Dopo la notte di Cardiff, finita la stagione calcistica con un gusto sapido in bocca dell’ultimo atto, vorrei provare a condividere con i lettori di Vivoperlei il punto di vista di uno Juventino Critico sull’annata appena trascorsa.

Prima vorrei fornire una definizione di cosa intendo io per “Juventino critico”. Per Juventino critico intendo un tifoso che non si appiattisce su qualsiasi scelta tecnica o societaria della propria squadra, cui non basta vincere ma chiede di vincere e convincere e, soprattutto, che non ha la vista annebbiata dal tifo ma cerca di vedere e giudicare (in senso “critico”, appunto) il comportamento della propria squadra del cuore, sia dentro che fuori dal campo.

Dal mio punto di vista ci sono alcune cause che hanno portato alla sconfitta di Cardiff. Ovviamente Cristiano Ronaldo è una, ma non credo che si possa derubricare la serata di sabato scorso con questa motivazione semplicistica.

LE CAUSE

1. IL MERCATO

La sconfitta di Cardiff non è iniziata al minuto 46 della partita della scorsa settimana, ma ha iniziato a delinearsi quando Paul Pogba ha chiesto alla dirigenza juventina di essere lasciato libero di tornare a Manchester. Non sono uno di coloro che credono che Pogba da solo avrebbe fatto la differenza in campo a Cardiff, ma sono rimasto negativamente sorpreso dal fatto che Marotta e Paratici si siano lasciati prendere in contropiede e non avessero preparato una pianificazione per coprire il centrocampo.

Fino a quel momento la dirigenza juventina aveva operato molto bene: Benatia, Dani Alves, Pjanic, Pjaça, Higuain. Il mercato della Juventus è cominciato in maniera stellare per poi, come nella finale di Champions, arenarsi in un secondo tempo in cui è parsa evidente la difficoltà di reazione della dirigenza, incapace di rispondere in modo reattivo alla richiesta di partenza di Pogba. Si doveva rispondere a Pogba che se ne sarebbe potuto andare solo se si fosse stati in grado di coprire il buco a centrocampo che il suo indubbio talento partente stava lasciando. Invece, stando alle notizie dei mass-media (dandone per scontata l’attendibilità, visto che anche loro devono comunque riempire un giornale ogni giorno), sono state sondate molte piste che hanno portato ad altrettanti nulla di fatto fino alla riedizione di quello che era già accaduto con Draxler e che ha visto protagonista questa volta Witsel, con l’aggiunta della tragicomica scena della pizza consumata in corso Galileo Ferraris in attesa di un nulla osta che non sarebbe mai arrivato.

Ma Pogba, intanto, non c’era più.

L’effetto è stato che la Juventus si è trovata, al termine della sessione di mercato estivo, con una difesa da campioni d’Europa e un attacco da aspiranti campioni d’Europa intervallati da 35 metri di una squadra da metà classifica. E gli effetti di questa “incompiuta” si sono visti già da subito: Siviglia, Inter, Milan sono stati i primi segnali che qualcosa non funzionava e che l’obiettivo della vittoria in Champions League poteva essere in realtà un traguardo piuttosto velleitario.

Il mercato di riparazione non è stato poi meglio: lo schiaffo in faccia preso da Witsel, che si è rimangiato la parola data, insieme all’arrivo di Rincon (non me ne voglia il povero Rincon, ma alzi la mano chi lo considera da Juve), hanno fatto da piatto forte alle discutibili dichiarazioni di contorno sulla difficoltà di migliorare una squadra già così tanto forte. A centrocampo? Siamo sicuri che stiamo parlando della stessa squadra?

 

2. L’ILLUSIONE DEL 4-2-3-1

Effetto del mercato sbagliato è stato anche, per alcuni mesi, un gioco esasperante della Juventus che annoiava a morte lo spettatore minimamente critico e che aveva l’unico vantaggio di essere esercitato in un campionato popolato da squadre mediocri che hanno più dimestichezza con la creazione degli alibi che con la pratica del gioco del calcio, mantenendo comunque una brutta Juve in testa alla classifica. Il paradosso, alla fine, è stato che alcuni di noi si riducevano a guardare le partite del Napoli per poter godere di uno spettacolo di calcio divertente.

Vorrei qui esporre una mia idea che ho spesso avuto modo di dibattere con altri tifosi.

Il bel gioco non è fine a sé stesso, anche se il calcio è – in primis – uno spettacolo sportivo. Vincere 1-0 con una giocata individuale è diverso da vincere facendo 5 gol e strapazzando l’avversario. Il Bayern Monaco, dopo aver segnato 5 gol all’Arsenal nell’andata di Champions league, ne ha fatti altri 5 al ritorno. Non si è limitata al compitino, come invece ha fatto la Juve con il Porto. Una squadra che gioca veloce, che fa dei gol spettacolari come il primo segnato contro il Monaco o i 3 segnati al Barça, entra in campo con il timore reverenziale dell’avversario che, di conseguenza, giocherà in modo meno spregiudicato. Le partite in parte si vincono prima di entrare in campo, come ci ha dimostrato il Real la scorsa settimana.

A mettere una pezza al mezzo mercato che la dirigenza è stata in grado di condurre, ci ha pensato Massimiliano Allegri. Arrivato tra gli sberleffi di molti in realtà l’allenatore si è dimostrato uomo di grande versatilità e acume tattico. Si è inventato un modulo in cui, con un sostanziale all-in, è riuscito a imprimere una secca accelerazione alla stagione della Juventus consentendoci, finalmente, di assistere a molte partite spettacolari in cui la Juventus vinceva e convinceva. Con Barcellona e Monaco, poi, il nuovo modulo ha fatto la differenza anche grazie ad un altro paio di magie tirate fuori dal cilindro di Allegri, tipo Dani Alves avanzato.

Tutto ciò tuttavia è durato solo fino alle semifinali di Champions League. Le squadre avversarie, dopo un primo momento in cui hanno patito il nuovo modulo della Juve, hanno cominciato a trovare delle contromisure.

Personalmente ho sentito alcuni campanelli d’allarme quando ho visto che, nell’ultimo periodo della stagione, per battere squadre che una squadra aspirante campione d’Europa avrebbe dovuto liquidare senza troppe cerimonie in qualche caso anche solo con le riserve, si è dovuta invece mandare in campo la formazione da finale di Champions. Contro Atalanta, Roma e Bologna si sono riviste le vecchie difficoltà tanto che per piegare il Bologna si è dovuto ricorrere alla formazione all-star.

 

3. IL PRONOSTICO E IL CLIMA DA GIUDIZIO DIVINO

L’ultimo elemento che ha portato alla sconfitta di Cardiff, secondo me, è legato ad un aspetto più psicologico e all’impatto che hanno avuto le decine e decine di commenti, pronostici, interviste a vecchie glorie che hanno riempito giornali e canali social per settimane prima della finale.

Si è parlato di “momento giusto”, la grancassa propagandistica del marketing della società ha pompato sull’hashtag “#ITSTIME”, si è parlato di triplete per mesi come imperativo assoluto (tra l’altro: sapete quanti triplete ha vinto il Real, la regina di Coppe? ZERO)

Tutta questa massa di parole che si è prodotta intorno alla finale di Cardiff, se pure comprensibile perché comunque i giornali devono vendere, ha ammantato l’incontro di un’aura da ordalia che ha creato una pressione psicologica eccessiva sui giocatori che sono scesi in campo.

Stiamo certamente parlando di professionisti maturi e sicuri dei propri mezzi, ma si tratta pur sempre di persone e di un team i cui meccanismi, soprattutto sotto pressione, risultano comunque delicati.

Quello che credo è che Buffon & soci siano scesi in campo con l’idea che il destino li avesse consegnati alla storia per un’impresa. E che tutti i tifosi, tutto il mondo calcistico, tutti insomma, si aspettassero una sola cosa: nessuna opzione se non la vittoria. Un clima, insomma, da “vittoria o morte”.

L’esito è stato che, nel momento in cui il Real ha messo in difficoltà la Juventus con il gol di Casemiro e una serie di azioni ficcanti, i giocatori hanno ceduto e hanno cominciato a sbagliare troppo, anche i passaggi più elementari, schiacciati tra peso di “dover vincere” e la possibilità concreta di non essere in grado di farlo.

La Juventus ha sfoderato negli anni passati molte grandi prestazioni (penso all’eliminazione del Real e alla partita con il Bayern l’anno scorso) e vinto molte partite anche nei minuti di recupero. Ma MAI sotto pressione come a Cardiff.

 

IL FUTURO

La stagione scorsa ha dimostrato che la Juventus è una squadra che è ancora in crescita e che non ha ancora realizzato a pieno il suo potenziale.

Da un lato questa considerazione è positiva. Sarebbe infatti assai noioso iniziare una stagione pensando che non si possa fare meglio della stagione precedente. D’altra parte, però, occorre che la dirigenza si impegni nel compito di garantire la prosecuzione di tale crescita perché, se è vero che è difficile migliorare una squadra così forte, è anche vero che la squadra è certamente migliorabile. Altrimenti non avremmo perso (e male) a Cardiff.

Un tifoso juventino critico come il sottoscritto spera, nella stagione entrante, che si verifichino alcuni eventi:

 

1. CONTINUITÀ DI PROGRAMMAZIONE

Arrivata la notizia della conferma di Allegri, il primo tassello della continuità di programmazione è andato a posto.

Contestualmente, tuttavia, deve essere attivata una robusta fase di potenziamento soprattutto a centrocampo. Evito di addentrarmi in valutazioni sulla opportunità di rinforzo sulle fasce piuttosto che dell’acquisto di uno o due incontristi, anche perché non sono sufficientemente esperto per potermi cimentare in valutazioni del genere.

Quello che però mi aspetto è che si vada su profili importanti e che si lascino perdere i Rincon, gli Hernanes e profili di questo genere, certamente validi, ma inadeguati allo scopo che ci si sta prefiggendo.

 

2. MENTALITÀ MENO PROVINCIALE SUL MERCATO

Leggendo i giornali e i siti di calcio mi pare di aver capito che la Juventus abbia una plusvalenza di circa 100 milioni e che la partecipazione alla Champions League quest’anno abbia portato nelle casse della società bianconera circa 130 milioni. Se aggiungiamo anche la possibilità di pervenire a qualche cessione e magari mettere in atto nuovi investimenti con piano di rientro, stiamo parlando potenzialmente di 300 milioni di euro.

Le squadre che dobbiamo battere parlano di comprare Mbappé a 150 milioni, Ronaldo a 180 milioni, comprano giovanotti di 16 anni a 45 milioni. La Juventus invece discute se Keita valga 20 milioni o se lasciarlo un altro anno alla Lazio (col rischio di farselo soffiare) e risparmiare 5 milioni. Oppure se per Tolisso 40 milioni siano o no eccessivi.

Se la squadra deve continuare a crescere tecnicamente, lo dovrebbe fare anche la sua dirigenza passando da un approccio provinciale al mercato ad un approccio più europeo. Si può puntare su profili di peso continentale o mondiale, accettando il fatto che essi costino soldi?

 

3. SQUADRA B

Come accennato sopra, in molte partite quest’anno abbiamo visto un tentativo di turnover da parte di Allegri il quale ha tuttavia dovuto talvolta tornare sui suoi passi e schierare i gioielli a metà partita, pena la sconfitta.

Una squadra come la Juventus a Bologna doveva andare a vincere schierando Audero, Rugani, Mandragora, Mattiello, Kean, Clemenza dal primo minuto. Non possiamo pensare che siano indispensabili Bonucci, Dybala, Higuain, Pjanic anche solo per battere il Bologna. Invece la Juve è andata sotto e per vincere la partita ha dovuto entrare in campo la formazione di Cardiff. Ha senso? La formazione con i gioielli deve essere indispensabile solo per battere la Roma e il Napoli, oltre ovviamente alle squadre in Champions.

Obiettivo della Juventus quest’anno dovrebbe essere quello di dotarsi di una squadra B in grado di vincere da sola una competizione (per esempio la Coppa Italia), altrimenti i giocatori più forti rischiano di arrivare spompati agli appuntamenti importanti. Senza contare che quest’anno, rispetto all’anno passato, ci sono stati meno infortuni e che non abbiamo dovuto rinunciare a nessuno (escluso Piaça) nella fase finale della Champions.

Se l’anno prossimo la situazione infortuni dovesse andare un po’ meno bene, con le riserve di quest’anno che non battono nemmeno il Bologna, pensate che il Monaco o il Barcellona lo batteremmo?

 

4. TRAINING PSICOLOGICO

In ultimo, occorre che la società assuma un plotone di psicologi che siano in grado di scardinare dalla testa dei giocatori della Juventus quel complesso di inferiorità da Champions che secondo me ormai attanaglia qualunque bianconero scenda in campo in una finale di questo torneo.

La partita di Cardiff il Real l’ha vinta innanzitutto con la testa. Non mi sembravano preoccupati, non ne hanno parlato più di tanto prima della partita, se ne fregano del triplete che non hanno mai vinto e si limitano a vincere le finali.