"Non è vero, ma ci credo", si diceva in una celebre commedia firmata da Peppino De Filippo.

A questo punto, dobbiamo iniziare a credere che sia anche vero. Parliamo dell'ormai celebre maledizione di Pippo Inzaghi sulla Numero Nove milanista: la storia dell'umanità, in fondo, è piena di dannazioni ad ogni latitudine ed in ogni ambito, sempre utili per fornire una spiegazione ad eventi altrimenti inspiegabili. 

UNA STORIA MALEDETTA. Chi non conosce la Maledizione di Tutankhamon, che ancora oggi terrorizza gli archeologi di tutto il mondo? Risale al 4 novembre 1922, quando una squadra archeologica, guidata da Howard Carter e finanziata da George Herbert, conte di Carnarvon, aprì la tomba del Faraone egiziano vissuto durante il XIV secolo avanti Cristo. Pochi mesi dopo Lord Carnarvon morì a causa di un’infezione batterica, seguito dagli altri membri della spedizione.
Si pensi poi alla Maledizione del Re Polacco, iniziata nel 1973 quando un gruppo di archeologi a Cracovia aprì la tomba di Casimiro IV Jagellon, sovrano nel XV secolo: alcuni membri della spedizione iniziarono a morire poco dopo. Per dirla tutta, gli studiosi ritrovarono all’interno della tomba tracce di funghi in grado di causare malattie polmonari ove respirati. Ma poco conta: è un'altra maledizione di un sovrano dall'oltretomba.
Tragicamente affascinante è anche la Maledizione di Tippecanoe: verso la metà del XX secolo i media statunitensi iniziarono a notare che, a partire da William Henry Harrison e finendo con John Fritzgerald Kennedy, ogni vent'anni il Paese eleggeva un presidente che sarebbe morto mentre era in carica. Ad Harrison, eletto nel 1840 e primo presidente americano a morire in carica, seguirono Abramo Lincoln, James A. Garfield, William McKinley, Warren G. Harding e Franklin D. Roosevelt. Negli Anni Trenta si cominciò a vociferare riguardo ad una maledizione che il capo indiano Shawnee Tecumseh aveva lanciato su Harrison e sui futuri presidenti americani, dopo che le truppe dello stesso Harrison avevano sconfitto Tecumseh nella battaglia di Tippecanoe del 1811.
Poi c'è la Maledizione per eccellenza nel mondo del teatro, quella di Macbeth, secondo cui porterebbe sfortuna pronunicare tale parola se non durante la rappresentazione della medesima tragedia di Shakespeare. Pare che la responsabilità sia di Max Beerbohm, fumettista e critico britannico nato negli anni Settanta dell’Ottocento, che infastidito dal fatto che fosse un’opera così popolare, inventò una storia secondo la quale il primo attore scelto per interpretare Lady Macbeth, morì proprio prima della serata di apertura dello spettacolo.

LA MALEDIZIONE NEL PALLONE. Arriviamo finalmente allo sport, patria di superstizioni, riti quasi-magici e, quindi, maledizioni d'eccezione. E' molto famosa negli States la Maledizione del Caprone dei Chicago Cubs. Nel 1945 al proprietario di una taverna di nome William Sianis fu impedito di portare la sua capra domestica, Murphy, al Wrigley Field di Chicago per vedere i Cubs giocare con i Detroit Tigers nelle World Series. Sianis, furioso, lanciò quindi una “maledizione” sui Cubs, dicendo che non avrebbero mai più vinto una World Series. La maledizione si è spezzata solo nel 2016, quando i Cubs tornarono al trionfo nell'ambita competizione.
Infine, il nostro terreno preferito anche quando trattiamo di argomenti paranormali e soprannaturali: il calcio. La Maledizione di Bela Guttman sul Benfica fa scuola da decenni in tutto il mondo pallonaro. Guttman era il tecnico del Benfica più vincente di sempre: dopo aver dominato sia il campionato 1959/1960 che quello successivo, vinse due Coppe Campioni consecutive nel 1961 e nel 1962, battendo in finale prima il Barcellona e poi il Real Madrid.
Dopo il secondo trionfo, tuttavia, non arrivò il premio economico concordato con la società di Lisbona e mister Guttman, molto sensibile riguardo al denaro, decise di dimettersi lanciando il celeberrimo anatema: "Il Benfica non vincerà un trofeo internazionale per 100 anni!".
Beh, da quel giorno il Benfica ha giocato e perso ben 8 finali di coppe europee consecutive: dalle Coppe Campioni perse contro Milan (1963), Inter (1965), Manchester United (1968), PSV Eindhoven (1988) e ancora Milan (1990), passando per la Coppa Uefa contro l'Anderlecht (1983) e due Europa League consecutive contro Chelsea e Siviglia (2013 e 2014). Un incredibile stillicido di sconfitte all'ultimo atto, a cui si potrebbero aggiungere ben tre sconfitte in finale di Uefa Youth League (la "Champions Primavera") nel 2014, 2017 e 2020. Sono passati "solo" 59 anni dalla maledizione di Bela Guttman.. ne mancano ancora 41 con buona pace dei supporter dello storico club lusitano
Ma la Maledizione che aleggia sul calcio nostrano, in special modo sul Milan, è quella della Numero Nove di Inzaghi. Il 13 maggio 2012, Superpippo segna l'ultimo gol della sua strepitosa carriera da centravanti di razza, ultimo dei 126 gol realizzati in maglia rossonera proprio nel giorno della trecentesima presenza.

Inzaghi smette col calcio giocato non per scelta propria, ma per decisione di Max Allegri (all'epoca tecnico scudettato del Milan) avallata dalla dirigenza rossonera: uno smacco imperdonabile e doloroso per Superpippo, che con i suoi gol aveva regalato al Milan 11 anni successi sopratutto in campo internazionale, dove Inzaghi riuscì nell'impresa di andare a segno in tutte le finali giocate (dall'indimenticabile doppietta che stese il Liverpool in finale di Champions League nel 2007, fino ai gol nelle vittorie di Supercoppa Europea contro il Siviglia e del Mondiale per Club contro il Boca Juniors). Una storia d'amore viscerale, quella tra Superpippo ed il popolo rossonero, che porterà in bacheca due Scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe Italiane, due Champions League, due Supercoppe Uefa ed un Mondiale per Club: in mezzo, il Mondiale vinto in Azzurro nel 2006 ed il titolo di capocannoniere italiano della storia della Coppa Campioni/Champions League (50 gol). Pippo, suo malgrado, decise di non tradire la maglia rossonera: anzichè svernare su altri lidi, appese le scarpette al chiodo per intraprendere la carriera di allenatore: da quel momento in poi, la gloriosa Numero Nove rossonera, maglia già indossata da gente del calibro di Marco Van Basten, George Weah e Gunnar Nordhal, sarà stregata. Letteralmente.

UNA MAGLIA STREGATA. La maledizione comincia con il brasiliano Alexandre Pato, astro nascente del calcio mondiale e fino a quel momento bomber implacabile, che nel 2012 decide di lasciare la Numero 7 per prendere la maglia che fu di Superpippo: segna appena due reti, prima del clamoroso addio al club rossonero.
Seguono, a stretto giro, Alessandro Matri (1 gol in 18 partite), Fernando Torres (1 gol in 10 partite), Mattia Destro (3 gol in 15 partite), Luiz Adriano (6 gol in 29 partite), Gianluca Lapadula (8 gol in 29 partite), André Silva (10 gol in 40 partite).
Sconcertati da numeri clamorosamente striminziti, nel 2018 il Milan del redivivo Leonardo decide di puntare sul sicuro, sul record-man di gol in Serie A Gonzalo Higuain, uno dei più grandi attaccanti al mondo nonchè giocatore più pagato della storia del nostro calcio: ma anche lui viene colpito dalla Maledizione di Superpippo, 8 reti in 22 presenze prima di fuggire da Milanello a metà stagione.
Dopo di lui, il Milan punta sull'emergente "Pistolero" Krzysztof Piatek, il quale opta per la maglia Numero 19 e parte davvero forte, realizzando 11 goal nelle sue prime 21 presenze in rossonero. L'ego, poi, ha la meglio anche sul polacco, che sfida la sorte ed indossa la Maledetta Nove. Risultato: 4 gol in 18 partite e fuga da Milano anche per lui.
Persino il totem Zlatan Ibrahimovic, un uomo la cui autostima non ha certo bisogno di presentazioni, tornato al Milan ha preferito girare alla larga: prima la numero 21, poi la numero 11. E tanti gol, ovviamente.
L'uomo che ha sfidato nuovamente la sorte è Mario Mandzukic, arrivato nel gennaio 2021 per aiutare la squadra di Pioli a centrare un posto in Champions League (e magari qualcosa in più, si diceva..). Il croato va subito fuori dai giochi a causa di una serie di infortuni che l'hanno reso disponibile per soli tre spezzoni di gara. Senza gol ovviamente, lasciando il triste tabellino della Numero Nove fermo a 44 gol in 9 anni. Nonostante intorno a lui non regni certo la fiducia, il croato ha a disposizione le ultime 9 partite della stagione per mettere fine a questa maledizione ed anche ad un'altra, meno nota ma altrettanto implacabile, firmata sempre Superpippo Inzaghi. 

LA MALEDIZIONE DELL'EX BIANCONERO. Il centravanti italiano è stato, di fatto, l'ultimo giocatore "azzeccato" che il Milan ha pescato dalla Juventus: dopo il suo trasferimento nell'estate del 2001, tutti i cambi di casacca dal bianconero al rossonero sono stati terribilmente negativi per il club milanista.  Nicola Legrottaglie ha fatto in tempo a giocare pochi minuti da subentrato, in una sola partita, prima di uscire per infortunio e sparire per sempre dai radar. Alessandro Matri, già citato tra le vittime della Numero Nove, arriva in rossonero dopo aver segnato gol-scudetto decisivi a Torino: abbiamo già detto com'è andata a finire. Cosa dire di Leonardo Bonucci? Simbolo del tragico mercato cinese, arriva al Milan con la fascia di capitano al braccio e con i propositi di "spostare gli equilibri", salvo tornare clamorosamente in bianconero dopo una stagione ai limiti del tragicomico. Al suo posto, arrivano in rossonero Higuain (anche lui, già citato sopra) e Mattia Caldara, forse il caso più clamoroso di tutti: valutato 40 milioni, in un anno e mezzo non gioca una sola partita di Serie A, facendosi male a ripetizione prima di essere rispedito (ma con possibilità di ritorno) a Bergamo.
Tocca al buon Mario (bianconero dal 2015 al 2019 prima di una brevissima esperienza in Qatar) provare a sfatare anche questo tabù: le partite a disposizione sono poche e la sfiducia intorno pare tagliarsi con un coltello.
Ma Mario sembra avere la corazza giusta per questa doppia missione, che ha visto mietere tante vittime illustri. Basterà?