Cala il sipario su Tokyo 2020, un'Olimpiade anomala, non solo perchè a causa della Pandemia si è disputata con un anno di ritardo, nel 2021, ma perchè è stata privata del pubblico presente alle competizioni e ha obbligato gli atleti a trascorrere quasi un mese in assoluto isolamento. Nonostante tutto ciò, il fascino della manifestazione più bella e importante in ambito sportivo, non ha minimamente scalfito il suo interesse anzi, al contrario, ha avuto l'attenzione di tutto il Mondo, fra record mondiali e olimpionici e talmente tante nazioni a conquistare medaglie come mai successo in passato. Tokyo ha ospitato la 32 edizione delle Olimpiadi, cosa già successa per l'edizione del 1964, che aveva fatto seguito a l'unica organizzata dall'Italia, a Roma nel 1960. 

Fra le molte considerazioni che mi appresto ad esporre, mi è d'obbligo partire da un dato fin troppo evidente, quanto quella globalizzazione totale tanto osteggiata e dannosa in moltissimi settori, si stia appropriando di tutto e lo sport non possa evitarne le conseguenze. Allora partirei la mia analisi proprio dalla cerimonia di chiusura, quel simboleggiare l'unione di tutti i popoli del mondo, una festa di bandiere e colori, il passaggio fra Tokyo e Parigi, che ospiterà la prossima edizione del 2024, la bandiera della Grecia dove tutto ebbe inizio e quella Olimpica, con i cinque anelli a rappresentare i Continenti e i colori dei loro popoli. L'Olimpiade, l'espressione più alta e pura dello Sport. Un susseguirsi di abbracci, lacrime e esultanze, quasi l'assenza di pubblico e il Covid avessero azzerato ogni rivalità extra sportiva e le racchette rotte di Novak Djokovic, campione Serbo del tennis a cui sono particolarmente affezionato, non solo per il fatto che sia milanista, una nota fin troppa stonata al contesto generale. Forse sarebbe giunto il momento di fare un passo avanti nel tentativo di fraternizzare, così come è stato evidente che non sia certo servito imitare il "teatrino calcistico" dell'inginocchiarsi, per combattere ciò che deve essere emarginato, così, a mio modesto parere, sarebbe giunto il momento di togliere gli inni nazionali all'alza bandiera delle premiazioni, sostituendolo con l'inno olimpico. Un altro argomento che vorrei evidenziare è legato alla disputa delle Olimpiadi.               

La macchina organizzativa è sempre più complessa e costosa, spesso costruendo impianti utilizzati in pochissime altre occasioni e sperperando risorse economiche che potrebbero essere utilizzate per promuovere lo sport. Allora perchè non dare  una collocazione permanente, almeno per l'edizione Europea, assegnando alla Grecia e ad Atene, culla dell'umanità, di svilupparne tutto ciò che deve rappresentare ? In tal modo si riuscirebbe ad aiutare uno Stato fin troppo penalizzato da scelte Europee scellerate, ottimizzare tutti gli impianti necessari per le manifestazioni, non più cattedrali nel deserto e riferimento nel percorso di Unione Europea in ambito sportivo almeno ogni otto anni, che poi non sono pochi.

Gli atleti Italiani conquistano 40 medaglie, record mai raggiunto nelle 31 edizioni precedenti. 10 Ori, 10 Argenti e 20 Bronzi. Superfluo dire quanto sia difficile vincere, quanto sacrificio ci sia dietro ogni singola vittoria e quante storie ci siano da raccontare per spiegare i motivi che portano ad un livello così alto. Dietro ogni atleta c'è un mondo, fatto di famiglie, allenatori, Federazioni e moltissimo altro, ci sono gli avversari e specialmente ci sono le difficoltà di non vivere sotto i riflettori della notorietà di allenarsi troppo spesso in strutture insufficienti, distanti o inesistenti e di dover ugualmente cercare di cogliere il risultato migliore perchè, finita l'Olimpiade, senza una medaglia al collo sarai solo un nome, facilmente dimenticabile. Gli atleti italiani che primeggiano nel nuoto, riempiono di gioia considerando che l'Italia è una penisola. Così come la vittoria nella vela, che mancava da moltissime competizioni torna ad arricchire il nostro medagliere dove purtroppo manca la pallanuoto, fra rivali di altissimo livello, mentre il canottaggio tiene costantemente viva la tradizione. Se discipline dove siamo stati maestri, come la scherma o il tiro al piattello, oggi non hanno vinto perchè le Federazioni straniere si sono affidate a istruttori italiani, ecco che l'atletica leggera ha indossato i "panni del gigante", trionfando come mai in passato. Se le problematiche della box non le conosco, un capitolo a parte spetta al ciclismo. Nel panorama olimpico le manifestazioni sono moltissime, fra strada, cross, pista e country. Riuscire a continuare a primeggiare nella pista, considerando la drammatica situazione dell'impiantistica nazionale, ha dell'incredibile e se non ci si decide ad intervenire si rischia di azzerare non solo il medagliere, ma la tradizione di uno degli sport più belli, praticati e seguiti.

Se quindi la massima: "non è tutt'oro, quel che luccica" potesse essere presa ad esempio nel presente, evitiamo i festeggiamenti per le vittorie "multietniche" della nostra spedizione olimpica, sono inutili e più dannose che costruttive, senza dimenticare che Fiona Mey, la Hiden, Carton Mayer e molti altri, hanno sempre gareggiato per le nostre nazionali, a fronte di posizioni sportive e giuridiche regolari. Non penso ci sia l'interesse di naturalizzare atleti stranieri, solo per vincere medaglie. Serve piuttosto riportare lo sport nelle scuole, rafforzarne la cultura, nella consapevolezza che le nascite stanno diminuendo, che lo sport è sempre meno dilettantistico e che solo attraverso sostegni economici adeguati si possono "costruire" Campioni. Ecco che non è importante solo quante medaglie si vincono, ma piuttosto quanti atleti si portano a praticare determinati sport. Bisogna cavalcare questo momento di entusiasmo sapendolo utilizzare nel modo migliore e a tale proposito è giusto chiudere questa analisi proprio con l'equitazione, dove ho la sensazione che l'Italia abbia perso troppo terreno. Dio permettendo ci rivediamo a Parigi, mancano solo tre anni.