"I ricavi aumentano quando c'è una dimensione del brand che va al di là dei risultati sul campo", dichiara Dino Ruta, head dello Sport Knowledge Center di Sda Bocconi. Spiegando così come una società di calcio moderna, deve avere la capacità di slegare le performance sportive da quelle finanziarie. In questo lo United fa scuola, e può essere preso come modello, per capire da dove possono arrivare i ricavi di un club.

i diritti tv
L'Inghilterra è la patria dei diritti televisivi. Il mensile Limes nel 2016, nell'inchiesta  "il potere del calcio", spiega dettagliatamente come le collaborazioni tra leghe e televisioni portino enormi profitti da entrambe le parti. Evidenziando il fatto che la Premier league sia il campionato che ne trae maggiormente guadagno in Europa. Lingua e meridiano permettono al calcio inglese di poter essere visto in tutto il mondo. La Premier league infatti ricava dalla sola vendita dei diritti all'estero, più di quanto le altre grandi leghe europee guadagnino dalla cessioni di diritti nazionali e internazionali. Inoltre i club inglesi si sono dati delle regole di redistribuzione egualitaria su questi ricavi, che fanno si che la differenza di potere economico tra le squadre sia la più bassa in Europa. Conseguenza diretta è un maggiore equilibrio del campionato, altro fattore che rende la Premier apprezzata in tutto il mondo. La televisione quindi rappresenta una buona fonte di guadagno per un club professionistico, ma non deve essere l'unica. Lo United infatti è l'unica delle otto inglesi presenti nella top venti di Deloitte, a ricavare meno del 40% del proprio fatturato dai diritti tv (30%). Perchè una "società evoluta" cerca di variare il più possibile il flusso dei suoi ricavi, così da non trovarsi mai in difficoltà. La Juventus per esempio ricava quasi metà del suo fatturato dai diritti televisivi (208,5 milioni su 459,7), e ora con la crisi dovuta alla pandemia, rischia di vedere i suoi introiti ridursi sensibilmente, venendo costretta a modificare i piani per il futuro.

Gli sponsor
L'ultimo fatturato del Manchester United è stato composto per il 54% dalla parte commerciale. Percentuale superiore del 9% rispetto ai concittadini del City, del 13%  rispetto al Chelsea e addirittura del 19% e 29% rispetto a Liverpool e Tottenham. Fondamentale, sotto questo punto di vista, l'accordo con Adidas, che dal 2014 garantisce 128 milioni l'anno, nelle tasche dei red devils. Lo stesso brand tedesco che alla Juve garantisce "solo" 51 milioni a stagione. Introiti comunque maggiori rispetto a quelli erogati da Puma al Milan (12 milioni), da Kappa al Napoli (10 milioni), e da Nike a Inter e Roma (poco più di 4 milioni). A questi ricavi devono poi aggiungersi quelli derivanti dai main sponsor. I diavoli rossi ad esempio guadagnano 55,8 milioni da Chevrolet, il Chelsea 55 milioni da Yokohama, e l'Arsenal 35 da Fly Amirates, 20 milioni in più rispetto a quelli che riceva il Milan dalla stessa compagnia aerea. In Italia questa speciale classifica è però guidata a sorpresa dal Sassuolo, che ricava 18 milioni da Mapei. Subito dietro la Juve con i 17 milioni di Jeep, mentre l'Inter riceve solo 10 milioni dal storico accordo con Pirelli.
E' evidente quindi come da questo punto di vista, la Serie A sia molto povera rispetto alla Premier League, ma anche rispetto agli altri principali campionati europei. Nell'ultima stagione infatti, la massima competizione italiana, ha totalizzato un guadagno di 420 milioni grazie alle sponsorizzazioni. Nettamente inferiori rispetto ai 700 milioni della Liga, il miliardo della Bundesliga, e il miliardo e mezzo della Premier. Per un club però anche in questo settore, la parola d'ordine deve essere: diversificare. Come già detto lo United è un modello da seguire in chiave finanziaria, e anche dal punto di vista commerciale insegna che la diversificazione delle entrate garantisce sicurezza. Il club guidato dalla famiglia Glazer infatti, oltre agli accordi multimilionari con i suoi sponsor principali, può vantare altre 63 partnership a livello globale. Distribuite praticamente in ogni settore: dai noodle (Nissin) ai materassi (Mlily, una compagnia con sede a Shanghai) alle vernici (i giapponesi di Kansai).  i fondi e la quotazione in borsa Sempre più comune è il rapporto tra società e fondi di investimento, che vedono nel calcio una nuova frontiera di guadagno. Il più attivo nel panorama del football europeo è sicuramente Lindsell Train. Il fondo che prende il nome dai suoi fondatori, Michael Lindsell e Nick Train, oltre a possedere il 15% del Celtic di Glasgow, ha recentemente acquistato, il 19,33% proprio del Manchester United. Un investimento di 126 milioni di euro, che ha permesso al gruppo inglese di sedersi al fianco dei tanti altri investitori istituzionali con poco potere decisionale ( quello rimane sempre in mano ai Glazer), che si dividono ampie quote dei diavoli rossi: Baron capital group ha il 35,72% del club, Lansdowne partners il 12,30%, Jupiter asset management il 7,06%. "Crediamo che il Manchester United sia una media company unica, con un vasto appeal globale", le parole usate da Baron capital group, per descrivere la società dei Glazer. Lindsell Train invece, ha giustificato il grande esborso economico con disarmante semplicità "Crediamo che nel tempo l'affare possa essere gratificante".
Secondo quanto riportato dalla rivista "Undici" infatti, il fondo londinese crede che lo United (unico club quotato a Wall Street) sia fortemente sottostimato sul mercato americano. Secondo i calcoli di Lindsell Train, se i red devils dovessero essere valutati con gli stessi criteri usati per gli Houston Rockets di Nba, la loro quota potrebbe facilmente raggiunere i cinque miliardi di dollari. Allora anche la quotazione in borsa incide sui ricavi dei club? Non è un caso che delle tre squadre di Serie A quotate a Piazza affari (Lazio, Roma, e Juve), due siano presenti nella Deloitte football money league. E come abbiamo visto la quotazione a Wall Street dello United è uno dei motivi che può aver portato il fondo Lindsell Train ad investire nel club.  Ad oggi sono 24 le squadre europee quotate in borsa, cinque di queste sono presenti nella top venti di Deloitte (Manchester United, Juventus, Arsenal, Roma e Lione). La nazione più presente sul mercato borsiario è però la Danimarca con sei squadre quotate.

lo stadio di proprietà
Molto discussa nell'ultimo anno, è stata la decisione di cambiare "casa" da parte di Milan e Inter. Non poter più entrare a S.Siro, sarà certamente un duro colpo per i romantici del calcio, o per chi in quello stadio ha vissuto emozioni indescrivibili. Però dal punto di vista strettamente economico, la scelta delle due milanesi è ineccepibile. I costi di costruzione saranno sicuramente onerosi (1,2 mld previsti), ma la proiezione dei ricavi garantiti dal nuovo impianto è di circa 124 milioni l'anno, più del doppio di quanto rende attualmente il Meazza. Basta spostarsi di qualche chilometro da Milano, in direzione Torino, per avere un'altro esempio di quanto la proprietà di uno stadio influisca sui conti di un club. Dalla sua inaugurazione l'11 settembre 2011, l'Alianz stadium ha portato nelle casse bianconere più di 400 milioni di euro. Mediamente in un anno influisce del 13% sui ricavi totali del club, il doppio rispetto al 6,9% dell'ultima stagione giocata all'Olimpico. Dei 400 milioni guadagnati dalla Juve negli ultimi undici anni, 80,6 provengono dalla parte "no matchday". Oggi infatti uno stadio non garantisce ricavi solo attraverso la vendita di biglietti o abbonamenti, ma anche da una serie di servizi extra come ristorante, store o museo. Iconico in questo è il nuovo stadio del Tottenham. Grazie al quale i tifosi degli Spurs, non scelgono più di andare allo stadio unicamente per assistere alla partita, ma per vivere quella che è stata nominata la "Tottenham experience".

Come dice Dino Ruta quindi, per una società di calcio moderna: "Il risultato sportivo è e rimarrà la priorità, ma i successi sul campo devono andare di pari passo con una performance finanziaria impeccabile".