Sia chiaro, non voglio essere volgare sin dal titolo e, come molti di voi avranno già capito, mi riferisco a una frase tratta da Fantozzi, il film, ovviamente. La riprendo perché, a mio avviso, in quattro splendide parole (per l'appunto: "è una cagata pazzesca") l'autore, Paolo Villaggio, riesce ad imprimere un concetto altissimo, quello della "stroncatura", ovvero il concetto che prevede il poter esprimere la propria opinione, anche se questa è negativa verso una manifestazione artistica. In quel caso era toccato alla pellicola La corazzata Potemkin, con una toccatina sottile agli intellettuali di sinistra e ai loro mattoni d'avanguardia cinematografica, mentre nel mio, più umile e modesto caso, al calcio ultra-spezzatino.

Eppure, siamo giunti al giro di boa di questo campionato, si è parlato delle novità di quest'anno, della VAR che zoppica rispetto alla scorsa stagione, del mercato di riparazione appena concluso, delle probabili vincitrici del campionato o la probabile classifica finale, ma non dell'introduzione dell'ultra-spezzatino, come se il campionato a spezzatino non fosse stato già abbastanza.

E sarete d'accordo con me (senza che lo dimostriate con i canonici novantadue minuti di applausi) che non se ne può più di questa giornata calcistica che non si sa quando inizia, men che meno quando finisce. Ogni squadra gioca in un giorno diverso della settimana, partendo dal venerdì per poi arrivare al lunedì sera, se non al martedì. Come si fa poi a definirla ancora "giornata"? Settimana, dovremmo iniziare a dire.

Certo è che la mia è una seria considerazione sul come il calcio si stia evolvendo, senza malinconici ricordi di quando le partite si ascoltavano per radio e si giocava il Totocalcio, senza paternalismi e frasi fatte, senza il ricordo di "un tempo migliore", per il semplice motivo che sono troppo giovane per aver vissuto tutte queste cose.

La mia generazione è una generazione di transizione, faccio parte di quella generazione che ha visto come il mondo digitale si sia imposto nella nostra società, ma senza essere quella già "nativa digitale". Diciamo che faccio parte di quelli che non sono né troppo anziani e che quindi vedono il mondo con un velo di nostalgia né troppo giovani da esser considerato un "nativo digitale". Perciò ritengo che questa mia generazione abbia una visione che non è né quella rancorosa e petulante del ricordo di un calcio che non c'è più né quella vogliosa ed esplosiva voglia di avere sempre di più in ogni istante, anche dal calcio. E, da questo punto di vista "mediano" (come avrebbe detto Orazio: "la virtù sta nel mezzo") posso affermare che l'ultra-spezzatino è una cagata pazzesca.

Oltre al già citato disagio di non sapere quando la giornata inizia o quando finisce, andare allo stadio è diventato un incubo. Se, poi, qualcuno ha intenzione di lavorare il sabato pomeriggio dovrà cambiare idea, perché ora è una fascia oraria che comprende alcune partite settimanali. E se mai, invece, ci si vuol godere la domenica pomeriggio le partite in tv con una bella "Diretta Gol", bisognerà avere due schermi perché una partita sarà su DAZN e l'altra su Sky (ebbene sì, ci siamo ridotti a due soli incontri la domenica pomeriggio alle 15:00), quindi sarà impossibile seguirle contemporaneamente.

Siamo arrivati all'eccesso. Le multinazionali che gestiscono il monopolio calcistico tendono sempre di più a spremere i limoni per accaparrarsi più succo possibile (il succo siamo noi, eh), così da stremare lo spettatore, che finisce di vedere l'ultra-posticipo il martedì e già il mercoledì è impegnato con una qualsiasi Coppa, fino al venerdì che riprende il campionato che non lo molla fino al martedì successivo. In effetti siamo arrivati al punto che anche seguire il calcio, da semplice appassionato o tifoso, non dico da giornalista o da addetto ai lavori, è diventato così stressante che occupa l'intera settimana, riducendo il tifoso a un consumatore che annebbiato da questa corsa verso nuove partite giornaliere sempre più spettacolari si sta dimenticando la cosa fondamentale di tutto questo: che il calcio, in fondo, è solo un gioco.