C'era una volta. Rischia di iniziare così la storia, il libro, che racconta, quel mondo meraviglioso che era il calcio. Era. C'era. Perchè? Perchè qualcosa non va. Lo senti. Lo percepisci.  E se si continua di questo passo si parlerà al passato. C'è chi dice che la responsabilità è del business. I danari possono comprarsi tutto, ma non l'anima, quella no.

La tecnologia? Nasce come ausilio, in tutti gli sport funziona, nel calcio, ci metterà tempo, e soprattutto ci vorrà tempo perchè si possa creare il giusto equilibrio tra macchina e uomo. L'arbitro dovrà avere la forza di riconoscere in tempo reale i propri errori, riconoscere l'errore è segno di forza non di debolezza. Ma oggi, quanto siamo umani? Ci crediamo tutti infallibili. E in questa infallibilità si deve vedere nella VAR quello che solo il tuo occhio può veder, pur di smentirla. Perchè l'arbitro dell'arbitro non deve esistere. Ti credevi un piccolo dio in terra, oggi sei come gli altri.

E che dire delle simulazioni teatrali? Pur essendo circondato da mille telecamere, te ne infischi. Cerchi di essere più furbo degli altri.  Ma sarai solo ridicolo agli occhi del mondo. Sarà forse per i teppisti del calcio? Quelli ci sono sempre stati. E continuano ad esserci.

In un calcio dove ci si sciacqua la bocca come collutorio con parole rispetto, e poi si tollera che nelle curve tifosi facciano saluti fascisti, insulti, rendano onore a gruppi nazifascisti, e quant'altro di osceno. Oscenità. Mafie. Razzismi. Violenza. Criminalità.

Sarà perchè non si da più spazio ai vivai? Che oggi è figo il calciatore solo se "straniero"? Che ci si è buttati in quello femminile come ripiego, ma già dimenticato? Che non si sa più a cosa appellarsi pur di salvare lo spirito del calcio?

Ecco, il punto è questo.  Lo spirito del calcio se ne sta andando. Cerchiamo di riafferrarlo, di non farlo fuggire. Perchè se fugge, poi, quando ascolteremo con nostalgia, Rita Pavone mentre canta Perchè, perchè. La domenica mi lasci sempre sola. Per andare a vedere la partita. Di pallone, di che parleremo? Racconteremo un mondo che non esiste più, fatto di stadi, di tv, di radio, di giornali, di chiacchierate al bar, di commenti o post in rete, di articoli, discussioni, sfottò, rivalità, passioni, sofferenze, dolori, gioie, incazzature, che sembreranno cose dell'altro mondo.

Quel mondo che sta finendo, se non ci diamo una svegliata tutti quanto prima. E non sto parlando degli incendi dell'Amazzonia che vengono scoperti solo quando ciò può fare comodo. Ma del mondo del calcio.