La fotografia ideale della partita può essere l'immagine di Caprari che, al quarto d'ora dellla ripresa, calcia malamente fuori il rigore destinato a vanificare il raddoppio rossonero. Ieri il giocatore ha disputato una partita personale fatta di tuffi e piagnistei, quasi che l'unico scopo della sua presenza in campo fosse quello di ottenere decisioni arbitrali favorevoli. La palla che si è persa sul fondo ha avuto il sapore di una nemesi severa in nome di un detto: "Chi vuol fare l'altrui danno ha le beffe e il malanno".

Se un rimprovero si può muovere al Milan di ieri, ed è un rimprovero antico, è quello di essersi tirato indietro una volta andato precocemente in vantaggio. Rebic si è inserito come un falco in uno scambio arretrato giallorosso, senza lasciare al malcapitato Tuia il tempo di realizzare che sarebbe stato necessario andare incontro al pallone, invece di attenderlo. Rebic subiva il fallo e Kessie trasformava il penalty con calma olimpica.  Se, tuttavia, la dinamica di tale errore avrebbe dovuto suggerire ai rossonero di tenere il gioco più alto, perché tenerlo basso vuol dire avvicinare gli avversari alla porta, il Milan non coglieva questo prezioso spunto. Il Diavolo, infatti, si ritraeva dando la possibilità alle janare di Benevento, le famose streghe, di scatenare una raffica di incantesimi nella metà campo rossonera, un bombardamento fatto di continue sovrapposizioni con cui l'uomo sulla traiettoria del passaggio bloccava il marcatore rossonero o lo portava fuori zona, esponendo la difesa all'incursione del compagno che si inseriva. Si tratta di schemi ben preparati da Inzaghi il quale, essendo un ex-centravanti, sa che i movimenti senza palla sono alla base di ogni attacco degno di questo nome. Ma se è normale doversi guardare dalle magie altrui quando la palla è fra i piedi degli avversari, è doveroso cercare di allontanarsi dalla porta quando la bacchetta magica è nelle proprie mani. Il Milan, purtroppo, si intimidiva e faceva spesso girare la sfera nei paraggi di Donnarumma, cosa che lo costringeva a disputare il match sul filo di un rasoio.

Le squadre erano ancora in parità numerica e Insigne, buonissimo giocatore, anche se meno tecnico del fratello più famoso, centrava il palo su un tiro dal limite che avrebbe potuto riportare il match in parità. L'incantesimo più riuscito delle janare, tuttavia, lo si vedeva alla mezz'ora, quando Tonali veniva espulso e il Milan rimaneva in 10 uomini. Il ragazzo stoppava male la sfera sul centro destra della propria area di rigore, perdendo la proverbiale trebisonda. Alzava, infatti, la gamba verso il ginocchio di Caprari, il quale crollava al suolo, nonostante il rossonero avesse trattenuto il piede e non affondato il colpo. Un nuovo incantesimo delle streghe ricostruiva il menisco e i legamenti della povera vittima, di certo spappolati dal proditorio intervento del sanguinario rossonero, ma Pasqua non poteva fare a meno di espellere Tonali, perché la dinamica dell'intervento era molto televisiva e, rivista al VAR, non lasciava margini di scelta al direttore di gara.

Con la squadra in inferiorità numerica, Pioli inseriva i muscoli di Krunic in mediana, sacrificando Diaz che era stato schierato al posto di Salemaekers, ma nelle mansioni di interno di centrocampo, in posizione di mezz'ala destra per la precisione, mentre Calha giostrava come al solito sul centro-sinistra.  Poi Pioli ha vinto il match resistendo alla tentazione che, confessiamolo, tutti avremmo avuto al suo posto: togliere Leao per rinforzare il centrocampo con Castillejo, teoricamente più in grado di difendere oltre che di attaccare. Pioli ha rischiato, invece, chiedendo a Leao di coprire la mezza destra, per poi fare la seconda punta in aiuto di Rebic, nel frattempo accentratosi, in fase di attacco. Rafael, sputava sangue e anima, ma non cedeva di un metro e, nella ripresa, assestava un duro colpo al Benevento. Montipò usciva dalla porta per anticipare Kessie, lanciato in porta da Rebic sulla sinistra, ma in lieve ritardo per la distanza da cui era partito. La sfera dell'intuizione, invece, aveva suggerito a Leao di attraversare il campo da destra a sinistra seguendo l'azione. Quando Montipò scopriva di essere stato aggirato, arretrava per riguadagnare la porta. ma Rafael Leao lo abbatteva con un pallonetto diabolico sorprendendolo nella terra di nessuno, fra palla e rete, né più né meno di un bisonte sorpreso inerme nella prateria. Anche questa era una magia, ma talmente potente da lasciare a bocca aperta anche le terribili janare del Sannio. Complimenti a Pioli, lo ripeto, che ha letto negli occhi del suo giocatore la voglia di fare grandi cose e lo ha messo alla prova.

Nella mezz'ora finale, i rossoneri provavano finalmente a uscire quando avevano la palla, ma dovevano subire le folate dei giallorossi quando erano questi ad avere la sfera. Donnarumma saliva in cattedra e si faceva valere proprio sui palloni che arrivavano dalle fasce, suo tradizionale tallone d'Achille. Nel colpisci-tu-che-poi-ti colpisco-io, il Milan rispondeva incantesimo su incantesimo al Benevento, centrando pali clamorosi a portiere battuto con Calha e Kessie.

Al fischio finale, anche l'ultima irriducibile janara, l'indiavolato Schiattarella, si disperdeva per il cielo a cavallo della scopa ringhiando rabbia alla luna. Lapadula avrebbe forse meritato la soddisfazione del gol contro la sua ex-squadra, anche perché, pur con i suoi limiti tecnici, ha dimostrato ancora di saper giocare bene senza palla. La difesa del Benevento, inappuntabile nella normalità, si è dimostrata inadeguata a reggere situazioni impreviste e ciò sarà, per tutto il campionato, il tallone di Achille di una squadra valida, ma disegnata un po' troppo su misura per i gusti del suo tecnico, un grande attaccante.

Così il Milan si è regalato un'altra serata in vetta dopo 15 partite di campionato, quasi mezza stagione calcistica. Non è poco anche se, ripeto, i rossoneri dovranno evitare di fare del primo posto un'ossessione. Fermo restando che, vista la sua posizione, il Milan deve puntare al successo contro la Juventus, non dovrebbe disprezzare un eventuale pareggio, anche se dovesse costare la vetta. Il campionato è lungo e anche l'Inter affronterà qualche Juventus o consimile bestiaccia, quindi sarà alla fine che si faranno i conti e un punto contro i bianconeri a fine anno farebbe classifica.

Massara ha detto che non ci sono novità sul rinnovo dei contratti di Donnarumma e Calha. Ora, visto che siamo in una fase in cui, regolamenti alla mano, questi giocatori potrebbero firmare con altri, direi di non nasconderci più dietro il mignolino della volontà di rimanere degli interessati, che rischia di trasformarsi in una crudele pagliacciata a scapito dei tifosi. La società prenda finalmente atto che questi giocatori potrebbero andare via (ma probabilmente lo ha già fatto) e programmi dei futuri alternativi, tanto nel caso che la grana si risolva tanto nel caso in cui le trattative vadano definitivamente a schifio. E se il problema di Donnarumma fosse la clausola rescissoria, dategliela, perché a volte capita che, chi è libero di andarsene, poi resti a vita. Capita.