Il grande scrittore siciliano, Leonardo Sciascia ne “Il giorno della civetta” ci ha lasciato – attraverso il famoso colloquio del capo della mafia locale, don Mariano Arena, con il capitano Bellodi dei carabinieri (parmense), incorruttibile investigatore – una celebre classificazione, sempre attuale, del genere umano:”… e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezzi uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) piglianculo e i quaquaraqua. Pochissimi gli uomini; i mezzi uomini pochi, che mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezzi uomini. E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più in giù: i piglianculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione delle anatre”.

La descrizione delle varie categorie di uomo descritte da Sciascia è, in estrema sintesi, più o meno la seguente: Uomini”: sono coloro che non godono di privilegi né vorrebbero averne e cercano di confrontarsi alla pari con il prossimo; Mezzi uomini”: assumono posizioni e prendono decisioni, ma sempre con sofferenza e consci del fatto che, se non si schierano, ci saranno sempre Uomini che sceglieranno per loro ma è una circostanza che, in genere, gradiscono; Ominicchi”: sono sempre defilati, sullo sfondo e non si espongono. Rimandano agli altri le decisioni importanti e adottano scelte solo quando non ne possono fare a meno; Piglianculo” preferiscono essere soggiogati, lasciando agli altri il potere. Il loro sogno è vivere all’ombra degli “Uomini” ma in genere frequentano i “Mezzi Uomini”; Quaquaraquà”: nel loro vocabolario non esiste il termine dignità; vivono costantemente in mezzo alla folla e, se attirano l’attenzione, tendono immediatamente a defilarsi. Non vengono considerati, fatta eccezione dagli altri “Quaquaraquà”.

Ispirandomi alla citata classificazione, credo che possa essere parimenti delineato anche un elenco per descrivere le varie caratteristiche del tifoso di calcio e tale piattaforma di blog ne rappresenta, in questo senso, un ottimo estratto.

Basta infatti leggere gli articoli e/o i commenti dei vari partecipanti, per farsi un’idea dei diversi tratti, che caratterizzano il tifoso di calcio.

Partendo da tali premesse – e senza pretese di essere ovviamente esaustivo – provo ad elencare, in ordine decrescente, le varie categorie di tifoso, traendo spunto, non solo dalle discussioni con amici e conoscenti ma anche dalla community di vivoperlei.

“Il disincantato”: è il tifoso che, se, da una parte, fa trasparire l’inevitabile tifo di appartenenza (anche con l’espressione di critiche nei confronti della propria squadra e/o dei tifosi della stessa); dall’altra cerca di essere oggettivo nell’esposizione dei fatti. Riconosce il valore dell’avversario e accetta la sconfitta. Esprime pensieri opinabili, ma comunque ben argomentati e mai volgari o insultanti. Cerca di essere, se possibile, anche ironico (trattandosi sempre e comunque di argomenti leggeri). In genere, ha una conoscenza del calcio, che va oltre il terreno di gioco, nel senso che è in grado di comprendere anche dinamiche sociali, di bilancio e finanziarie che, nel calcio attuale, sono strettamente interconnesse con la più stretta attualità sportiva. E’ insomma preparato ma sufficientemente autocritico e ama dialogare esclusivamente con altri soggetti appartenenti alla stessa categoria (a prescindere dal tifo di appartenenza), mentre riserva agli altri tifosi il silenzio o l’ironia, ben sapendo di colpire nel segno. Infatti, non è raro che susciti commenti avversi, soprattutto da parte delle ultime due categorie di tifoso qui elencate e di cui tratterò al termine dell’articolo.

A parere dello scrivente, scorrendo articoli e commenti, ritengo che la community di vivoperlei annoveri diversi profili con tali caratteristiche e ciò è assolutamente consolante.

“Il monotematico”: è colui che, nonostante l’impegno, non riesce ad esulare da considerazioni riguardanti l’andamento della squadra di appartenenza e, proprio per questo, sembra essere oltremodo incoerente. Durante le discussioni con gli amici, o anche solo sul web, si esprime infatti con voli pindarici quando la squadra di cui fa il tifo raggiunge risultati positivi, per poi stroncarla se inanella una serie di prestazioni scadenti. In tali casi condanna la scarsa lungimiranza della dirigenza, la pochezza degli schemi dell’allenatore, la scarsa capacità dei calciatori. Sino a a qualche settimana prima, il monotematico aveva giudicato illuminata e strategica la dirigenza; innovativo l’allenatore; superbe le capacità tecniche dei calciatori.
In genere, è un nostalgico e non esprime giudizi nei confronti delle altre squadre, essendo totalmente concentrato sulla propria.

“Il profeta”: Si diletta in manifestazioni di pensiero (verbali o scritte), come se fosse la fonte ispiratrice, cui abbeverarsi per apprendere l’essenza del calcio. In genere, fa presente ai propri interlocutori calciofili di non avere troppo tempo da dedicare ad esternazioni sul calcio, essendo costantemente impegnato su altri fronti, e , in particolare, a porsi come “baluastro” (termine di nuovo conio: un incrocio tra baluardo e pilastro), dinanzi alle brutture della nostra società. Nonostante l’impegno sociale profuso, stranamente dispensa con frequenza opinioni e commenti, elargiti esclusivamente per spandere il verbo della verità. Non appena si palesa, i suoi adepti esprimono tutta la loro gratitudine alle intuizioni del profeta. Il profeta ostenta sicurezza e tracotanza, autocompiacendosi per contenuto e forma delle proprie manifestazioni ed esprimendo giudizi trancianti o disprezzo su quelle altrui, ove le stesse non rispecchino il suo pensiero o soltanto perché, nonostante le sue acute ed insindacabili critiche, qualcuno si permette di dare a loro dignità. Parte insomma dal presupposto che solo Lui è in grado di discettare di calcio, sia inteso in senso tecnico sia come fenomeno di costume. Incarna alla perfezione la frase “Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un c……!”, portata alla ribalta dal mitico Alberto Sordi ne “Il Marchese del Grillo” e ripresa da un sonetto del Belli.

E’ una categoria di tifoso comunque da comprendere, ma a cui bisognerebbe sempre ricordare che gli intelligenti sono coloro che non si prendono troppo sul serio.

“Il casuale”: in genere non ha mai visto un pallone o guardato una partita di calcio dal vivo in tutta la sua vita ma partecipa – perché così fan tutti - alle discussioni e ai commenti, unendosi a quelli degli altri, ma senza comprendere sino in fondo il perché. Ha visto, da sempre, solo calcio in tv – in compagnia perché da solo rischia di addormentarsi - ma pretende di capirne più del prossimo, perché in fondo “il calcio è uno sport semplice”. Se si disserta di tecnica, è del tutto convinto che quando si parla di “esterni alti” si tratta di calciatori dalla statura più elevata rispetto agli “esterni bassi” e che le differenze tra la marcatura “a uomo” e la marcatura “a zona” dipendono dalle linee del campo. Appare solo interdetto sulla funzione delle bandierine, che delimitano il rettangolo da gioco, perché non riesce a comprendere a che cosa servano, se non ad essere divelte dai calciatori, per esultare in occasione di una rete.
E’ una categoria di tifoso, che fa sorridere ma che genera grandissima tenerezza

“Il frustrato” : è il tifoso totalmente dedicato ad insultare la squadra e i tifosi avversari. La sua è come una missione. Il Suo è più un tifo “anti” squadra avversaria piuttosto di un tifo “pro” squadra di appartenenza. Al frustrato non interessano i risultati (quasi sempre negativi) della propria squadra (sempre giustificati in un range compreso tra clamorosi furti arbitrali e congiunzioni astrali sfavorevoli), ma solo la compagine avversaria, in tutte le sue componenti (dal tifoso alla dirigenza). Si palesa in manifestazioni verbali o scritte, dove la gratuità dell’insulto o la volgarità è purtroppo la regola. Il frustrato, a volte, si cimenta addirittura in pareri dal taglio pseudo- finanziario, nel tentativo di censurare operazioni societarie (aumenti di capitale; emissione di prestiti obbligazionari; rifinanziamento del debito; etc.) di altri club, palesando, purtroppo, tutti i limiti di una preparazione non adeguata, in quanto non ha mai letto un bilancio o non conosce la distinzione tra stato patrimoniale e conto economico (occorre riconoscere che in tali cimenti è in buona compagnia e comunque giustificato, perché allo stesso livello si ascoltano i commenti di certi pseudoprofessionisti dell’informazione sportiva).
E’ un tifoso che va seguito con grande affetto, nella speranza che possa trovare conforto

“L’opportunista”: a parere mio è la categoria, che merita il gradino più basso della classifica. A differenza del frustrato (di cui peraltro ha molti tratti in comune), l’opportunista vive costantemente sommerso (in modo clandestino o “under cover” come si preferisce definire oggi tale atteggiamento) e si palesa solo occasionalmente a “giochi fatti”. E’ colui che attende l’evento “clou” prima di esprimersi, perché teme di essere smentito se si manifesta anteriormente. E’ il soggetto che assiste alle partite della rivale con un gufo sul divano e ne attende con bramosia l’eliminazione da una competizione o la sconfitta della stessa in una partita di campionato. Ove ciò non accade, l’opportunista resta nel suo mondo sommerso (nessun commento; nessuna dichiarazione) sino alla prossima opportunità. Ma, quando accade, esprime in tempo reale (chat; sms, etc.) commenti improntati al ludibrio (mai alla sana ironia).

L’opportunista non si rende conto che, così facendo, dimostra, in modo inequivocabile, il Suo senso di inferiorità rispetto all'avversario, perché “sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto. Ma i leoni rimangono leoni e i cani restano cani”.