Icardi non è più il capitano del Football Club Internazionale Milano.
Questa la notizia bomba della giornata che certamente produrrà strascichi a cascata nei prossimi mesi. Ritengo tuttavia che l'affaire Icardi sia solo la punta dell'iceberg di un problema più ampio che verte sulla ridefinizione dei ruoli all'interno di un team (non necessariamente calcistico), di ciò che un tempo era ritenuto socialmente inaccettabile mentre oggi sta prendendo pericolosamente forma.
La domanda che io pongo è: nell'epoca social della sovraesposizione mediatica, chi deve essere capitano? Cercherò di rispondere con tre esempi: Del Piero, Bonucci e Icardi.

Del Piero 
Mai dimenticato - e sempre invocato - dai supporters bianconeri quale simbolo della purezza juventina, Alessandro 'Pinturicchio' Del Piero diventa capitano nel 2001 a 27 anni, 8 dei quali passati ininterrottamente alla Vecchia Signora. Simbolo dello 'stile Juve' tanto caro all'Avvocato Gianni Agnelli, diviene il punto di riferimento principale nel periodo più buio della storia della società torinese nel luglio 2006. In senso contrario rispetto alla diaspora, per nulla lusingata dalla discesa in serie B, sceglie di rimanere insieme a pochi compagni e formare lo zoccolo duro che sarà fondamentale subito dopo la risalita nella massima serie (un terzo e un secondo posto nelle stagioni 2007/08 - capocannoniere con 21 gol - e 2008/09 con una compagine nettamente più debole rispetto ai competitors).

Malgrado i due anni successivi siano un autentico fallimento (due settimi posti), l'immagine di Del Piero pare non risentirne, anzi. I tifosi lo vedono come un monumento di un passato glorioso e i nostalgici della Juve di Lippi e Capello si raccolgono attorno a lui. La società sta però cambiando: alla guida è tornato un Agnelli, poco incline ai romanticismi, che come allenatore chiama Antonio Conte, a sua volta capitano prima che la fascia passasse sul braccio di 'Pinturicchio'.

Ed è a questo punto che Del Piero commette un errore madornale di cui si pentirà. Il 25 febbraio 2011 Alex mette on line un video autoprodotto con il quale dichiara pubblicamente la sua volontà "di firmare in bianco il mio ultimo contratto con la Juve". La società, nella persona del presidente Agnelli e del direttore Marotta, viene messa con le spalle al muro e obbligata a rinnovare per un ultimo anno il contratto del numero 10.

Del Piero è e resta per tutti gli juventini (e non solo) un personaggio iconico che va al di là della fede calcistica. Dotato sia di capacità tecniche fuori dal comune, sia di altrettanto abili doti mediatiche, è stato un capitano esemplare fino a quando non ha deciso di abusare del proprio ruolo.
Il video con il quale comunica ai supporters bianconeri la sua permanenza alla Juve è un gravissimo atto di insubordinazione nei confronti della società che viene di fatto esautorata di ogni potere negoziale. L'aver pensato di essere più grande della stessa Juventus rivolgendosi direttamente al pubblico - chiaramente dalla sua parte per i trascorsi e la fedeltà dimostrata in 19 anni di militanza - rischiava di minare alle fondamenta un'azienda che si stava faticosamente risollevando dopo un lustro di umiliazioni. Il Del Piero delle ultime stagioni in bianconero non era più lo straordinario carismatico uomo-spogliatoio simbolo della juventinità nel mondo, ma piuttosto un giocatore a fine carriera che mirava ad allungare di qualche istante le luci sbiadite del palcoscenico.

Bonucci
Leonardo Bonucci arriva alla Juve nell'estate del 2010 e vi rimane per 7 anni. Su tutto quello che viene dopo stenderei volentieri un velo pietoso. Finita la stagione 2016/17 i rapporti Bonucci-Allegri sono ai minimi storici e il difensore fa il diavolo a quattro (mai espressione fa più azzeccata) pur di farsi mettere sul mercato, scegliendo lui però la destinazione. 

Si fa avanti il Milan del duo Fassone&Mirabelli e Bonucci sbatte sul tavolo le richieste: ingaggio da superstar (8 milioni più 2 di bonus, giocatore più pagato della Serie A), maglia numero 19 (gentilmente sottratta a Kessie) e ovviamente fascia di capitano. A risultare declassato è il povero Montolivo, 6 anni di militanza rossonera con ben 132 partite alle spalle gettate in un cassonetto nel giro di poche ore. 

Il primo - e unico - anno di Bonucci al Milan è avaro di soddisfazioni, per usare un eufemismo. La squadra si piazza al sesto posto come l'anno precedente (facendo 64 punti invece di 63) e subisce caterve di gol (42 contro i 45 dell'anno prima). In Europa League i rossoneri vengono eliminati agli ottavi dall'Arsenal con un risultato aggregato di 5-1, mentre in Coppa Italia arrivano fino alla finale, complice un sorteggio agevole, salvo venire spazzati via dalla Juve con un sonoro 4-0. 

Resosi conto dell'inadeguatezza sua e dell'ambiente nel quale era capitato, troviamo un Bonucci sorridente farsi scattare una foto insieme ai suoi ex compagni Chiellini, Barzagli e Marchisio in una conosciuta trattoria torinese. Data della foto: 18 dicembre 2017. Il giorno prima il Milan era collassato a Verona 3-0 contro l'Hellas, che sarebbe poi retrocessa. 

Leonardo Bonucci ritorna con la coda tra le gambe alla Juve il 2 agosto 2018.
Il 21 luglio dell'anno precedente la Milano rossonera lo accoglieva sotto la sede come ai fasti dell'era berlusconiana. Siamo quasi certi che invece alla Continassa ci fosse uno sgabello pronto per lui...

Icardi
Mauro Emanuel Icardi, detto 'Maurito', arriva all'Inter nell'estate del 2013. All'inizio della stagione 2015/16 Mancini, allenatore dei nerazzurri, lo nomina capitano ad appena 22 anni al posto di Ranocchia. Il 7 ottobre 2016 Icardi firma il rinnovo di contratto, nel quale pare sia presente una clausola che ne legittima il ruolo di capitano anche negli anni a venire.

Rimanendo ai freddi numeri non si può dire che Icardi non sia un fenomeno: neanche 26enne (il suo compleanno è il 19 febbraio) ha già realizzato 120 gol in Serie A, mentre con l'Inter sono 122 in 210 partite. Il problema è tutto il resto.

A una totale mancanza di leadership Icardi associa un comportamento che gli ha portato addosso l'insofferenza di compagni e tifosi. Non è in discussione l'applicazione in partita o in allenamento (tutti lo descrivono come un soggetto professionale), ma il suo modo di comunicare con l'ambiente nerazzurro e al di fuori di esso.
Nell'ottobre del 2016 esce la sua autobiografia (scritta a 23 anni...) nella quale si rivolge alla Curva con un linguaggio encomiabile: "lo avrei picchiato per il gesto da bastardo appena compiuto. E allora inizio a insultarlo pesantemente: ‘Pezzo di merda, fai il gradasso e il prepotente con un bambino per farti vedere da tutta la curva? Devi solo vergognarti, vergognatevi tutti".
Non pago, mette nero su bianco come intende risolvere il problema: "Sono pronto ad affrontarli uno a uno. Forse non sanno che sono cresciuto in uno dei quartieri sudamericani con il più alto tasso di criminalità e di morti ammazzati per strada. Quanti sono? Cinquanta, cento, duecento? Va bene, registra il mio messaggio, e faglielo sentire: porto cento criminali dall’Argentina che li ammazzano lì sul posto, poi vediamo".
Adesso, cari amici interisti, provate ad immaginare Zanetti, Bergomi, Facchetti o chi volete voi e mettete loro in bocca le frasi riportate da Icardi nella sua autobiografia. Che effetto fa?

Il tasto dolente nella vita - non calcistica, ma di fatto con ricadute sulla stessa - di Icardi ha però un nome e un cognome: Wanda Nara, in ordine sparso showgirl, conduttrice televisiva, attrice, modella, influencer, procuratrice (eh sì, anche quello...), ex moglie, madre, nonché attuale consorte di Maurito. Ed essendo la partner ufficiale del (fu) capitano dell'Inter è lei medesima investita di un ruolo formale. Ergo, una dichiarazione rilasciata dalla signora Nara equivale a una di Icardi, tanto più se lei oltre a esserne la dolce metà ne è anche agente (quindi rappresentante legale). 

Non sto ad elencare tutte le volte in cui Wanda ha messo l'Inter in imbarazzo affermando che Mauro era già stato venduto alla Juve contro la sua volontà, che il marito onnipotente "se vuole può cacciare o portare persone alzando solo un dito", che Perisic gioca male perché ha problemi personali, che lo spogliatoio fa uscire delle cattiverie gratuite su Maurito, che i compagni non gli passano i palloni, che Spalletti doveva inserire prima Lautaro e finisco qui per decenza.
Per tacere delle tonnellate di foto osé o con la canotta a righe bianconera quando sembrava si potesse intavolare una trattativa con la Juve. La Wanda è una donna in cerca di notorietà che ama stare sulla bocca di tutti e non appena si trova un microfono davanti parte lancia in resta senza freni inibitori vomitando a cascata tutto quello che le passa per la testa. Ad oggi ha fatto più danni lei all'Inter che Gresko il 5 maggio 2002

In conclusione, non so se abbia ancora senso parlare della veste di capitano con la stessa enfasi, la stessa forma di rispetto e accettazione sociale che la fascia al braccio ha suscitato in tempi passati. Non voglio pervenire all'altro estremo secondo cui il capitano è un istituto arcaico e che una volta esistevano i veri uomini mentre adesso siamo invasi da una generazione di sbarbatelli senza valori.
A mio parere Handanovic, Romagnoli e Chiellini, giusto per citarne tre, saranno in grado di trasmettere i valori che prima di loro hanno avuto in gente del calibro di Scirea, Maldini, Zanetti (anche qui la lista sarebbe ben più lunga) i massimi esponenti.
La mia domanda a questo punto assume un connotato retorico: solo pochi anni fa, in epoca pre-social, sarebbe stato possibile fare capitani Bonucci e Icardi per contratto senza nemmeno consultare lo spogliatoio? E Del Piero si sarebbe permesso di rivolgersi direttamente ai tifosi bypassando la società?

Ma soprattutto, un giorno dovremo aspettarci di vedere bambocci viziati alla Neymar, Dybala, Rabiot, Pogba e via discorrendo rappresentare le nostre squadre/nazionali malgrado ignorino del tutto cosa voglia dire essere un capitano?