Che qualcosa non andasse per il verso giusto lo si era capito subito: alla sua prima uscita da tecnico del Chelsea, Maurizio Sarri, quello di sinistra con tuta, stuzzicadenti e barba incolta, si era presentato elegantissimo, con l'abito scuro e fresco di rasatura, come ai tempi del Monte dei Paschi di Siena. Raccontava Paolo Ghinazzi, in arte Pupo, che su alcuni tavoli non ci si improvvisa e non ci si mimetizza facilmente: mentre infatti vinceva a poker in un angolo riservato del Casino di Saint Vincent, l'Avvocato Agnelli chiamò un suo assistente e chiese "chi è quel giovanotto così fortunato?" E l'assistente, non riuscendo a evitare di essere udito, rispose "è un cantante che si fa chiamare Pupo". Bastò quel crudo ritorno alla realtà, ricorda Ghinazzi, per fargli presagire il rovinoso epilogo della sua serata. Napoli non è Londra, se non in qualche fantasioso sceneggiato sulla camorra girato a Secondigliano. Soprattutto se a comandare a Londra è un uomo d'affari russo, oligarca sionista sfuggito alle purghe di Vladimir Putin. Luoghi e persone a metà tra le trame shakespeariane e l'eredità staliniana: "un uomo, un problema; nessun uomo, nessun problema". Sulle ali dell'innamoramento, il primo Chelsea di Sarri si è presentato spavaldo su tutte le mense più esclusive del calcio inglese: d'altronde, oltre i secoli, l'Inghilterra è pur sempre un Impero e i suoi sudditi sono sempre incuriositi dalle esotiche novità che arrivano dal mondo. Ai primi passi falsi, nel Chelsea di Sarri sono arrivate le frizioni, inevitabili: non tutte le battaglie si possono combattere con un manipolo di fedelissimi e una pletora di comprimari, non tutte le guerre si combattono con la stessa tattica, soprattutto su terreni diversi e contro avversari diversi. Perfino Carletto Ancelotti, allievo diretto dell'Arrigo che decretò l'infausto dogma, si muove in Europa con maggiore leggerezza. E dunque Carlo, che pure a Londra ha vinto e si è scottato, ha affrontato persino Napoli con l'intelligenza dell'uomo di mondo, coinvolgendo fino all'ultimo soldato nella sua nuova battaglia di periferia. Convinto invece che si alleni a Londra come nell'eccellenza toscana, Sarri ha polemizzato con tutti i suoi big, inglesi, belgi e brasiliani. Ansioso di far capire a tutti chi comanda, come si fa nelle famigliole, armato solo di schemi e di droni, ha insistito nel suo ritornello ossessivo, sino a due clamorosi ammutinamenti, che mai si erano visti su un campo di calcio. Come dimenticare il giovane portiere Kepa che si rifiuta di farsi sostituire, dando il là ad un teatrino in mondovisione? Un attesa che ha lasciato tutti senza parole, persino l'arbitro: ne è emersa, dalla prospettiva di Sarri, una isteria scomposta priva di qualsiasi autorevolezza. In questi giorni, poi, è arrivato il tam tam mediatico dei tifosi dei blues, che iniziano a vendere online i propri abbonamenti per le partite casalinghe, inaugurando una nuova roboante forma di protesta silenziosa: l'indifferenza. Persino il rapporto con Pep Guardiola, con cui erano tutti complimenti e smancerie, si è incrinato dopo che il tecnico toscano, con un gesto di rara ineleganza, ha rifiutato di stringergli la mano a fine partita. Certo, dopo una sconfitta per 6 a 0 non è facile rispettare l'etichetta, soprattutto per un toscano, ma in Inghilterra la forma prevale sempre su qualsiasi sostanza. Crediamo dunque che il tempo di Sarri al Chelsea sia ampiamente scaduto e che, a quelle latitudini, non rimangano che due finali da scrivere in questo dramma: esonero o dimissioni. Sarebbe più ruspante andarsene prima che qualcuno arrivi a tirarci il collo, ma forse è troppo difficile ammettere di essere inadatti a razzolare nella ricchissima aia di Sua Maestà.