Campioni quando si vince, bidoni, se non peggio, quando si perde. E' questo il lato peggiore che accompagna lo Sport in generale e il calcio, in modo particolare. A ben guardare i giudizi sono lo specchio di una società civile, sempre più nevrotica che ha perso la voglia di aspettare, di affidarsi a verifiche che solo il tempo può certificare, viceversa vive e si riconosce solo nel presente, ma non in quel modo positivo in cui dovrebbe essere trattato e cioè inserito fra passato e futuro, ma esclusivamente come unico ed inimitabile.

Parto da questa considerazione per affrontare un  discorso complesso, uno sfogo, che probabilmente non riceverà l'interesse di molti lettori, ma che fra le righe racchiude quel grande amore per il calcio che tutti quelli della mia generazione vedono affievolirsi, non certo per scelta propria, ma perchè indirizzato a troppi cambiamenti che lo rendono ai nostri occhi,  ben diverso, meno bello, appassionante e divertente di quello che abbiamo tanto apprezzato in gioventù. 
In questo moderno spettacolo, tragicomico, campo e extra campo si mescolano e sono molti i personaggi che si ritagliano spazio e visibilità, non solo i calciatori. Tutto si muove in funzione del gradimento ed il vincente, il bello a strappare l'applauso ad essere sempre sotto i riflettori. E' l'audience a determinare l'importanza dei commenti e il successo personale. Ciò spiega perchè in molti fra giornalisti, opinionisti e commentatori arrivano al punto di essere obbligati, non a dire realmente ciò che pensano, ma piuttosto quello che vuole sentire la maggior parte delle persone, le stesse che decreteranno se ciò che è stato detto è piaciuto o meno. E' questa la logica con cui si commenta lo Sport. Non sono in molti a potersi permettere di essere critici con le Grandi Società Calcistiche, troppo rischioso ed autolesionista, meglio "galleggiare", essere pronti a fare retromarcia, tenere il piede sulle classiche "due staffe", raccogliere il consenso popolare, anche a discapito di quella "onestà intellettuale" di cui si è persa ogni traccia. Fortunatamente in questa pessima situazione è rimasto fuori chi non si è assoggettato a questo schema, per principio o forse per privilegi economici che non lo rendono "schiavo". Penso a Sconcerti, Capello, Pistocchi e pochi altri, ma anche e specialmente a blogger e youtubber che, rivolgendosi quasi esclusivamente ai tifosi di parte, cercano i consensi attraverso la qualità dei propri giudizi e non per l'affinità di giudizio.

Un discorso ampio e complesso che meriterebbe più attenzione. Scriviamo spesso che bisognerebbe migliorare la cultura Sportiva. Il rispetto per l'avversario, la consapevolezza della sconfitta, mentre poi, in concreto, si agisce in modo totalmente diverso e un contratto pubblicitario può far mutare giudizio o addirittura quali immagini proporre, manipolando inutili moviole e gli ascoltatori. Sono sempre scelte, dove quelle economiche hanno sempre la meglio e, attenzione, ho evitato di percorrere il sentiero delle scommesse sportive, esso stesso ricco di insidie.

Come ho già scritto, erano bar e ritrovi i migliori luoghi dove confrontarsi, erano quelli i salotti buoni per i calciofili e la "rosea", La Gazzetta dello Sport, il punto di riferimento indiscusso e qualificato. Usi e costumi sono cambiati, ora è il fantacalcio, la squadra più importante per molti appassionati. Facebook è troppo freddo e i la lettura un esercizio troppo impegnativo per molti. Un calcio più veloce e meno qualitativo di quello del passato, le regole del gioco, modificate. Tutti possono esprimere la propria opinione, poco importa se logico o pertinente, portando molti a stare zitti, ad evitare, magari con ben più conoscenze tecniche, di scontrarsi con "tuttologi da tastiera". 

Il mio desiderio di confronto, resta ugualmente grande, così come la voglia di rivolgermi ai "fratelli e sorelle Milanisti", nella speranza di essere ascoltato, di analizzare con la passione del tifoso, ma con la lucidità di chi è in grado di esprimere un giudizio logico e competente, non condizionato,  basato su esperienze personali, sulla logica del "buon senso", sempre applicabile o su sensazioni. Senza avere certezze, ma credendo in quella "onestà intellettuale" (in ambito calcistico), che dovrebbe essere l'unica certezza a cui appellarsi. In questo contesto ogni critica rivolta al Milan stona in modo vistoso con la splendida stagione che la squadra sta disputando. Molti tifosi pensano, a torto, che solo perchè ci chiamiamo Milan o perchè i nostri giocatori indossano la gloriosa casacca rossonera si debbano vincere le partite. Purtroppo non è così. In troppi si dimenticano la giovane età e le reali qualità di moltissimi dei nostri tessarati. Ancora, sono in molti a non considerare che si stia ripartendo solo ora, dopo anni di anonimato, per riconquistare quelle posizioni da protagonisti ora occupate da altre formazioni.

Provo quindi a rinfrescare la memoria. La rosa attuale è composta da 26 giocatori. Quattro sono in prestito, Diaz e Dalot, Meitè e Tomori, con la possibilità di essere riscattati. Quattro sono frutto del vivaio, Donnarumma, Calabria, Gabbia e Maldini. Mentre altri quattro sono arrivati a parametro zero: Tatarusanu, Kalulu, Ibra e Mandzutic La teorica squadra titolare di Mister Pioli, schierata con il modulo 4-2-3-1, dovrebbe essere la seguente: Gigio, Calabria, Kjaer, Romagnoli, Theo, Bennacer, Kessie, Sealemakers, Calhanoglu, Rebic, Ibra. Considerando che Calabria era sul mercato, richiesto dal Cagliari, Romagnoli fosse reduce da un grave infortunio e alquanto discontinuo, Kessie spesso criticato, Salamandra ancora acerbo e Ibra avviato al traguardo dei quaranta anni, puntare ad un piazzamento Champions aveva più la forma della " indiscussa fede rossonera", che basamenti logichi. Non va infatti dimenticato che la squadra è stata rinforzata in questo mercato invernale e che fino a dicembre non si poteva neppure contare su Tomori, Meitè e Mandzu, il massimo a cui potevamo aspirare. La Società è riuscita a sfoltire la squadra in modo drastico. Forse dimentichiamo i giocatori a fine contratto o  Reina, Musacchio, Duarte e Conti. Tagliare gli ingaggi e ridurre le spese, queste sono state le certezze su cui ha preso inizio la stagione. Il "miracolo sportivo", la bravura dell'allenatore e di tutti i giocatori non ci hanno solo regalato venti giornate entusiasmanti, ma hanno permesso a Maldini e Massara di mettere le basi per un progetto "concreto". Se oggi ci permettiamo di fare critiche è solo grazie all'abnegazione di moltissimi dei nostri giocatori. Fra infortuni, squalifiche e Covid, sono stati in pochi a prendersi la squadra sulle spalle, ottenendo risultati inimmaginabili. Dovrebbe bastare questa considerazione per azzerare ogni critica, invece basta una sconfitta per mettere tutti in discussione, un atteggiamento vergognoso. Sul quale poi stampa e opinionisti cercano di trarne vantaggi personali. Il ritorno ai successi transita obbligatoriamente per una sostenibilità economica. Oggi non siamo meglio o diversi dalle altre squadre e i "nostri giocatori" sono l'unica reale risorsa, con allenatore e dirigenza, per la risalita che auspichiamo. Ecco perchè criticarli, o certificarne le debolezze, non solo non porta alcun beneficio, ma porge il fianco a divisioni e incomprensioni che possono essere molto più dannose di quanto si possa credere. Tutti noi vorremmo avere i giocatori più forti al mondo, vincere sarebbe certamente più facile. Seguo il Milan fin da piccino, aveva vinto 9 scudetti. Ho amato, sportivamente, nello stesso modo, Altafini e Calloni, Chiodi o Pippo, Virdis o Sheva, solo per citare qualche nome, senza mai pensare di criticarli, ma oggi come allora, mi basta vedere 11 maglie schierate in campo e il cuore batte, sale l'adrenalina e sono 90 minuti di passione pura. 
FORZA MILAN