LETTERA APERTA A MARCO TRAVAGLIO

0. ANTEFATTO.
Per conoscere l'antefatto, si faccia riferimento all'articolo scritto recentemente da Alain Elkann, che descrive il suo viaggio irto di perigli, in treno da Roma a Foggia, circondato da adolescenti maleducatissimi, che Alain chiama per affinità nei modi, non certo forbiti: Lanzichenecchi.
E subito dopo, all'articolo di Marco Travaglio: Marco Travaglio Alain e i giovani d’oggi del fatto quotidiano nel quale Travaglio ripercorre i tratti salienti della descrizione fatta da Elkann e sostanzialmente lo sbeffegia per la lontananza che Elkann dimostra tra sè e i giovani d'oggi.

1. CARO MARCO TRAVAGLIO
Caro Marco, ti seguo da molto tempo, per l’esattezza dai tempi in cui finì sulla mia scrivania, regalo di compleanno di un mio amico dell’epoca, un tuo libro: “Regime”, scritto a quattro mani con Peter Gomez. Ti seguo con la convinzione che nel panorama giornalistico italiano, una figura come la tua sia “necessaria”, un po’ come lo fu a suo tempo quella del maestro, Indro Montanelli. Sono, come si dice, un tuo simpatizzante; ma sono sicuro ti farà ancor più piacere sapere che la mia simpatia e stima per te, e per quello che dici, non è  mai a scatola chiusa, non è a prescindere da ciò che dici, dalle idee che, di volta in volta esprimi. Il vaglio critico attraverso il quale sfilano i tuoi concetti nella mia testa, è sempre in modalità ON. E sono sicuro che questa premessa renderà molto più interessante, qualora dovessi leggere questa mia, ciò che mi accingo a dirti:
Rivedo spesso i tuoi video dei “bei” tempi di quando ci eravamo posti l’obiettivo, io con i miei mezzi e con i miei limiti, tu col tuo talento di comunicatore e giornalista, di tenere il popolo italico vigile e reattivo davanti ai pericoli per la democrazia che certi personaggi rappresentavano. La battuta di Berlusconi sul fatto che lui rappresentasse per te il tuo core business, in fondo dice una cosa vera, ma la tua buona fede sul tuo contrapporti a lui, per quel che mi riguarda, non è mai stata messa in discussione. Berlusconi “Che Dio l’abbia in gloria” era... (soprassediamo), e il nostro dovere era quello di aprire gli occhi della gente.

Adesso, però che Berlusconi non c’è più, dopo qualche settimana di tuo comprensibile smarrimento, ho l’impressione, o forse dovrei dire il sospetto, che tu, insieme ai tuoi collaboratori/amici che ti sostengono in queste battaglie, abbiate buttato giù un “identikitdel nuovo soggetto da mettere sotto la lente d’ingrandimento, colui da cui l’Italia, grazie anche al tuo contributo di giornalista, verrà “salvata”. Identikit realizzato tenendo conto di molteplici fattori, tra i quali, anche l’età, che dovrà essere tale da non doverti costringere tra qualche anno ad individuarne uno nuovo. Questo qui, scelto stavolta, ti accompagnerà nei tuoi editoriali sarcastici e nelle tue denunce al vetriolo fino alla fine della tua attività giornalistica, per sopraggiunti limiti di età.

2. FARI PUNTATI SU JOHN
Ebbene, caro Marco, la mia impressione è che tu abbia individuato in John Elkann colui che ti permetterà, adesso che Berlusconi non c’è più, mi perdonerai l’ironia, di mettere a tavola un piatto di lenticchie sicuro, fino alla pensione. Il discorso è che Berlusconi, col suo modo di fare da venditore di pentole antiaderenti, aveva tutte le caratteristiche per resistere ai ripetuti attacchi, tuoi di Santoro e di tutti gli altri, e persino di giovarsene! John al contrario, col suo sorriso un po’ infantile, e le sue buone maniere, assomma in sé i tratti della vittima preferita del bullo. Altro che Berlusconi!

C’è poco da fare - e parlo di Elkann jr. - se la vita ti ha dato e ti dà tutto quello che tu le chiedi, semplicemente perché l’hai chiesto dicendo “per favore”, sei sicuramente il mio vicino di casa ideale, ma se non avrai avuto cura di sceglierti degli amministratori capaci, all’occorrenza, di commettere atti di cannibalismo, senza provare il minimo rimorso, le tue aziende avranno vita brevissima. I vari Gabetti e Franzi Grandi Stevens, ne sono certo, avranno dedicato ogni ora rimanente della loro vita a istruire John a resistere agli attacchi degli squali, in primis avvalendosi di squali con dentature ancora più affilate. E se qualcuno pensa mi riferisca a Marchionne si sbaglia di grosso, perché Marchionne, che era simpatico come una ragade anale, a parte Termini Imerese, che era letteralmente una cattedrale nel deserto, priva di ogni minima infrastruttura, costruita solo ed unicamente per accontentare esigenze di tipo politico, ma che era di fatto destinata, una volta staccata la spina degli aiuti, lasciata libera di confrontarsi con la concorrenza, non dico di stabilimenti cineseggianti, ma anche di qualsiasi stabilimento italiano, ad avere vita breve. Ogni Lancia Y  prodotta a Termini che veniva consegnata, “chiavi in mano” al cliente, comportava per il gruppo un rosso aggiuntivo di 1000€!

A parte Termini Imerese, come dicevamo, Marchionne, in tutta la sua gestione, non ha chiuso nessuno degli stabilimenti italiani più significativi, e questo fronteggiando a viso aperto la concorrenza di case asiatiche o europee, che, entro i propri confini nazionali non producevano più neanche un bullone.

Parlando invece di squali veri, l'esemplare tra essi col patrimonio genetico più simile al T-Rex che sia mai stato rinvenuto, quello a cui mi riferivo poc’anzi, risponde al nome di Carlos Tavares, il quale, a vederlo nelle foto insieme a John, non dà minimamente a vedere di essere uno che 5 minuti prima di scattare quella foto fosse intento a spolpare una godibilissima cosciotta di sindacalista, oppure una succulenta costina di operaio, oppure il cuore (condito con l’aggiunta di una foglia di lauro è la morte sua) di un amministratore delegato di qualche azienda fornitrice, da spremere come un limone e poi lasciar fallire, ma piuttosto di un innocuo salesiano alla Don Bosco, alla Leonardo Murialdo o alla Piergiorgio Frassati, uno di quei sacerdoti dediti alla cura dei più poveri, e dei derelitti. Cosa voglio arrivare a dire con questo? Che la scelta del sostituto di Berlusconi da te operata non la condivido. Non mi entusiasma, non solletica né sollecita in me reazioni particolarmente indignate, necessarie per trovare l'ispirazione per le conseguenti battute sarcastiche con cui colpire e poi stendere al tappeto l'avversario. Si tratta di persone completamente diverse: la prima un vero gaglioffo, persona che non ha mai sentito l’esigenza di ripercorrere la sua vita e valutarla da un punto di vista morale. John invece si trova ad operare in un contesto di squali, cercando di sopravvivere e di far sopravvivere quello che ancora rimane di italiano del gruppo Stellantis. Una persona che lungi dal ritenere un santo, suscita in me più compartecipazione che avversione.

3. IL MOTIVO DI QUESTA MIA LETTERA APERTA
Fatta questa introduzione, arrivo al motivo di questa mia lettera aperta, indirizzata a te, e a chiunque altro in questi giorni, in maniera assolutamente pretestuosa ha acchiappato al volo l’orinata di Alain Elkann, leggermente fuori dalla tazza per avere l’imperdibile occasione di attaccare John, criticando suo padre, criticando il suo articolo, senz'altro ingenuo, senz'altro antipatico. Comincio col dirti che sebbene il tuo articolo a commento dell'articolo di Elkann sia simpatico e con qualche  spunto divertente, non penso sarebbe stato l'articolo che avresti deciso di scrivere, se avessi avuto pienamente la possibilità di scegliere. Il mio sospetto è che quell’articolo doveva essere scritto per “necessità”, per seguire una logica ben studiata, e che se l'oggetto della tua ironia non fosse stato il padre di John ma una persona qualsiasi, con qualche problema con le nuove generazioni, non sarebbe interessato a nessuno. Alla fine, Marco, diciamocelo con franchezza, alcuni dei punti su cui basi la comicità del tuo pezzo sono simpatici, ma non sconvolgenti. Con un pezzo come questo si può rischiare di finire per essere persino più patetici di colui che, a tratti, patetico lo è sicuramente stato. Lo scontato color marrone del cuoio della cintura. La mancanza, tra i giornali citati, della Stampa. Oppure l’uso scorretto delle virgole in pieno stile: “maestra, maestra, Alain non sa usare le virgole ed io invece siii, tiè”… Dai… Marco…

4. MASSIMO ESPERTO DELLA PSICHE DEI NUOVI ADOLESCENTI
Il tuo sarcasmo
nei confronti dell'articolo di Elkann da un lato è divertente, perché mette in risalto addirittura la paura che quei ragazzi suscitano, secondo Elkann negli altri passeggeri, ma, dall'altro, ti colloca in modo assolutamente autoreferenziale nella categoria di coloro che conoscono talmente bene i misteriosi anfratti dell’essere adolescenti oggi da quasi sorridere del fatto che altri non lo siano, né potrebbero mai diventarlo: non si può certo diventare un guerriero della notte in un giorno, lo si diventa convivendo una realtà di disagio che Elkann si può solo sognare.
Verrebbe da proseguire la frase dicendo: “mica come te, Marco, che di realtà disagiate te ne intendi e che quindi, delle reprimende di Elkann e delle sue lamentazioni, ti puoi fare beffe!”.
In realtà, senza che te ne renda conto, denoti anche tu scarsa conoscenza di quello che i giovani sono diventati oggi. Tu vuoi essere quello che si fa beffe di Alain, ma in realtà non capisci che anche tu nel tuo articolo dimostri di essere ben lontano dalla realtà. I giovani sicuramente patiscono delle scelte sbagliate, per usare un eufemismo, dei propri genitori. Questo è fuor di dubbio, ma dare sempre ragione ai ragazzi semplicemente perché sono figli di una generazione di gaglioffi, non sarebbe vero e neanche giusto, e il ritratto che ne verrebbe fuori sarebbe di una generazione completamente sollevata da ogni responsabilità, semplicemente perché chi è venuto prima di loro era una carogna che ha fatto dell'Italia un cumulo di macerie.

5.  PROVERO’ A FARTI CAMBIARE IDEA
Con questa mia lettera aperta, caro Marco, proverò a farti cambiare idea, raccontandoti qualcosa che ti farà vedere i tuoi “amici” “lanzichenecchi” sotto una nuova luce. Erano anni che lavoravo nell'ambito della ricerca ma senza più quelle motivazioni che un tempo mi avevano permesso di raggiungere risultati ragguardevoli. Mi ritornava sempre in mente ciò per cui avevo iniziato a studiare tanti anni prima, e cioè per il piacere un giorno di trasmettere agli altri ciò che avevo imparato, cercando di renderlo piacevole. Quando un giorno dissi a mio figlio, così, buttata lì, senza avere in mente niente di preciso, che ero stanco del mio lavoro, e che stavo seriamente considerando l’idea di fare domanda presso il ministero dell’istruzione per seguire il sogno della mia vita, stare a contatto coi ragazzi e trasmettere loro ciò che so: fare l’insegnante. Quando dissi questo a mio figlio, tutto mi sarei aspettato tranne una reazione così drammatica. Non scendo nei dettagli, dico solo che mi fece giurare che non l’avrei mai fatto. Pensarmi dentro una classe di ragazzi strafottenti, per nulla intenzionati a seguire la lezione, troppo impegnati a giocare coi cellulari, o a mettere all’opera ciò che la loro fantasia becera gli avesse suggerito: il prossimo scherzo pesante da fare all’insegnante o ai pochi che avessero avuto voglia di seguire quello che tra le urla dei più maleducati avrei cercato di trasmettere. Pensarmi lì, in quel girone dantesco dentro cui lui ogni giorno viveva le sue eroiche giornate in preda ai suoi personali lanzichenecchi gli era insopportabile. Ma di quale Matematica stavo parlando? Ma di quali valori che avrei voluto trasmettere loro stavo cianciando? L'unico valore che mio figlio intravedeva nel passare le proprie giornate con quelli lì, coi tuoi lanzichenecchi, quelli che ti fanno sorridere bonariamente, vittime di noialtri “normali” che proprio non ce la facciamo a capirne le motivazioni più profonde, era di sviluppare la capacità di resistere a tutto. Di sopravvivere al peggio, per poi avere la capacità di affrontare le difficoltà della vita tutte in discesa: il valore grande della resilienza. La mia passione per i ragazzi, per le loro speranze che mi sarebbe tanto piaciuto coltivare, speranze di un domani migliore, di cui ognuno di loro avrebbe dovuto essere portatore sano, tutto questo, che fine aveva fatto? Roba superata, da non dire a nessuno, neanche per scherzo, neanche per far ridere qualcuno.

6. TI PRESENTO I MIEI LANZICHENECCHI
E te ne dico subito un'altra, caro Marco, affinché la tua fragile resistenza ceda definitivamente, e tu capitolando, non possa fare altro che darci ragione: Da che mondo è mondo, caro Marco, i tatuaggi sono decorazioni del proprio corpo a cui ricorrono marinai e galeotti, entrambe categorie con le quali (me ne scuserai) non è mio desiderio prioritario passare del tempo. Non mi vergogno nel dire che, qualora dovessi trovarmi a contatto con una persona tatuata persino in faccia, questa per me non rappresenterebbe un'esperienza costruttiva che mi permetterebbe di avere una visione più consapevole del mondo. Semplicemente saprei che esistono delle persone che circolano a piede libero con la faccia completamente deturpata da segnacci di cui loro stessi si pentiranno nel giro di qualche lustro. Stessa cosa dicasi per i piercing che mi sembrano pure e semplici manifestazioni dell'idiozia più totale di chiunque ne faccia uso. Sembra quasi che queste persone, pur conoscendo benissimo la reazione quasi sempre sgradevole che provoca la visione di loro, pitturati e deturpati, con della ferraglia inserita in faccia e in ogni altra parte del corpo si divertano e traggano piacere dal vedere le nostre facce schifate o addirittura impaurite. E uno si chiede: ma perché queste persone invece (come è sempre stato, da che mondo è mondo) di cercare di mostrare di sé il loro lato migliore, trovano invece conveniente far vedere di sé il proprio lato peggiore, quasi come se qualcuno per conoscere chi veramente esse sono, debba superare una prova di coraggio o di sopportazione di visioni raccapriccianti. A vedere loro, sembrerebbe quasi che i meccanismi della socialità non necessitino più del concetto di educazione, che anzi non serva ad altro che a promuovere rapporti falsi, ipocriti, da sepolcri imbiancati.

Mi rifiuto di accettare l'idea secondo cui vada bene abolire il concetto stesso di educazione. L'educazione serve per convivere in modo accettabile con gli altri. Se una persona vuole riposare e a fianco a lei ce n'è una che invece se ne frega, e grida a più non posso, nemmeno sotto tortura, nemmeno a costo di essere sgozzato potrei mai dire che ad avere ragione era quello che gridava e non quello che invece chiedeva pacatamente un comportamento più socialmente accettabile. Anch'io spessissimo ho a che fare coi miei lanzichenecchi che hanno, incredibile a dirsi, caratteristiche molto simili a quelle descritte dal povero Alain, peccato che io li incontri e abbia più a che fare con loro in un luogo che non diresti mai: in uno spazio comune chiamato mensa aziendale. Spazio in cui, molto democraticamente, accedono operai (sicuramente ex lanzichenecchi civilizzati), tutto sommato tranquilli quadri e dirigenti (lanzichenecchi solo nelle intenzioni, ma privi del fisico adatto per esserlo), ma soprattutto un'orda chiassosa di diplomati/laureati alle facoltà del 3x2, nettamente i più indisciplinati di tutti. Molti di questi rispondenti alla descrizione del povero Alain, un giorno me ne erano capitati a fianco 2 che si erano messi a sedere, uno di fronte all'altro talmente sbracati da avere la testa praticamente ad altezza di tavolo. Due facce patibolari, che avrei sicuramente faticato meno ad immaginare nel contesto di una casa circondariale qualsiasi. Non temevo per la mia vita semplicemente perché mi trovavo con questi due ceffi in un luogo dove comunque erano presenti decine e decine di altre persone, ma non esagero nel dire che se avessi incontrato questi due ceffi in un vicolo stretto e privo di illuminazione non avrei neanche aspettato di sentirgli dire la frase: “o la borsa o la vita”, me la sarei data a gambe molto molto prima di ricevere la benché minima minaccia, naturalmente lasciandogli il portafogli per terra per guadagnare qualche secondo di vantaggio nella fuga.

A volte quando vado in mensa e vedo questi personaggi maleducatissimi mi ricordo di mia madre e di quanti sacrifici ha fatto per darmi un'educazione, e farmi laureare presso un ateneo così prestigiosa come il Politecnico di Torino. Temo non sarebbe stata granché contenta di vedere che fine ho fatto. A fianco a quali personaggi beceri devo ogni giorno mangiare condividendo il tavolo, oppure condividendo lo spazio davanti alla macchina del caffè, o in ogni altro posto dove chiassosi e noncuranti di dar fastidio a chicchessia si comportano esattamente allo stesso modo dei Lanzichenecchi di Elkann.

7. TI E’ ANDATA BENE
Insomma, caro Marco, a te, che fai tanto lo spiritoso sulle considerazioni, magari narrate in modo un po’ bambinesco e presuntuoso da Alain, posso solo dire che, ad occhio e croce, se ti senti così vicino a loro, forse è perché gli incontri ravvicinati che tu hai avuto con queste orde barbariche non è mai stato particolarmente sconvolgente. Come ti ho accennato parlandoti dell’esperienza di sopportazione di mio figlio, e della mia, a contatto quasi quotidiano con i nostri personali lanzichenecchi sarebbe potuta anche andarti peggio. Non certo perché questi maleducati siano davvero fisicamente così pericolosi, come qualcuno potrebbe anche motivatamente immaginare, guardando il loro tatuaggi da galeotti, ma perché condividere le proprie giornate con i lanzichenecchi è una fatica ed una condanna da cui solo pochi giornalmente possono dirsi fortunatamente esonerati.

8. L’EDUCAZIONE SERVE. LASCIATE STARE JOHN
Caro Marco, l’educazione serve. E non è ipocrisia, ma rispetto per gli altri. Io posso a malapena influenzare il pensiero delle poche persone che conosco, ma tu hai molta più influenza di me, e mi spiacerebbe tanto vedere che, su mandato di qualcuno, tu sostenessi tesi non tue, semplicemente per fare la guerra a qualcuno che, lo ribadisco, in questo periodo, più che mai, non merita di essere osteggiato, ma sostenuto!