Quando Locatelli ha segnato contro la Bulgaria, ho capito subito che non si trattava solo di una rete, molto bella peraltro. Era il ritorno prepotente di un recente passato che i tifosi rossoneri avrebbero voluto esorcizzare, ma che sono destinati a ritrovarsi davanti per molti anni, data la giovane età e il talento del giocatore.

Locatelli giocava nella formazione Primavera con Zanellato, un altro giocatore interessante del vivaio, finito poi al Crotone. All'epoca, Locatelli era già il pupillo del presidente rossonero, Berlusconi. Fu sul punto di esplodere nel campionato 2016-17, quando segnò un paio di gol di cui uno alla Juventus, bello quanto quello contro la Bulgaria. Poi ci fu un black-out, condito da una serie di errori sciagurati a centrocampo, con i quali confezionò assist per gli avversari, mandandoli in gol. Quella crisi improvvisa e inaspettata gli affibbiò la patente di bluff, in parte logica e in parte eccessiva, per cui, quando YongHong Li tornò nell'anonimato da cui era venuto, Leonardo lo mandò al Sassuolo in prestito con riscatto e senza riservarsi il diritto di recompra. C'era bisogno di fare un po' di cassa e qualche plusvalenza. Sì, proprio una plusvalenza, con la tentazione di quei soldi pochi e maledetti che, tuttavia, per effetto delle normative sulla contabilità, danna una boccata di ossigeno ai bilanci. Fu una questione economica, di soldi, ma non di feeling, come dice invece una famosa canzone. Il Sassuolo, però, ci aveva visto lungo e bene, per cui aveva acquisito un giocatore che ora vale molto più della spesa sostenuta.

Ora qualche tifoso rossonero recrimina sulla frettolosa cessione del gioiello, mentre altri sono infastiditi da tali rimpianti. Non c'è da recriminare né da essere infastiditi, ma solo da fare tesoro di quanto accaduto in ottica futura. Quando hai un talento, devi stare attento se lo baratti per quello che ti sembra un affarone, perché nessuno regala nulla e, se ti sembra che ti stiano danto tanto, forse è perché anche tu gli stai cedendo tanto. Leonardo era appena arrivato e si era ritrovato in squadra Locatelli, un apparente bluff che aveva ancora mercato. Cosa doveva fare se non pensare di venderlo subito prima che gli acquirenti cambiassero idea? Doveva essere il tecnico a trattenerlo, ma c'era Gattuso, le cui idee non prevedevano un giocatore che tendeva a dare la palla sempre di prima, spesso con passaggi no-look, rischiando di perderla. Le idee di Gattuso prevedono una ferrea ortodossia nel possesso di palla basso.

Al momento c'è un potenziale Locatelli nel Milan che è Pobega. Se lo Spezia riscattasse il centrocampista, ci sarebbe una bella plusvalenza, che non invoglierebbe il Milan alla recompra. Che la società ci pensi, tuttavia, prima di lasciarlo andare così facilmente, perché dopo non ci sarebbe più niente da fare. Se si cercasse di riacquistare ora Locatelli, sarebbe il giocatore, con ogni probabilità, a non voler tornare, anche se il Milan accontentasse il Sassuolo. Il Milan ne fece una questione di soldi, ma con essa fece venire meno il feeling. Del resto, ricordate anche con quanta facilità Mirabelli ha mollato Pessina all'Atalanta. Certo, i rossoneri hanno il diritto alla metà del ricavato di un'eventuale cessione del giocatore, ma poi dipende da come avviene la cessione. Un esempio? Se Pessina arrivasse a fine contratto e si accasasse altrove, il Milan non vedrebbe il becco di un quattrino.

Gigio Donnarumma... sì Gigio Donnarumma, cuore rossonero che alla vigilia di Pasqua non ha ancora rinnovato, snobbando un'offerta che si dice intorno agli 8 milioni di euro. Devo tornare su questo argomento, che confesso di trovare stucchevole, perché dai giornali giunge la voce che Donnarumma abbia detto a Raiola di voler restare in rossonero. E perché non c'è la firma? Verrebbe da chiedere al signor Donnarumma se è al corrente che Raiola è solo il rappresentante e che deve seguire le istruzioni di chi gli ha firmato la procura. Il portiere ha tutto il diritto di andare a lavorare altrove, come dice Sconcerti, ma allora, se ha deciso di farlo, lo dica! Altrimenti firmi o chiarisca che l'offerta rossonera di cui si legge non è vera o non è quella divulgata. Raiola e Donnarumma sembrano fare il famoso gioco del poliziotto cattivo e di quello buono di certi film e telefilm. Il primo entra e ti maltratta, mentre il secondo arriva, ti difende e fa uscire l'energumeno, per poi offrirti la classica sigaretta. Quando sono entrambi fuori, i due poliziotti vanno a bersi la birra insieme, perché qui la questione è solo di soldi e niente affatto di feeling.

Devo poi soffermarmi, mio malgrado, sulle vicende interiste. Se provate a dire a un interista che il gruppo Suning è in crisi, vi risponderà indignato che è in atto una campagna di destabilizzazione per far perdere lo scudetto all'Inter. Non c'è niente di più errato, invece.
Che Suning sia in crisi profonda da mesi non è una bugia diffusa a scopo di destabilizzazione, ma semplice cronaca. In patria il governo cinese è intervenuto acquisendo quote di asset del gruppo, ma non per filantropia, bensì perché si tratta di entità economiche produttive, per cui acquisendo quelle partecipazioni ci ha guadagnato. I Cinesi hanno una civiltà millenaria, di grande cultura e sanno fare affari. Il problema è che i soldi ricevuti da Zhang non sono destinati a essere esportati e, comunque, Zhang non può spenderli nel calcio, come testimoniano le vicende della squadra di Suning in Cina, insolvente e sparita da campionato e coppe.

La crisi di Suning è cronaca, per cui bene ha fatto il sindaco Sala, interista peraltro, a prendere le distanze da questa situazione, avvertendo che la costruzione dello stadio è ferma in attesa di capre se Suning sarà o no in grado onorare gli impegni che ne conseguirebbero. La famiglia Zhang l'ha presa malissimo, perché le dichiarazioni di Sala non aiutano a tenere alto il valore del brand. Ma in una situazione del genere, Sala è stato più che corretto, tanto nei confronti dei milanesi, in qualità di sindaco, quanto nei confronti di potenziali investitori che fossero interessati ad acquistare l'Inter o a prestare soldi a Zhang. Sala è interista, ma sono in ballo aspetti economici che mettono in secondo piano il feeling.
Tutto l'ambiente, invece, comprese stampa e rivali dirette, sta usando i guanti bianchissimi nei confronti dell'Inter.
Non per filantropia, ovviamente, ma, perché si sta terminando di trattare la cessione dei diritti TV, il cui valore crollerebbe se la serie A non vedesse ai nastri di partenza l'Inter. Insomma, rivali o non rivali, è il numero dei tifosi interisti, come potenziale bacino di utenza degli abbonamenti, a tenere l'Inter in piedi. Suning sta dando una colpo alla botte e uno al cerchio, com'è giusto che sia, perché l'Inter è un asset da cui spera di ricavare molti soldi e Zhang spera di rientrare dall'investimento. Niente da dire su questo, ma se non avesse la comprensione generale del movimento calcistico, non so come si metterebbe.
Rimane una questione di soldi, non di feeling.
Locatelli, Pobega, Pessina, Donnarumma, Raiola, Zhang, Suning e l'Inter. La questione è solo economica, ma non c'è nulla di male. Basta non cascare nella trappola di credere che ci sia di mezzo il feeling.