Il Piemonte è quella Terra che si estende dalla Pianura Padana alle Alpi. La sua geografia fisica può vantare ogni sorta di possibilità: dalla lenta piattezza, alle dolci colline sino all’acume delle più alte montagne nazionali. Questa Regione è culla del Po, fiume più lungo del Bel Paese, che nasce sul Monviso per tagliare in 2 parti questo immenso territorio dividendolo tra un nord e un sud. Il Capoluogo di tale magnifica fetta di Paese senza mare è Torino. Trattasi della prima, storica Capitale d’Italia, da sempre dimora della squadra più forte e rappresentativa della Nostra Nazione: la Juventus.
Il Piemonte e, in particolare, la sua Città Capoluogo sono territorio sabaudo. Questo imprinting è una forma di cultura che si nota in ogni entità di quella Terra: dalla popolazione, all’architettura sino a giungere alle più importanti compagini calcistiche. In realtà “Torino è granata”, ma non si può negare che la Vecchia Signora sia quanto di più “sabaudo” possa esprimere il mondo del pallone.
Quando si parla di Juventus, di Piemonte e di Torino non si può non fare riferimento alla Fiat. Trattasi di una delle più grandi e rappresentative imprese italiche. Da sempre guidato dalla Famiglia Agnelli, questo mastodontico “complesso industriale” rappresenta un Territorio e un Popolo. Tale immensa azienda ha consentito di mantenersi a generazioni di italiani.

Questa è soltanto una misera descrizione dell’ambiente geografico e socioculturale nel quale nasce e cresce la Juventus. Rigore, disciplina, dignità e laboriosità. Tale potrebbe essere il manifesto sul quale si fonda la società bianconera, ma pure tutta la tradizione piemontese. Questo DNA è talmente marcato da apparire, a tratti, come “freddezza”. In realtà, non esiste popolo più passionale, caldo e amoroso. Così è pure la squadra bianconera.

L’imprinting della Vecchia Signora è talmente evidente e palese da condurre al celebre “stile Juventus”. E’ davvero difficile trovare una simile dicitura per qualsiasi altra compagine. Il calciatore, l’allenatore o il dirigente che entra a far parte di questa società si accorge subito che vive qualcosa si diverso e particolare al quale è costretto, in qualche modo, ad adattarsi. La Juve non cambia le persone semplicemente le spinge a una determinata direzione senza però conformarle a essa.

Il suo stile è sicuramente una delle motivazioni che la rendono storicamente la squadra più vincente d’Italia. Non è un caso se la Vecchia Signora è rinata definitivamente dalle ceneri di “Calciopoli” soltanto quando un membro della Famiglia Agnelli, nella fattispecie Andrea, è tornato al timone delle società. Per guidare la Juve è necessario conoscere perfettamente la sua cultura e nessuno meglio di lui sapeva quale fosse la strada da intraprendere e il cammino da percorrere.

Il più giovane rappresentante di questa illustre “casata” ha vissuto una vita quasi simbiotica con questa squadra. Sin da giovane ragazzo si presentava alle partite ed era sempre a seguito della compagine. Andrea Agnelli è il Presidente più azzeccato che vi potesse essere per questa società.
Non è un caso infatti se nei 9 anni del suo regno, la Juve ha centrato 8 Scudetti, 4 Supercoppe Italiane, 4 Coppa Italia e 2 finali di Champions League. Quello che, però, impressiona maggiormente è da dove trae origine tale incredibile serie di successi. L’attuale società bianconera non ha ereditato un “giocattolo” perfetto per cui fosse sufficiente proseguire sulla tracciata falsariga. Al contrario, il management juventino si è trovato tra le mani una compagine in estrema difficoltà e confusione. Con questo non si vuole criticare l’opera di coloro che hanno raccolto una Vecchia Signora annientata, distrutta e umiliata da quella sorta di confusione definita, poi, “Calciopoli”. Tutt’altro, tali uomini sono stati in grado di raccogliere i cocci e di ridare alla Juve una certa dignità. Difficile, però, che il lavoro di questi potesse proseguire in maniera efficace.

Il 2009-2010 è stata sicuramente una stagione nefasta che ha segnato il definitivo distacco dal passato. Gran parte della “vecchia guardia” ha lasciato la squadra. Si parla dei vari Nedved (aveva già appeso le scarpe al chiodo un anno prima), Camoranesi e Trezeguet, simbolo dei successi di una Juve che fu e manifesto del “risorgimento bianconero”. Come l’Araba Fenice, la Vecchia Signora era rinata dalle sue ceneri, ma ora aveva bisogno di modificare totalmente il proprio ego. Sovente, quando questo accade, non esiste soluzione migliore che affidarsi alle tradizioni, lasciarsi completamente guidare dalle caratteristiche cromosomiche basilari. Chi meglio di Andrea Agnelli? Questi si è contornato dei giovani dirigenti migliori del momento, di quelli che avevano condotto la Sampdoria ai preliminari di Champions League. Il Presidente ha portato con se Marotta e Paratici che hanno deciso di affidare la squadra a Gigi Delneri. Insieme a Cassano e Pazzini, il friulano era stato uno dei principali artifici del miracolo blucerchiato. La prima stagione juventina, però, non ha dato i frutti sperati. La Vecchia Signora ha chiuso il torneo al settimo posto proseguendo in quella che era una sorta di “operazione simpatia” verso le altre compagini, ma che faceva emergere le paure più recondite nell’immenso popolo bianconero. “Se non vi riescono nemmeno loro, chi potrà salvarci?”

Spesso il momento di massima disperazione è pure il punto più basso, quello dal quale non si può che risalire. Tale aspetto, però, può essere osservato anche dalla prospettiva opposta. Quando tutto appare fin troppo semplice, allora, è meglio non abbassare la guardia perché trattasi del momento in cui l’intero agio può scomparire. Ecco, questo è esattamente ciò che è accaduto per le rivali dei bianconeri. Nell’estate del 2011, Agnelli ha deciso personalmente chi avrebbe dovuto guidare la sua creatura. La scelta è ricaduta su un tecnico che aveva appena conquistato la promozione in serie A con il Siena: Antonio Conte. E’ stato il primo grande atto di coraggio del patron bianconero. Il curriculum del salentino parlava chiaro: “zero tituli”. Sì è vero, il pugliese vantava 2 promozioni dalla serie B alla massima categoria con Bari e Siena, ma la sua esperienza atalantina nel più importante campionato italico non era stata certo brillante. Il “Capitano” ha raccolto una squadra nuovamente a pezzi e come il Demiurgo ha plasmato la materia trasformandola in oro. L’opera di Conte è un capolavoro di psicologia. Il leccese ha vissuto tanti anni da calciatore della Vecchia Signora e ne conosce a menadito le più nascoste caratteristiche. Già dal ritiro di Bardonecchia ha insegnato ai suoi giocatori cosa significasse portare quella maglia e vestirsi di quei colori. Loro hanno compreso alla perfezione e si sono presentati all’inizio del campionato “gli occhi della tigre”. Insieme al Condottiero hanno lottato, combattuto, “cantato e portato la croce”. Hanno conquistato uno Scudetto che pareva impossibile senza perdere nemmeno una partita. Conte non è stato l’unica soluzione vincente di quella stagione perché in tale periodo la Vecchia Signora ha trovato “casa sua”. Proprio per questo, l’attuale dirigenza deve ringraziare enormemente quella che l’ha preceduta.
Lo “Juventus Stadium”, oggi “Allianz Stadium”, è una magnifica idea appartenete al passato. L’8 settembre 2011 è una giornata storica che rimarrà incisa nella cultura bianconera. L’inaugurazione della nuova dimora è stata una serata da pelle d’oca che ha portato alle lacrime gran parte dei supporter dei piemontesi. Un altro, ennesimo “coupe de theatre” di Agnelli e soci. Vedendo quello spettacolo, che giungeva alcuni giorni prima dell’inizio della stagione, molti calciatori hanno ammesso di avere appreso veramente quali fossero i motivi per cui lottavano e combattevano sul campo. Insomma, si è mosso qualcosa nell’animo di tutto il mondo juventino che si è unito contro tutti. Ecco che “l’operazione simpatia” del post “Calciopoli” ha iniziato a lasciare spazio alla fame di vittorie. Sono giunti, così, 3 Scudetti e 2 Supercoppe Italiane.

Si è arrivati al 15 luglio 2014, dopo 3 anni magnifici, Conte ha compreso che il “suo tempo a Torino era scaduto”. In un soleggiato pomeriggio di un’estate nemmeno troppo calda, il tecnico ha sciolto ogni riserva e ha deciso di andarsene. Andrea Agnelli si è ritrovato nell’ennesima situazione di estrema difficoltà. Che fare? La stagione era alle porte e la squadra aveva appena iniziato la preparazione. Non si poteva fallire la scelta del nuovo allenatore e, al contempo, tale decisione sarebbe dovuta arrivare in poche ore. In queste situazioni non esiste soluzione migliore che affidarsi ai propri sentimenti, all’istinto. Questo, aiutato dalla Divina Provvidenza, spesso conduce alla decisione migliore. Nella recente conferenza stampa di congedo da Allegri, il patron bianconero ha svelato alcuni interessanti retroscena. Già prima che la scelta ricadesse sul tecnico toscano, Agnelli aveva confidato a Paratici che il livornese sarebbe stato, prima o poi, il sostituto di Conte. Così è accaduto. Nello scetticismo generale e nella contestazione dei tifosi, la società ha sempre tutelato il suo allenatore. Allegri l’ha ripagata nel migliore dei modi diventando uno dei tecnici più vincenti della storia bianconera e modificando l’opinione di gran parte degli scettici. Il popolo juventino, però, è enormemente vasto e ogni componente ha un proprio modo di pensare.
Nonostante tutto, vi è ancora chi non giudica il toscano come uno dei migliori tecnici in circolazione. D’altronde, esiste pure chi nutre riserve sul valore di Ancelotti… Se manifestata correttamente, ogni opinione è assolutamente rispettabile e ammirabile, ma è innegabile che Max abbia permesso alla Juventus di fare un immenso salto di qualità a livello europeo. “Quando sono arrivato, c’era gente che era bianca prima di giocare una partita contro il Malmoe”. Caro Allegri, hai ragione. Forse, ancor più degli Scudetti, il merito del toscano è stato quello di fornire alla Vecchia Signora l’imput giusto per il salto di qualità internazionale. Se recentemente la Juve non ha vinto la Champions, è soltanto frutto di un’avversa combinazione astrale, del caso.

Si è giunti, così, al termine della storia e all’addio di Massimiliano Allegri che è stato uno dei tanti saluti forniti ai propri paladini dalla Juve targata Andrea Agnelli. Da Del Piero a Barzagli, il copione è molto simile. A primo impatto, la Vecchia Signora si distacca dalla persona in maniera talmente “fredda e arida” da lasciare un immenso dolore nei cuori. Questa, però, è solo un’impressione perché poi i bianconeri regalano immensi attestati d’amore. Basti ricordare quanto accadde al Campione di Conegliano il 13 maggio 2012 che è stato assolutamente ricalcato da Buffon e, ieri, dal numero 15. Un intero stadio a loro dedicato nel momento più bello della stagione. Durante la festa Scudetto, la Juventus è sempre passata in secondo piano per portare loro al centro della celebrazione. Nel giorno di gloria, la società e la squadra sono state in grado di fare un passo indietro per lasciar il proscenio agli eroi che salutava. Ecco, la cultura sabauda sa regalare anche tanto amore con una dignità immensa.

Lo stesso vale per gli altri addi e per l’incredibile conferenza stampa con la quale Andrea Agnelli ha salutato commosso Max Allegri. Il patron bianconero si è congedato dal suo tecnico come lo si fa con un grande amico e così pare essere stato realmente. I due vivevano nello stesso palazzo e, come sottolineato dal numero uno della Vecchia Signora, hanno visto crescere i rispettivi figli. Spesso, si sono ritrovati a scambiarsi idee e pensieri pure sulla vita extracalcistica. La gratitudine di entrambi era tangibile e reale. Pareva oltrepassare la professione per entrare quasi nella vita quotidiana. Tutta la squadra ha assistito e partecipato all’evento che non è stato un addio con il classico cliché. Si è trattato di qualcosa di molto coinvolgente e l’impressione fornita è quella di una spontanea naturalezza. Nulla di costruito o voluto. Semplicemente due amici che hanno vissuto importanti avventure e che, ora, si devono salutare.

Insomma, la Juve si trova di fronte a un altro bivio particolarmente complesso. Come sostenuto da Nedved è praticamente impossibile ripetere l’operato di Allegri. Colui che siederà sulla panchina bianconera non sarà certamente in una posizione semplice perché i 2 predecessori, per un motivo e per un altro, hanno scritto la storia di questo glorioso club. Allo stato attuale, per ereditare la Juventus è necessario avere davvero “spalle molto larghe”. I tifosi della Vecchia Signora attendono con ansia, ma dopo 8 anni, questo sentimento è completamente trasformato.
La paura e la rassegnazione che precedevano il “periodo contiano” si sono tramutate nella serenità e nella speranza di chi è consapevole che coloro che debbono operare la scelta sono assolutamente in grado di svolgere al meglio il proprio lavoro.