L'estate sta finendo e un anno se ne va. Sto diventando grande lo sai che non mi va. In spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più. È il solito rituale, ma ora manchi tu.

Sono passati trentaquattro anni da quando i Righeira cantavano l’Estate sta Finendo, canzone che nel lontano 1985 spopolava tra le radio nazionali e riprodotta, a gettone, dai “mitici” jukebox (ogni Lido ne possedeva almeno uno). Avevo poco più di dodici anni, una vita davanti e il grande desiderio di lasciare alle spalle l’ultimo anno, sudato, delle scuole medie.

Per carità sono stati anni fantastici, indimenticabili, anche se vissuti con una maledetta voglia: quella di diventare grande prima possibile.
Il futuro scolastico era stato pianificato: Istituto Tecnico Industriale “A. Righi” di Cerignola. In realtà, “io” avevo altre ambizioni!

Meglio non pensarci per ricordare semplicemente il “bello” di quel periodo: quando in estate papà si spogliava, dei panni stretti d’impiegato che odiava, per vestire quelli più gratificanti dell'autista allo scopo di portarmi al mare, Adriatico, con tutta la famiglia (formata da mamma e due fratelli).

La, languidi bri, brividi. Come il ghiaccio bruciano quando sto con te. Ba, ba, ba, baciami siamo due satelliti in orbita sul mar.

Il viaggio durava suppergiù una quarantina di minuti per una distanza di trenta-trentacinque chilometri e non iniziava se, prima, non recitavamo a memoria il "Padre Nostro” rivisitato per l’occorrenza: “Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo cosi in terra. Accompagnaci, sani e salvi, durante questo viaggio e fai in modo che il ritorno sia altrettanto gradito”.

Destinazione, Lido Torre di Rivoli – Località Zapponeta:

Finalmente in spiaggia con in spalle il sacco contenente pinne, maschera, boccale e il “mitico” pallone Super Santos. Quest’ultimo era fin troppo leggero perché progettato per essere utilizzato anche dai bambini più piccoli. Non era una semplice palla da gioco, ma un infallibile strumento di socializzazione infantile e adolescenziale. L’unico inconveniente era la sua scarsa resistenza, difatti non durava più di una settimana. Non importava, perché costava davvero molto poco (meno di 1000 lire), reperibile nei luoghi più disparati come edicole, tabacchi e negozi di alimentari.

Per una partita in spiaggia, come da regolamento balneare “interno”, era sufficiente un minimo investimento iniziale: quattro infradito (anche di misura diversa) piantate nella sabbia a costituire le due porte opposte e l’epico pallone, il “Super Santos”.
Il Super Santos negli anni ottanta è stato il terrore incontrastato per tutti i bagnanti perché calciandolo non era possibile determinare con precisione la sua direzione. Spesso finiva nei piedi o nelle mani sbagliate, ma poco importava perché nessuno poteva evitare una partita di calcio sulla spiaggia.

In quel modo conobbi un “strano” bambino di origini pugliesi, Giuseppe Russo che nella prima settimana di agosto, ogni anno puntuale, si presentava al Lido accompagnato dai genitori. Vinta la timidezza inziale nascosta da un giornaletto con le parole crociate che era solito fare sotto l’ombrellone, Giuseppe divenne per tutti e per sempre il mitico “Pippo”. 
Ancora oggi ricordo con piacere la simpatia di quel bambino “pallido”, anche se spesso dava la sensazione di essere un po’ troppo saccente per i miei gusti.

“Oronzo bellissimo il passaggio filtrante, ma il goal di tuo fratello è stato più bello!”, era solito puntualizzare con un voto, Pippo, a ogni azione di gioco.

La voglia irrefrenabile di un tuffo al mare: la maglietta tolta con veemenza, tanto da poter sentire gli strappi delle cuciture, lanciata alla mercé di mamma che aveva l’ingrato compito di raccattarla un po' lì un po' qua, tra il lettino e la sdraio.

Dal mare Adriatico nel quale con i miei fratelli c’eravamo tuffati a pesce, con la coda dell’occhio intravedevo mio padre sussurrare a mamma: “Vado in paese a comprare un po' di focaccia calda per i bambini!”

È tempo che i gabbiani arrivino in città. L'estate sta finendo, lo sai che non mi va. Io sono ancora solo, non è una novità. Tu hai già chi ti consola, a me chi penserà.

La, languidi bri, brividi. Come il ghiaccio bruciano quando sto con te. Ba, ba, ba, baciami siamo due satelliti in orbita sul mar.

Passati trenta/quaranta minuti di orologio, lo rivedevo ritornare in spiaggia con in mano un chilo di focaccia calda guarnita da pelati e sotto il braccio stingeva gelosamente a sé la Gazzetta dello Sport.


Premessa gastronomica: dovete sapere che la focaccia pugliese mangiata al mare è qualcosa di soprannaturale. È tutto merito del profumo esalato dall’olio di oliva pugliese, riscaldato dal sole, che si impregna nella carta utilizzata per l’imballo. Da Milano, destinazione Sud Italia, quelle pagine di colore rosa raccontavano, al fresco di un ombrellone, tutto il calciomercato degli anni ottanta e non solo;

 “Papà, chi ha comprato la Roma?”  

“Dai su, forza, passami la pagina della Gazzetta nella quale si parla dei giallorossi (la mia squadra del cuore), tutto il resto non mi interessa!”.

Mio padre avrebbe fatto di tutto per farmi felice, soprattutto durante l’estate!
Con il rischio di mandare tutto il giornale all’aria, per farmi contento, a ogni richiesta sfilava pazientemente una pagina da tutte le altre…

 

 

Oggi è il 25 agosto 2019
Mi resta un'altra settimana di mare, focaccia e www.calciomercato.com. Tutto compreso in una “malinconica” consapevolezza che: l
'estate sta finendo e un anno se ne va. Sto diventando grande, lo sai che non mi va. Una fotografia è tutto quel che ho. Ma stanne pur sicura, io non ti scorderò. L'estate sta finendo e un anno se ne va.  Sto diventando grande, anche se non mi va.

L'estate sta finendo

L'estate sta finendo

L'estate sta finendo

 

 

DEDICATO A MIO PADRE!

 

 

Mr. Oronzo Canà