Tredicesimo giorno prima delle calende di maggio e per il Napoli la stagione si è già conclusa. Gli azzurri si ritrovano puntualmente senza nulla da aggiungere in bacheca, ma questa è una tradizione tutta partenopea a cui abbiamo fatto l’abitudine. La ritirata dall’ultimo fronte si è consumata ieri velocemente contro l’Arsenal: i Gunners si sono mostrati semplicemente più forti e se prima del doppio confronto le due squadre si equivalevano sul piano qualitativo, nei match di Londra e di Napoli i ragazzi di Emery hanno messo in evidenza tutta l’abitudine a disputare gare di un certo livello. La mentalità ha fatto la differenza, tutto qui. Il cammino europeo era il metro per tirare le somme di questa stagione.

Fallimento? Stagione negativa? Stagione positiva?

Parliamoci chiaro: l’Europa League era divenuto con il tempo l’obiettivo principale del Napoli, una volta presa coscienza che era l’unica strada percorribile, dopo che lo scudetto non sarebbe stato vinto nemmeno dietro pagamento e dopo aver deciso che la coppa Italia era un trofeo troppo di basso livello per poterlo vincere. Ne abbiamo già 5, basta così. Troppo presto è arrivata la resa in campionato, troppo brutta la gara che ha decretato l’eliminazione dalla coppa Italia contro il Milan. Troppo poco quanto fatto nelle due gare contro l’Arsenal, soprattutto quando la coppa europea avrebbe dato un senso a questa stagione. Insomma tutto abbastanza insufficiente dopo una buona prima parte di stagione, condita da un ottimo cammino in Champions, capace di non far rimpiangere troppo l’addio di Sarri e di creare un minimo di speranza per l’eventuale vittoria di un trofeo.

L’andamento del Napoli col tempo è andato in diminuendo, come se l’uscita dalla Champions dopo la sconfitta di Liverpool e la già enorme distanza dalla Juventus prima di Natale avesse spento ogni motivazione, con Ancelotti incapace di stimolare giocatori dotati sì di qualità, ma non di una grande mentalità. Da allora il Napoli si è involuto, nel gioco e nelle prestazioni di coloro i quali si erano maggiormente distinti per quanto fatto in campo. Ciò che salva la stagione dall’essere fallimentare è la conquista del secondo posto, ancora sicura ma mai stato in discussione. Ma l’annata resta ampiamente negativa.

Tuttavia, un paio di attenuanti al tecnico azzurro vanno date. Questa prima stagione la potremmo definire di prova, di transizione, per capire chi può e chi non può far parte del suo progetto. Inoltre il mercato estivo non ha offerto ad Ancelotti giocatori che potessero rinforzare nell’immediato la rosa. Ma il mercato a Napoli funziona così: si vende un big e si rinveste a caccia di giovani di talento che col tempo possono crescere, affermarsi e offrire alte prestazioni. Ragion per cui se il processo di crescita viene costantemente interrotto con la cessione di un azzurro ormai consacrato e lo si sostituisce con un giovane da formare, quando il livello della posta in palio si alza anche uno come Ancelotti può far fatica a incidere. Il tecnico ha già confermato che la linea del Napoli in chiave di mercato non cambierà: ed è esattamente il motivo per cui per vincere sarà sempre più difficile.