In principio fu Alessandro Pistone preferito a Roberto Carlos.
Quasi una bestemmia, calcisticamente parlando.
Eppure, il tecnico nerazzurro dell’epoca, Roy Hodgson, scelse l’italiano in luogo del più grande rimpianto della storia recente nerazzurra, almeno in quel ruolo. Quasi come una punizione divina per il sacrilegio compiuto, quella fascia non ha mai più avuto un padrone carismatico e all'altezza di quel compito. I vari Taribo West, Georgatos, Gresko, Coco, Brechet fino ai più recenti Nagatomo, Pereira e Santon, risultarono completamente inadeguati a essere i leader tanto ricercati sulla corsia mancina.
Anche calciatori che hanno avuto delle carriere luminose hanno avuto le loro difficoltà: si pensi a Christian Panucci, che ha indossato la maglia del Real Madrid, che non è mai riuscito a esprimersi sui livelli attesi o a Fabio Grosso, giunto all’ombra della Madonnina con il titolo di eroe di Berlino e autentica delusione, o ancora Favalli, all’epoca del primo Mancini, che fu un pilastro della Lazio campione d’Italia nel 2000 ma arrivato probabilmente a batterie scariche di una carriera importante.
Qualche risultato migliore lo riportarono Maxwell (che si fece strada anche nel Barcellona) e Chivu, adattato non nel suo ruolo naturale nell’anno del Triplete, che fu ammirato per il suo agonismo e il suo profondo attaccamento alla causa. Fino ad arrivare ad Asamoah, ultimo in ordine di tempo, che nonostante sia meglio dei tanti citati, di certo non può essere inquadrato come top player, forse anche lui arrivato dopo aver dato il meglio negli anni bianconeri.

Quali sono, allora, i profili per provare a sfatare questo tabù, che siano in qualche modo raggiungibili?

Ecco 4 nomi:

JOSE’ GAYA: 23 anni, cresciuto nel Valencia, ha ottenuto ad inizio stagione la convocazione con le “Furie rosse”. Rapido e tecnico, gode di un dribbling interessante. Potrebbe essere impiegato ottimamente sia in un 4-2-3-1 spallettiano ma, ancor meglio, in un 3-5-2 tipico di Conte, in cui potrebbe far valere la sua tenuta fisica e la sua velocità.

ALEJANDRO GRIMALDO: altro profilo iberico, altro classe 1995, è cresciuto nel Barcellona, dove molti ci avevano visto dei tratti di Dani Alves. Trasferito al Benfica, ha vinto il titolo al primo anno, per poi conquistarsi la titolarità nei due anni seguenti, divenendone un pilastro.

LAYVIN KURZAWA: di origini polacco-guadalupensi, ma di nazionalità francese, è esploso da giovane nel Monaco, per poi passare nel 2015 al PSG. Grandi capacità di inserimento, è molto offensivo, tanto che spesso ha ricoperto dei ruoli a centrocampo.

Ricco palmares sotto la Tour Eiffel, ma mai titolare inamovibile. A quasi 27 anni potrebbe tentare una strada diversa, che lo possa stimolare e soprattutto consentirgli di avere maggiori responsabilità.

CRISTIANO BIRAGHI: sarebbe un ritorno. Sì, perché il 26enne di Cernusco sul Naviglio, è cresciuto nelle giovanili della Beneamata, esordendo in Champions League l’anno post-triplete con Benitez in panca. Girandola di prestiti in lungo e in largo, finanche al Granada, in Spagna, per poi essere ceduto al Pescara nel 2016.
L’esplosione avviene però nella Fiorentina, dove si farà notare arrivando alla maglia azzurra con Mancini e segnando la rete decisiva contro la Polonia in Nations League il 14 ottobre 2018. Corsa, agonismo, spinta sulla fascia: dedizione allo stato puro, per uno dei più fisici terzini della Serie A.

In attesa di conoscere il destino dell’Inter, e del tecnico chiamato a condurla, cominciare a programmare il mercato è fondamentale. E iniziare da uno dei problemi storici, sarebbe un buon punto di partenza.