Nascere negli anni sessanta, ovvero essere un boomer, porta con sè considerazioni sull'evoluzione societaria odierna alquanto complicata. In realtà sono nato negli anni cinquanta, ma i miei primi ricordi sono proiettati nel decennio successivo, quando cominciai ad andare a scuola, a sentire la radio e vedere la televisione.  
E che radio e televisione vedevamo e sentivamo allora? Non molta, a dire il vero, e se proprio si vuole fare qualche distinzione, la radio trasmetteva senz'altro molte ore più del circuito televisivo. E chiamarlo circuito televisivo è un esercizio di eufemismo neanche esagerato. Infatti, fino a metà degli anni settanta, le trasmissioni avvenivano su di un unico canale nazionale, poi seguito da un secondo canale e quindi a maggior fatica con il terzo canale.
La televisione commerciale era ancora lungi da divenire, quando si svilupparono le emittenze private ed arrivarono i canali Fininvest ed altri regionali, ma questo negli anni ottanta. Viene da sorridere se analizziamo gli orari delle trasmissioni dell'epoca. Il canale nazionale iniziava alle 17,30, con la TV dei ragazzi, dove si vedevano contenuti per ragazzi ma pochissimi cartoni animati, seppure ci fossero trasmissioni come "Avventura" di Mino D'Amato, che era forse troppo evoluta per un pubblico così giovane come noi primi adoloscenti, ma che aveva la bellezza di esibire due sigle musicali eccezionali. Una era "She came in through the bathroom window" di Joe Cocker, l'altra quella finale, la bellissima"A salty dog" dei Procol Harum.
Dopo questa trasmissione venivano trasmesse trasmissioni di carattere politico, ma solamente come informazioni sui provvedimenti di Governo e incontri istituzionali. Nulla a che vedere in confronto ai "Talk Show" di oggi (e che dai contenuti che si ascoltano fanno rimpiangere i vecchi programmi).
Verso le 20,30 arrivava il Telegiornale, molto formale, con presentatori di sesso maschile, e con praticamente le stesse notizie del primo comunicato politico, forse con qualche piccola aggiunta di costume.
Ma poi arrivava il bello: CAROSELLO! E qui noi ragazzini non ce lo perdevamo per nessuna ragione al mondo. La sigla iniziale tratta dai "Pagliacci" di Leoncavallo era un richiamo al quale non si resisteva. Era un sistema di reclamizzare prodotti molto originale, con attori di nome, e che facevano scketch di ogni tipo. Oppure dei cartoni animati ancora oggi nel mito delle nostre memorie, per citarne qualcuno, Calimero, Carmencita, il capitano della ciurma di pirati con il nostromo siciliano. E battute come: "Uffa ce l'hanno con me perché sono piccolo e nero!", oppure "Carmencita sei già mia chiudi il gas e vieni via!" per finire con il nostromo che con forte accento siculo diceva:"Signor capitano, ché lo posso torturare?" Ci sono rimaste scolpite nella memoria, insieme a tante altre che ci vorrebbe un 'intera giornata ad elencare. Dopodiché, secondo Topo Gigio, un pupazzo noto ancora oggi, si doveva andare a "nanna". Ma noi neanche per sogno, dopo c'era il film, in bianco e nero. Ed erano tutti in bianco e nero per due motivi; il primo, perchè non avevamo la televisione a colori, il secondo, perché erano talmente vecchi che anche questi erano in bianco e nero. Film come "Ombre rosse" erano tra i grandi eventi televisivi. Lo avrò visto almeno una ventina di volte. 

Questo era uno spaccato di quello che era il nostro vivere in quel periodo durante il quale l'economia viaggiava e i bambini nascevano. Ma i nostri genitori non cambiavano, loro fortunatamente, ci educavano severamente. Ognuno di noi aveva delle regole che non si dovevano mai trasgredire. tra queste il rispetto per tutti gli adulti, e se qualcuno ti sgridava, anche se non era tuo parente, seppure avesse anche torto, noi  chinavamo il capo e  chiedevamo scusa. Forse un po' esagerato, ma se guardiamo oggi bande di ragazzini che si permettono di sfidare e insultare persone anziane, mi sembra che questo tipo di educazione dovrebbe essere impartito. Tra noi ragazzi, c'era una regola ferrea: se qualcuno portava gli occhiali, non si doveva toccare. Poi tra di noi facevamo anche a botte, ma questo portava in seguito  che si diventasse amici, e più di prima. Invece oggi sembra che se non ci si riunisce in gruppi numerosi per "bullizzare" ragazzi deboli,  o peggio con gravi handicap, non si è veri "cool". 

Poi naturalmente si arriva all'assunto che i "poveri" ragazzi sono soli, hanno problemi dovuti alle difficoltà della vita sociale, e che perciò deve operare l'impunità. Sulla solitudine, mi permetto di dire che mi sembra una grossa sciocchezza, perché quando sono in branco, non sono affatto soli, anzi, formano un bel gruppo di scriteriati.
E' sull'impunità che punto il dito. Mi è successo qualche volta che qualche ragazzino si sia permesso di mancarmi di rispetto, ed io che non mi lascio bullizzare da nessuno, gli abbia mostrato il muso duro. Al che il ragazzino mi disse: "Ma tanto tu non mi puoi toccare, perché sono minorenne". La risposta immediata fu: "Guarda, io ti riempio di botte, poi se vuoi mi denunci, ma con le ossa rotte! Vedi tu!".
A questa risposta venne subito a miti consigli, spaventandosi.
La lezione era quella di Totò: "Fammi causa".
Perchè a questo mondo sono tutti giuristi, salvo poi constatare che nelle more legali, le cose possono prendere pieghe anche inaspettate. E comunque non è facile fare i prepotenti, non sai mai cosa o chi ti arriva! Ma questo non deve far pensare che io non ami i giovani, anzi, è proprio per questo che combatto, per fargli capire cose che purtroppo genitori molto avvezzi alla procreazione, ma poco all'educazione non insegnano.
E la parte peggiore arriva dalla scuola. La serietà nell'insegnamento non la riscontro più. A parte che oggi i programmi scolastici sono secondo me carenti. Io mi ricordo che in seconda elementare, avevo studiato le preposizioni semplici ed articolate. Oggi se va bene, le studiano in seconda media, quando non le studiano affatto. La mia generazione aveva la messa interamente in latino, ed era un esercizio linguistico non comune. Oggi non la sanno nemmeno in italiano, confondendo la religione con la connessione su Tik Tok.  Conosco insegnanti di liceo i quali si lamentano che in terza liceo ci sono ancora ragazzi che confondono la e, con l'accento con la e, senza accento. Ho seguito ultimamente corsi di inglese presso un Unitre, al solo scopo di migliorare la mia conoscenza della lingua. Ebbene, in una lezione, abbiamo perso trequarti d'ora solo per spiegare l'ausiliare nella lingua inglese, perchè una signora continuava a dire che non capiva. Alla fine abbiamo scoperto che il problema era che non sapeva nemmeno cos'era un verbo ausiliare in italiano. Eppure oggi queste nuove generazioni hanno a disposizione uno strumento che noi non l'avremmo nemmeno sognato ai nostri tempi: Internet. Ho ascoltato per decenni canzoni in inglese ma non ruscivo ad avere i testi, perché non era facile trovarli e per reperirli ci sarebbero voluti troppi soldi. Ora in Internet trovi tutto, anche la traduzione. Si può anche fare un'equazione di secondo grado, o degli integrali, o delle derivate. O programmi di storia, latino, scienze. Ci sarebbero cose inimmaginabili, ma ci si concentra soprattutto sui social, per comunicare tra ragazzi, ed in questo non vedo nulla di male anzi, socializzare è sempre bello. Ma quando lo si usa per fare del male ai coetanei, insultandoli, ghettizzandoli o peggio  calunniandoli, portando i malcapitati a forti depressioni e purtroppo a volte, a gesti sconsiderati, allora non si può più accettarli. Se qualcuno manca di rispetto ad un insegnante, si ride, e si sdrammatizza tutto. Ma quel povero insegnante, è una persona che lavora, ed ha il diritto alla salvaguardia della sua dignità professionale e della possibilità di svolgere il proprio lavoro senza impedimenti di carattere diseducativo e insito in una insana prepotenza.  
Invoco una politica diversa, che purtroppo è molto presa ad autoassolversi, piena di storture ed intrallazzi, che pur di prendere dei voti permetterebbe anche la strage degli innocenti. Ma la strage è già in atto, perché questi ragazzi sono la nostra classe dirigente del domani, e va formata nella forza educativa del rispetto delle personalità.
Mi si dirà, ma ci sono anche dei bravi ragazzi, educati e per bene.
Sì, ci sono, ma vengono penalizzati dal contorno di altri ragazzi che probabilmente avranno gli stessi diritti senza avere osservato gli stessi doveri. Che troveranno gli impedimenti nella crescita sociale che gli indolenti impongono ai ferventi sostenitori della solidarietà e della promozione della cultura. Oppure fanno parte di quella schiera bullizzata da individui che invece di attingere dalla loro cultura, la disprezzano.

Ci vogliono leggi più severe, che portino al rispetto di regole ferree, che inducano i genitori incapaci a crescere i propri figli a dovere rispondere alle pubbliche autorità delle intemperanze commesse, senza indulgenze. Portare la scuola a programmi più adeguati ai tempi, visto che abbiamo strumenti che possono aumentare la capacità di assimilazione dei nostri figli, non chiudendoli in stereotipi culturali preordinati, ma svegliando la fantasia, e lavorare sui sogni affinché diventino realtà.
Mi è capitato da allenatore, di avere a che fare con ragazzi diffcili quando allenavo, e sapete cosa li calmava? Quando li stupivo con cose nuove e un piccolo discorso culturale, che gli imponeva una scelta, o sei uomo e sei... beh lasciamo perdere!