Caro Presidente De Laurentiis,

chi le scrive è un tifoso del Napoli, del suo Napoli.
Non appartengo alla categoria di tifosi che “sragionano”, come lei spesso usa definirci perché hanno come unico desiderio la vittoria, a prescindere. Proprio perché credo di ragionare, so perfettamente che questa squadra, benché da anni ci regali soddisfazioni come il bel gioco, i secondi posti e le partecipazioni alla Champions League, non vincerà mai, nonostante in più occasioni lei abbia dichiarato (l’ultima volta ieri ai microfoni di SkySport) che prima o poi riusciremo a battere la Juventus e di conseguenza a vincere lo scudetto. O un'Europa League.
Il motivo è semplice: la mentalità. Non l’abbiamo. O, se c’è, è davvero troppo piccola. Quando il gioco si fa duro, i duri non cominciano a giocare. Mi permetto di richiamare la celebre frase di John Beluschi in “Animal House”, giusto per restare in tema cinema, quel cinema a lei tanto caro.

Quando arriva il momento decisivo il Napoli evapora, come successo ieri contro l’Arsenal o come successo contro il Liverpool nel match che avrebbe dovuto decidere chi tra Reds e azzurri sarebbe andato agli ottavi di Champions. E anche in passato quando era giunto il momento del salto di qualità, lo si falliva sempre. Ma a determinati livelli, se te la fai sotto come successo all’Emirates, potrai sempre e solo partecipare. Per carità, non sono uno di quelli che la criticano o che ce l'hanno con lei per partito preso, anzi, personalmente le sarò sempre grato per quanto fatto per la mia squadra.
Non dimentico il fallimento, gli anni della serie C o della serie B. Non potrò mai parlare male di lei considerato che la sua rappresenta la seconda migliore era della storia partenopea dopo quella di Ferlaino e Maradona. Dopo che tuttavia ci ha regalato una squadra capace di sfidare un paio di volte la Juventus per la lotta al titolo o di qualificarsi continuamente in Europa. E dopo che con lei la nostra piccola bacheca è tornata ad ospitare trofei, due coppe Italia e una Supercoppa. Dico solo di non fare promesse che non può mantenere, come appunto lo scudetto o titoli di pari livello. 

Perché? Perché la sua gestione aziendale non contempla l’acquisto di determinati giocatori, già pronti per determinati obiettivi e dunque con la giusta personalità e mentalità. Il dover vendere ogni anno un pezzo da 90 per rimpiazzarlo con giovani di qualità ma acerbi che una volta affermatosi vengono a loro volta venduti alle big, ha come conseguenza la mancanza di una crescita definitiva che possa dar vita a una squadra pronta.
Vogliamo parlare poi di alcuni giocatori che in certe partite sono improponibili? Come i due terzini Hysaj e Mario Rui. Leggo spesso la sua intenzione di rinnovare il contratto dell’albanese. Leggo addirittura che pretende un ingaggio da 3,5 milioni all’anno.
Mi stia a sentire, gli dia un calcio in c... a lui e a quel suo rompipalle di procuratore. E gli dica che si porti via anche il portoghese. Mi scusi per la digressione, torniamo a noi.
So perfettamente che lei non farà mai un’eccezione alla sua politica. Lo ha ribadito più volte che non farà debiti pur di vincere. Ci mancherebbe, chi siamo noi per dire come gestire la sua azienda? Chi siamo noi per pretendere? Ma le ripeto, non faccia promesse da politico, sia chiaro. Tanto noi saremo sempre lì, a tifare, soffrire, gioire di tanto in tanto, sperando che un giorno gli astri si allineino in modo da regalarci una vittoria. Ma non basterà avere a vita sulla panchina Ancelotti. Per quanto possa essere esperto, vincente e abituato a certi livelli, in campo non scende lui.
Per tornare al cinema, è come se lei, da produttore qual è, affidasse la regia di un film che punta all’Oscar a Jerry Calà e la sceneggiatura a Federico Moccia. Capisce bene che non si arriva nemmeno alla nomination...