde. Parlando di scelte, pubblicamente e sul campo ha espresso la sua infinita e inspiegabile stima per un giocatore mediocre, accentratore, di duttilità nulla e anzi di influenza negativa sul gioco della squadra. Tale giocatore è stato messo sull’altare dall’allenatore e sempre difeso, anche a discapito di altri giocatori, considerati “poco adatti a giocare nel Milan”. Già questa è una grossa colpa, soprattutto per una società che finanziariamente e sportivamente deve rialzarsi e vive una situazione delicata. Altre scelte sono state completamente errate: penso all’uso centellinato dei giocatori nuovi che poi si sono dimostrati i più adeguati a far girare il gioco; penso soprattutto all’idea che è stata trasmessa alla squadra e ai tifosi (almeno a me) secondo cui il gioco era per l’allenatore più importante dei risultati, i quali sarebbero poi arrivati.
Il problema è che Giampaolo non ha mai realizzato di aver firmato per una squadra come il Milan: non intendo fare discorsi teorici secondo cui la società per la sua storia deve essere rispettata e cose di questo tipo (verità, per carità), ma in pratica a Milano c’è un dato di fatto (che Giampaolo ha vissuto sulla sua pelle) chiamato “pressione”, la cui viene trasmessa alla squadra e all’ambiente tutto e aumenta non appena i risultati iniziano a mancare, e se a questo aggiungiamo pure la mancanza di gioco, il castello costruito nella mente del Filosofo di Bellinzona cade. Probabilmente, quasi di sicuro, Giampaolo, non avendo mai allenato in una grande piazza e non avendo la grande esperienza di Allegri e compagnia, non ha tenuto conto dei fattori esterni, costruendo un piano che prevedeva tempo e lavoro, ma si è trovato di fronte a variabili non previste e quindi il piano, anche con il tempo e il lavoro, non è riuscito a partire.
Ad ogni modo, a parte le scelte sbagliate, sono state le reazioni ad esse a non avermi affatto convinto: ad essere sincero, ci sono stati dei momenti in cui ho pensato che Giampaolo non stesse realizzando ciò che stava facendo. Penso ai continui cambi di modulo che non hanno dato alcuna continuità alla squadra (tra l’altro giovane e in cerca di certezze dall’allenatore), alle conferenze e post partita in cui la bocca e la mente non erano collegate, alle formazioni schierate in risposta alle critiche e alle prestazioni negative. Penso soprattutto alle reazioni, durante il corso delle partite, ai gol avversari: in qualsiasi squadra che possa essere chiamata tale, vi sono schemi o perlomeno indicazioni sul comportamento in campo in situazione di svantaggio, ma nel Milan di questo inizio stagione dopo aver subito rete la squadra aveva un atteggiamento uguale se non peggiore di prima, senza alcuna logica e idea. Viene da chiedersi, a questo punto, come si sarebbe potuto pretendere di continuare in questa situazione, per nulla rassicurante, fino a fine stagione, quando invece c’è il tempo per rimediare.

LA SCELTA DI PIOLI: Stefano Pioli è il nuovo allenatore del Milan e sono convinto che, seppur non sia apparentemente complicato, farà meglio del suo predecessore.

  1. Ha già allenato in grandi piazze e in situazioni difficili: se andiamo ad analizzare il CV di Stefano Pioli notiamo che il tecnico di Parma ha allenato due grandi squadre come Inter (che stava passando un momento simile al Milan di oggi) e Lazio, portando quest’ultima in Champions League. Inoltre è stato a Firenze nel momento forse più buio della storia recente viola, con società e tifosi in conflitto nonché in un momento delicato dovuto alla scomparsa del capitano Davide Astori. Pioli, insomma, conosce gli ambienti “bollenti”, sa come ci si deve comportare quando le circostanze non aiutano e come compattare lo spogliatoio per raggiungere obiettivi comuni. In questo potrebbe ricordare Ancelotti, anche se non voglio incorrere in paragoni scomodi.
  2. Ha un calcio adatto ai giocatori in rosa: Pioli non è un maestro di calcio, non introduce alla squadra chissà quali singolari concetti. Lui è più pragmatico, con un calcio spregiudicato, pratico, guidato però da idee essenziali, ma precise e non difficilmente effettuabili. Nella Fiorentina Pioli aveva dato un‘impronta di costruzione già vista in quel di Milanello: difesa a 4 che in fase di impostazione si trasforma in una linea a tre, con il terzino sinistro che si alza per aiutare la transizione, con il terzino destro che invece rimane bloccato in una sorta di posizione da terzo centrale. Per questo motivo credo che il rientro di Caldara possa essere fondamentale: lo vedo adatto ad agire da terzo, come Milenkovic alla Fiorentina. Inoltre, considero Calabria e Conti non pienamente affidabili e infine credo che Musacchio debba rimanere in campo in quanto garantisce una sicurezza ed un’esperienza fondamentali in una squadra giovane che ha assolutamente bisogno di tali doti. 
  3.  Non ha nulla da perdere: Probabilmente sembra assurdo, ma con una tale accoglienza negativa e in un momento che non potrebbe essere peggiore, Pioli ha tutto da guadagnare e poco o nulla da perdere: questo lo aiuterà a lavorare serenamente e con la voglia di dimostrare di essere sottovalutato dai più.
  4. Le alternative: i nomi accostati alla panchina del Milan prima dell’ingaggio di Pioli non sarebbero stati, a mio parere e per motivi diversi, meglio dell’attuale tecnico. Spalletti nelle situazioni di difficoltà ha dimostrato di non essere in grado di compattare lo spogliatoio, ma anzi di dividerlo, e inoltre per le varie circostanze che lo legano ancora all’Inter sarebbe costato un occhio della testa senza la sicurezza di un progetto a lungo termine. Claudio Ranieri non lo vedo sinceramente adatto a prendere in mano le redini di una squadra come il Milan in difficoltà in quanto le energie richieste, fisiche e mentali, sono parecchie (Gattuso e Giampaolo docet). Inoltre tra gli altri allenatori liberi c’era Allegri, che però per ingaggio e ambizione non si sposa con l’attuale progetto milanista, e gli altri nomi, di allenatori stranieri, che non convincevano appieno.


Insomma, Stefano Pioli è stata una scelta corretta, “ponderata” se vogliamo usare le parole di Maldini, soprattutto se la società è convinta che il valore di questa squadra sia alto. Non aspettatevi miracoli, ma nemmeno delusioni dovute a fantasie utopistiche della guida tecnica. Ciò che la squadra merita e vale verrà raggiunto, nel bene e nel male.