Notizia recente è che in Italia le seconde squadre potrebbero esser introdotte a partire dal 2019/2020 a causa dell'esiguo tempo a disposizione della Federazione che non le consentirebbe di introdurre la qui citata novità già a partire dalla prossima stagione. 
Tutti le vogliono, tutti le acclamano, le bramano come se fossero la soluzione a tutti i mali che attanagliano il sistema calcistico italiano. Così non è, e così potrebbe in parte essere se il modello delle seconde squadre italiane ricalcasse quello spagnolo, modello in cui le squadre B hanno la possibilità di arrivare in seconda categoria

Ma cosa succede in Germania? 
Lì le seconde squadre hanno come limite massimo quello della terza serie, equivalente della Lega Pro italiana. 

Quale sarebbe allora la sostanziale differenza tra creare una squadra B, che al massimo delle possibilità possa competere in Lega Pro, e quello di spedire giovani e giovanissimi in prestito in squadre che militano appunto in quella stessa serie? 
Queste ultime, oltre a vedersi bloccati i ripescaggi proprio per consentire l'ingresso delle seconde squadre, subirebbero un danno economico non di poco conto: la perdita dei premi di valorizzazione per i giovani in prestito, su cui molte delle squadre di Lega Pro basa i propri introiti e le proprie fortune. 

Ginés Meléndez, coordinatore delle giovanili della nazionale spagnola, spiega che un giocatore di talento cresce solo se gioca in competizioni di un certo livello, in quanto il suo sforzo sarà maggiore e il miglioramento verrà di conseguenza. 
Un ragionamento logico, che chiunque può partorire, ma che forse qualcuno dimentica troppo presto. 
L'idea delle seconde squadre della Federazione dà l'idea di essere un tappabuchi, uno specchietto per le allodole ad hoc per chi vuole far credere di star ponendo delle fondamenta solide per la riforma del calcio giovanile in Italia. 

Come il sistema calcio tedesco quindi: ma il vero successo di questo sta nella profonda riforma dei settori giovanili, in cui sono stati investiti più di 300 milioni di euro dopo la cocente delusione tedesca di Euro 2000. 

''L'esperienza è il nome che diamo ai nostri errori'', scriveva Wilde. 
Di esperienza dovremmo averne da vendere, dopo le madornali disfatte di cui si è reso protagonista il movimento italiano. Invece no, si continua a parlare delle tanto acclamate seconde squadre da circa 4 anni senza però avanzare l'idea di uno straccio di riforma del settore giovanile che possa risollevare le sorti di un sistema calcio ormai in rovina da tempo immemore.