Mentre i tuttologi cominciano a sparare bordate calciomercatali, il vero tifoso si interroga sul voto da assegnare alla stagione milanista e tenta piccoli sogni in rossonero, senza fare voli pindarici col rischio di ri-cadere dall'alto. 

La proprietà è latitante.
Al di là del giudizio sulle ricchezze di Li e la propria solvibilità, mancano le parole di un Presidente che invece certe parole in certi momenti deve dirle, anche se non le pensa al 100%.
Fassone mesi fa in tempi non sospetti (...) si lamentò pubblicamente della "solitudine" in cui i cinesi l'avevano confinato, giustificando il fatto coi diversi usi e costumi della gente del lontano est.

A proposito della solitudine dell'Ad, è un tratto caratteriale che gli appartiene al di là delle questioni professionali e milanistiche. Appare persona oberata di responsabilità e depositario di verità ineffabili. Il suo CV e i suoi skills ci raccontano di un uomo di marketing alla prima esperienza da comandante di una nave. Gode delle attenuanti del caso ma non dell'immunità di fronte ai tifosi, che nel mondo sono tanti e - compatibilmente con le esigenze di business che un Ad del Milan non può non considerare prioritarie - qualcosa devono pur venire a sapere: qualcosa di tangibile e vero.

​Mirabelli è un rebus. Alla luce della stagione appena terminata, solo alcune delle sue intuizioni si sono rivelate azzeccate. Mi riferisco alla qualità assoluta dei calciatori neo-tesserati prima ancora che al rapporto qualità-prezzo. Nel rapporto coi procuratori ha segnato una traccia apprezzabile, diventata un solco capace di tenere a distanza i furbetti del quartiere. Ma non basta. Ora che sa con chi non aver a che fare, il Ds deve trovare gli interlocutori giusti con cui lavorare. Ex uomo-scouting ora proiettato in una dimensione assai gravosa, senza i collaboratori adeguati e con pochi paracadute ormai già utilizzati, in fondo in fondo anche lui sembra affetto da solitudine.

​Gattuso invece è una certezza. Certezza di solidità, concretezza e milanismo. Certezza, ahimé, anche di allenatore non ancora scaltro e audace da andare oltre "i piccoli passi". Piccoli perché se è vero che il suo Campionato è stato positivo, è altrettanto vero che il sesto posto è lo stesso di un anno fa, così come la sconfitta in finale di Coppa Italia. Quanto ai momenti decisivi della stagione (il derby-spareggio Champions e la sfida con l'Arsenal), il giudizio non può essere più generoso di un "rimandato".
Ringhio ha spesso parlato di asticella da alzare: l'impressione è che anche lui abbia fatto fatica a scavalcarla senza buttarla giù, ogni volta che ha provato a guadagnare qualche centimetro.

Di Donnarumma, Bonucci, Rodriguez, Biglia, Kessié, Bonaventura, Suso, Kalinic, André Silva e compagnia... magari parleremo in un'altra occasione.