In Spagna lo chiamano arquero, in Inghilterra goalkeeper, in Francia gardien. Nonostante le diverse accezioni il ruolo è sempre quello, ovvero Il guardiano della porta, l’estremo difensore a cui si rivolgono le ultime preghiere e si affidano le speranze più disperate.
Proprio in queste ore in cui si sta consumando il matrimonio tra il Paris Saint Germain e il suo prossimo gardien, Gigio Donnarumma, è ancora portiere e difende con orgoglio il nostro tricolore in questa campagna di conquista europea.
Appunto con il passaggio di Donnarumma dal Milan al Paris Saint Germain, il campionato di Serie A perde forse l’ultimo esponente di una lunga e ricca tradizione di portieri per cui l’Italia è sempre stata riconosciuta e stimata. E la prospettiva non è delle più rosee, pardon azzurre.

Dalle notti magiche all’arbitro Moreno
Sono gli anni in cui le sette sorelle prima e le big poi hanno sempre avuto (con alcune eccezioni) portieri italiani che in qualche modo sono entrati nella storia di quello che una volta era considerato il campionato più bello del mondo.
I vari Sacchi, Maldini e Trapattoni hanno potuto basare le proprie scelte per le varie competizioni internazionali su un bacino di quantità e qualità che è parte della leggenda.
Infatti, se durante le notti magiche di Italia 90 Vicini poteva contare su Pagliuca, Zenga e Tacconi, nel caldo torrido di Pasadena Sacchi aveva con sé ancora Pagliuca, Marchegiani e Bucci per quella maledetta lotteria americana.
Cesare Maldini, invece, poté addirittura rimpiazzare l’infortunato Peruzzi con Buffon, aggregandolo alla campagna di Francia a fianco dell’immortale Pagliuca e Toldo. Per non parlare del mondiale macchiato dall’arbitro Moreno, quando la batteria italiana di portieri convocata dal Trap annoverava Buffon, Toldo e Abbiati.

Dal Mondiale al mondiale mancato
Purtroppo la ricchezza italiana del ventennio precedente viene via via erosa sia dalla mancanza di alternative all’altezza dei predecessori che dall’arrivo di portieri stranieri con fortune più o meno alterne come Dida, Van der Sar e Frey per citarne alcuni.
Nell’anno domini 2006, in Germania, Lippi raggiunse la quarta stella con Buffon, Peruzzi e Amelia, mentre non riuscì a replicare il successo precedente in Sud Africa con ancora Buffon, De Sanctis e Marchetti.
La memoria non gioca brutti scherzi e l’ultimo squillo mondiale è quello a ritmo di samba del 2014, quando Prandelli si dimise con in lista l’alfiere italiano per eccellenza Buffon, Perin e Sirigu.

Che futuro adesso?
Dal Paris Saint Germain di Sirigu a quello di Donnarumma il passo può sembrare breve. Invece, a pochi anni di distanza, i migliori prospetti italiani di portiere faticano a trovare spazio nelle grandi squadre che monopolizzano non solo i primi posti in classifica, ma anche quelli che danno accesso alle coppe europee.
A parte il partente Donnarumma e l’ottimo Gollini, non convocato per questi Europei itineranti, le altre società non hanno portieri italiani titolari. È il caso di Inter e Juventus, nonostante la stagione tutt’altro che brillante di Handanovič e Szczęsny, e quello della Lazio, dove il trentottenne Pepe Reina ha scalzato il lungodegente Strakosha.
L’unica competizione degna di nota la si è vista alla Roma, con il duello Pau Lopez-Mirante (ex grande promessa), e al Napoli, con il ballottaggio Ospina-Meret.
In realtà di portieri interessanti nel panorama italiano ce ne sono eccome, a partire proprio da Meret, che si spera possa avere la fiducia che merita dal neo-assunto Spalletti.
La domanda però rimane: cosa hanno o cosa non hanno i vari Perin, Cragno, Audero e Scuffet per potersi giocare le proprie carte in una grande squadra? Non manca che gridare en garde!, con la speranza poi di dire chapeau.