Non possiamo più nasconderci. Stiamo giocando meno bene di qualche settimana fa, lo ammetto senza troppi giri di parole, ma le dichiarazioni di Conte nel dopo-Sassuolo hanno ben inquadrato la situazione. L'uscita ai gironi della Champions League è ancora oggi indicata da più parti come un fallimento e io stesso, strenuo difensore dell'operato di società, tecnico e calciatori, l'ho riconosciuto il giorno dopo la disfatta. L'allenatore salentino ha (giustamente) fatto notare che in Europa la squadra aveva giocato meglio delle compagini avversarie (eccetto il Real Madrid, naturalmente).
Morale? A nessuno è importato un fico secco. Tutti addosso, in quanto aver fallito l'accesso agli ottavi di finale della massima competizione continentale ha rappresentato una macchia indelebile a prescindere dalle prestazioni offerte, al punto che qualcuno sostiene che non dovremmo neanche festeggiare lo scudetto, in caso di vittoria. Ecco perché le favolette «Catenaccio e contropiede» oppure «L'Inter gioca di rimessa ed è fortunata» non funzionano (oltre al fatto che non sono vere, se si fosse imparziali). Qualcuno se le racconta per alleviare la rosicata. Altri cercano conforto in ciò che si sta materializzando e che li rende infinitamente e terribilmente tristi. Già, perché quando vince l'Inter, bisogna necessariamente appigliarsi a qualsiasi cosa per non ammetterne la manifesta superiorità. Crisi societaria, gioco non spumeggiante (come se gli altri fossero i nuovi fautori del tiki taka), la gestione dei fuoriclasse alla Eriksen. Io non oso immaginare se Tonali o Arthur fossero stati acquistati dai nerazzurri: avremmo ricevuto un bombardamento fuori da ogni portata per il loro rendimento, ma questa è un’altra (anzi, la solita) storia. Proprio in riferimento al succitato centrocampista danese, la sua metamorfosi è la piena dimostrazione che lo spogliatoio è cresciuto e che è pronto per cucirsi sul petto quel tricolore così ambito. Dopo i malumori e le incomprensioni, la squadra ha preso una direzione ben precisa, ha consolidato la sua identità e adesso gioca con il sorriso. Ecco, proprio questo è un aspetto che (ovviamente) nessuno rimarca: ma ci avete fatto caso a quanto è bello il feeling tra gli uomini della rosa contiana? L'intesa tra Lukaku e Lautaro, l'apporto degli uomini in mezzo al campo, la robustezza difensiva, la sicurezza del navigato capitano: l'Inter funziona. Funziona davvero. Senz’altro merito delle scelte societarie, che ha deciso di fidarsi della linea del suo condottiero in panchina, il quale ha tenuto la barra dritta nonostante le tempeste (e ce ne sono state in questi quasi due anni). Ovviamente, la coesione del gruppo e l’indiscusso valore tanto degli uomini più impiegati, quanto di quelli che hanno fornito il loro dignitoso contributo, sono il segreto di quello che stiamo costruendo. Come ogni grande squadra che si rispetti, c’è qualcuno che porta il vessillo e che diviene il simbolo di un collettivo di cui il sottoscritto si è innamorato. Parliamo, naturalmente, dei due cannonieri principali poc'anzi menzionati: Lukaku e Lautaro. Per tutti, semplicemente, Lu-La.

Lu-La: perché sono i più forti del mondo

L’obiezione classica già la conosciamo: come fai a dire, esimio blogger neroazzurro, che i due comporrebbero la coppia migliore del pianeta se non sono neanche stati capaci di condurre la squadra tra le prime sedici d’Europa e finire all’ultimo posto del girone? Ormai è questo il mantra: sminuire. Sminuire sempre. Eppure, nonostante l’esito internazionale, mi sento di dire che in questo momento nessun duo offensivo può reggere il confronto con la sintonia degli interisti. Esatto, aprite bene le orecchie: non sto parlando di valore assoluto, perché è chiaro che se mi si parla di Neymar-Mbappé non posso far altro che riconoscere che non può esserci alcun paragone tecnico, bensì di musicalità. Di suono. Di bellezza. Lu-La incarna la ricerca della concretezza e dell’estetica di un tandem offensivo che non si vedeva da tempo. Già, fateci caso: negli ultimi anni abbiamo assistito all’evoluzione del gioco delle big che ha portato ad avere tre elementi offensivi (due esterni e una punta, non per forza centravanti vecchia maniera, anzi) oppure un attaccante classico con tre giocatori fantasiosi a sostegno (il 4-2-3-1 per intenderci). La classica coppia d’attacco è quasi sparita. Gli stessi componenti del PSG non sono un tandem vero e proprio, in quanto condividono la zona d’attacco con altri partner. Ed è proprio qui che si rinviene una prima differenza: Martinez e Lukaku rappresentano un vero abbinamento. Si dividono equamente gli spazi, si cercano e la sensazione è che ci sia un’amicizia che vada persino oltre il terreno di gioco. Lo si percepisce dalle loro esultanze, sempre insieme, felici di centrare il bersaglio. Ed è invece questo il secondo aspetto che a mio avviso li distingue da chiunque altro, tanto in Italia quanto in Europa. L’emotività, la voglia, la passione e l’obiettivo comune: questo è il loro tratto distintivo. Ci sono fior fior di attaccanti che potrebbero essere considerati individualmente più forti: l’irraggiungibile (dal punto di vista realizzativo) Lewandowski, il sempreverde Benzema, l’inarrestabile Kane, il nuovo astro nascente Haaland, i due parigini e i soliti CR7 e Messi. Nessuno di loro, però, può garantire lo stesso effetto che offrono il belga e l’argentino. La famosa proprietà olistica: la sommatoria delle singole componenti non è uguale al valore finale. Quest’ultimo è differente e, nel caso interista, assolutamente superiore. L’ambiente che si è creato è effervescente, frizzante, la squadra gira, si diverte e loro altrettanto. Riescono a dare di più insieme di quanto darebbero in altri contesti. Ed è tutto dire.

Stanno per restituire un sogno inseguito per più di dieci anni. Se l’egemonia della Juventus finirà, il merito sarà ovviamente di tutti, ma è innegabile che le segnature dei due marcatori interisti sarebbero destinate a divenire iconiche. Siamo a un passo dalla storia, dal fare qualcosa che non pareva possibile a inizio stagione (ricordate le critiche feroci per qualche pareggio di troppo?). Mancano 16 punti, forse anche meno. E quel tricolore, il diciannovesimo della nostra storia, potrebbe divenire realtà. E nulla potrà impedire di essere felici. Nessuna eliminazione europea, nessuna paventata crisi economica della società, nessun appellativo coniato per l’eventuale vittoria (io mi vergogno anche solo a riportarlo per iscritto): se vinceremo, saremo orgogliosi di questo gruppo.
Saremo orgogliosi di questo allenatore.
Saremo orgogliosi di questa dirigenza.
E saremo orgogliosi di Lukaku e Lautaro Martinez.

Lu-La: semplicemente, la coppia più forte del mondo.

Indaco32