Abbiamo perso molto negli anni di questo amato sport. Dalle battaglie avvincenti delle magnifiche 6, alle lotte in campo maschie e decise tra giocatori che si rispettavano "menandosi". Dai Presidenti che scendevano in campo con l'ombrello, agli allenatori che tra una sigaretta e l'altra si insultavano senza che qualche telecamera o qualche ben pensante potesse giudicarli "antisportivi".

Oggi ci troviamo davanti ad un calcio di prime donne, e poco importa il ruolo all'interno di una compagine perché la cosa che conta di più è lamentarsi. Ne è stata fatta una vera e propria arte. Una volta l'appellativo di "er lacrima" era dedicato soprattutto a quei commentatori sportivi che di sportivo avevano poco, ed erano gli speaker radiofonici delle radio locali. Personalmente da laziale mi ricordo che io stesso soprannominavo Guido De Angelis "Er Lacrima, così come avevano la fortuna di condividere lo stesso soprannome anche gli odiati cugini Marione e Carlo Zampa.
Purtroppo è stato un lento declino che ha coinvolto tutto il movimento calcistico, e questo declino è stato direttamente proporzionale all'ascesa della tv come protagonista assoluta.
Non so bene quando è cominciato, ai tempi di Tele+ o di Stream non mi ricordavo tutte queste lamentele, i panni si lavavano in famiglia. Oggi invece abbiamo opinionisti sofisti che trattano il pallone come fosse una non ben precisata arte oratoria della quale solo pochi eletti possono far parte, ai quali piace mettere luce su vicende che dovrebbero trovare spazio sui rotocalchi rosa invece che sulle prime pagine dei tg sportivi.
Abbiamo snaturato uno sport maschio per darlo in pasto al politically correct e così addio ai Cirillo che arrivano davanti alle telecamere di 90esimo minuto insultando Materazzi per avergli spaccato il labbro. Addio ai Mazzone che non parlava mai di arbitri o di dirigenza assente ma solo dei sui giocatori. Addio ai contrasti ruvidi di Couto, Montero, Davids, Nesta. Addio ai Pizzul, ai Sandro Ciotti, ai Luigi Necco. Per loro una partita era una partita e non un trattato filosofico da narrare, per loro non erano triangoli disegnati a caso su un tablet per spiegare una qualche sopraffina tecnica di gioco. Per loro era una professione, semplice e veritiera di come 22 ragazzi in campo provavano a fare ciò che il calcio vuole insegnare. Giocare e vincere le partite.
Oggi le telecronache sembrano una sorta di lezione oratoria dove più la spari grossa e più sembra che ci capisci di pallone, telecronache che sembrano delle messe domenicali grazie ai laconici commenti di alcuni commentatori che "ti prego fate si che arrivi un altro sciopero dei giornalisti così la vedo senza telecronaca".

Ma ritorniamo all'incipit.
L'importante è saper piangere al momento giusto. In campo vediamo giocatori a malapena toccati, rotolarsi a terra tenendosi la faccia neanche gli avessero sparato con un fucile di precisione a bruciapelo sulla rotola. Allenatori che invece di dire "abbiamo fatto schifo", vanno in tv e dicono "eh ma il calendario", "eh abbiamo riposato poco", "eh abbiamo i giocatori contati". Oggi abbiamo sostituito il calcio con le mere giustificazioni, e ben venga un Sinisa Mihajlovic che si sbrana la sua squadra quando perde malamente, o quando senza mezzi termini insulta Sky per le sue trasmissioni che con il calcio non hanno nulla a che vedere.

Inzaghi, dopo una stagione dove gli ha girato tutto bene, oggi piange perché ha i giocatori contati, mentre quello che dovrebbe fare è capire come mai la sua preparazione atletica è stata pari a quella mia che gioco una partita di calcetto ogni 6 mesi. La Lazio ha perso due partite imbarazzanti contro Lecce e contro il Sassuolo, e deve entrare nella testa di un allenatore, che se vuole giocare in Champions, queste scuse non esistono.
Conte va in Tv a giorni alterni, lamentandosi del mercato e del calendario dell'Inter, quando in realtà è uno degli allenatori più pagati della A (si tagliasse lo stipendio così l'inter potrebbe permettersi un altro top player), con uno dei Direttori Sportivi migliori. Lukaku, Sanchez, Young, Moses, Eriksen, Godin sono solo alcuni dei giocatori avuti come regalo, oserei dire che nemmeno la Juve ha avuto tanto.

Piangere ormai ha sostituito la semplice verità. Sempre alla ricerca di un alibi per il proprio fallimento. Non mi stupisco dunque che oggi il calcio sia seguito da mitomani e da piagnoni. E teniamoci forte che se il proverbio "non c'è limite al peggio" è veritiero, il prossimo anno ne vedremo ancor di più belle.

E.D.M.