La notizia, sufficientemente clamorosa, riguarda il licenziamento dell'allenatore del Bayern Monaco, sotto contratto fino al 2026, evidenzia quanto, più dei soldi, è importante, per ogni Società, affidarsi a chi riscuote la fiducia di Dirigenza e Giocatori e se viene a mancare, non sentirsi obbligati a rispettare un contratto, per quanto oneroso. Eppure Julian Nagelsmann, nato il 23 luglio 1987,  fino a ieri era considerato fra i migliori allenatori di calcio, di formazione tedesca e la sua carriera era costellata di successi. Perchè quindi questa brusca frenata, dopo la vittoria al Bayern del campionato 2021-22 e due Supercoppe di Germania?

Appare fin troppo evidente, che ogni allenatore, per quanto bravo e preparato, se inserito in uno spogliatoio che non lo segue, o peggio, lo osteggia, a prescindere da colpe, risultati e atteggiamenti, sarà sempre obbligato a sottostare a quelle regole, non scritte, a cui non si può sfuggire, altrimenti si è destinati a fallire. E' successo a tanti, a quasi tutti, di trovarsi nella squadra sbagliata, al momento sbagliato. Pensate ad Ancellotti a Napoli, Pochettino a Parigi, o semplicemente a Conte, alla guida del Tottenham, o a Sarri, sulla panchina di una Società che in realtà lo disprezzava. Misteri del Calcio. Eppure quante volte abbiamo sentito questa frase: "Non potendo cambiare venti giocatori, cambiamo l'allenatore ". Una scelta obbligata, ma che dimostra quanto gli equilibri dello spogliatoio, specialmente di quelle squadre con giocatori esperti e meno giovani, siano sottili e complicati.

Sulla panchina della squadra più vincente di Germania, siederà Thomas Tuchel, l'ex tecnico di PSG e Chelsea. Anche lui allontanato, nonostante la vittoria della Champions, più da uno spogliatoio costantemente in fermento, che dalla nuova proprietà, subentrata ad Abramovic. Se poi anche Kloop, bravissimo allenatore del Liverpool incappa in una stagione negativa, rischiando di vivacchiare a centro classifica, appare evidente che il "Mito", dell'allenatore infallibile, svanisce definitivamente, lasciando spazio a ben altre considerazioni.

Gli allenatori, tutti, necessitano di TEMPO, per forgiare le squadre e vedere applicati i loro insegnamenti, ma è lo stesso "fattore tempo" a rilevarsi spesso quale causa di incomprensioni e malumori che portano a dividere gli spogliatoi e inevitabilmente a non raggiungere i risultati fissati. I "sergenti di ferro" e cioè quei tecnici che si affidano alla disciplina e al proprio carisma, per essere le guide indiscusse, dal potere assoluto, stanno sparendo, poichè oggi la cosa più difficile è proprio la gestione di spogliatoi numerosi e "l'uomo solo al comando" è fin troppo facile da attaccare e difficile da difendere.
Il Milan non è attualmente in condizione di essere paragonato ad un Top Club, come Bayern Monaco, Chelsea o altri, per il semplice fatto di avere pochi leader e quindi anche le problematiche della gestione dello spogliatoio sono di più facile soluzione. Eppure appare evidente, nel valutare le difficoltà che sta affrontando Mister Pioli, che i cali di attenzione e di impegno, da parte di molti giocatori, sono frutto di una carenza di fiducia proprio nei suoi confronti.
Basta leggere le interviste di questi giorni di Thiaw, Kjaer, Ibra o Kalulu, per capire quanto Maldini e Ibra, non a caso due calciatori dalla carriera brillantissima, siano i "punti di riferimento" per tutti e ciò, volenti o nolenti, limita il carisma dell'allenatore e l'efficienza delle sue proposte tecnico e tattiche. Che Mister Pioli usufruisca della costante presenza di Maldini, come di avere Ibra negli allenamenti, può essere più che giusto e comprensibile, ma se ciò produce un ridimensionamento del suo ruolo, ciò diventa grave e pericoloso. Non è assolutamente una questione di schemi o moduli da proporre, ma di leadership nello spogliatoio. Se la gestione del gruppo, che a me è parsa alquanto lacunosa, trova nei giocatori poco o nulla utilizzati, motivo di compattare gli scontenti, creando malumori e  amplificando le divisioni, sarà sempre più difficile estrarre motivazioni da un gruppo disunito e troppo facile scaricare colpe, con giustificazioni solo parzialmente comprensibili.

In soccorso dell'allenatore potrebbe venire la campagna acquisti e cessioni estiva, poichè la massiccia uscita di giocatori potrebbe portare ad un parziale cambio di passo. Ma parliamo comunque della prossima stagione, mentre questa viaggia praticamente su due binari, uno fin troppo complicato, ma supportato da motivazioni che vanno ben oltre al ruolo dell'allenatore, mentre in campionato è discontinuo. Tatarusanu e Mirante sono a fine contratto. Bakajoko e Dest rientreranno alle loro squadre, per fine prestito. Diaz e Vrancks difficilmente verranno riscattati. Ballò Tourè, Rebic e Adlì, sono fra i sicuri partenti, ma la lista è lunga e comprende molti altri, fra cui Origi, Pobega, Ibra, Gabbia e specialmente Leao, se non rinnova il contratto. Uno scenario per nulla trascurabile, perchè un "nuovo gruppo", supportato dai fedelissimi dell'allenatore, potrebbe ritrovare stimoli e concentrazioni, attualmente smarriti, tornando ad ambire a nuove vittorie, riproponendo quello spirito vincente che hanno saputo esibire e mettendo definitivamente alle spalle, tutte quelle le problematiche che attualmente bloccano gambe e cervelli. 

In questo scenario, valutare se sia opportuno cambiare Mister Pioli, anche se sotto contratto fino a giugno 2025, dovrebbe essere sufficientemente scontato. Anzi, proprio le strategie Societarie, rivolte ad investire sui giovani, senza affidarsi a "campioni", troppo costosi, dovrebbe obbligare a pretendere dal Tecnico, il più alto rendimento possibile, garantendo, più dei risultati ottenuti, una qualità del gioco proposto, di levatura assoluta. Quindi, avere un tecnico in grado di mettere il gioco al primo posto, a prescindere dagli interpreti. Cosa viceversa che non sembra minimamente essere messa in discussione. Pioli è ritenuto, a torto, privo di colpe e anche ne avesse, è stata sufficiente la qualificazione ai quarti di Champions per confermarlo alla guida del Milan. Anche se non raggiungesse le prime quattro posizioni di classifica in campionato. Uno sbaglio grave, sicuramente non da Top Club. Mister Pioli è stato bravissimo, ha contribuito ad una crescita generale, ma ha dimostrato anche i suoi limiti, non è una colpa, è una costatazione, ora servirebbe passare allo step successivo, alzare l'asticella e non adagiarsi su una vittoria per quanto bellissimaE se vincesse la Champions? Anche Capello, con ben altri giocatori, riuscì a vincerla, oltre a quattro scudetti in cinque anni, ma ugualmente non seppe proporre il calcio di Sacchi. 

Se viceversa il cambio di allenatore diventasse un'opzione reale, la storia del Milan suggerirebbe di indirizzarsi su un tecnico italiano, anche se Luis Enrique sarebbe una scelta perfetta proprio per il progetto intrapreso. Scartato De Zerbi, per la clausola da pagare, Thiago Motta, che sta lavorando benissimo a Bologna, potrebbe essere una scelta stimolante. Sarri avrebbe una sua logica, pur in assenza di quella pura eleganza estetica, ma la scelta più interessante, intrigante, ma anche rischiosa, potrebbe essere quella di prendere Antonio Conte.
Insomma, gli allenatori non mancano, l'importante è sapere dove si vuole arrivare, con o senza Mister Pioli.