No, non è un titolo ironico per fare clickbait. Le donne non possono andare in alcuni settori dello Stadio Olimpico di Roma e succede ad ogni giornata calcistica, soprattutto nelle più importanti. Una storia che in pochi conoscono, ma che è giusto raccontare.

La questione di genere ha investito anche il mondo del calcio, soprattutto perché sono sempre più le mogli, le fidanzate o semplici appassionate che decidono di andare allo stadio a vedere i propri idoli sgambettare sul terreno di gioco. Gli stadi stanno diventando sempre più "familiari" e si respira sempre più aria di festa che di agonismo militare.

Eppure, se questo avviene in molti stadi italiani, in alcune zone non è ancora così. Una di queste è l'Arabia Saudita, terra bellissima ma fortemente controllata da un regime religioso e totalitario. In questo paese le donne sono ancora viste come mere "proprietà" dell'uomo e vengono loro negati molti diritti. Uno di questo è il poter uscire di casa da sole, in quanto possono farlo solo se accompagnate da altre donne o da un uomo. In questi luoghi la questione di genere è ancora fortemente messa in discussione, e già atlete del calibro di Anna Manzychuk e di sua sorella Campionessa del Mondo in carica, non parteciperanno ai prossimi mondiali di scacchi perché tenuti in Arabia Saudita e, quindi, dovranno attenersi alle rigide regole che il Califfato impone, come quella descritta sopra o il dover indossare il velo in pubblico.

Quindi, la polemica si è subito rivoltata su un altro evento, la Supercoppa Italiana, che dovrà giocarsi proprio in Arabia Saudita. Alcuni politici hanno saputo sfruttare l'argomento per battersi a spada tratta per la difesa dei diritti delle donne arabe, in quanto non potranno accedere ad alcune zone dello stadio, riservate solo agli uomini.
E da qui fiumi di inchiostro sono stati gettati, tutti indignati, tutti a dire "Giocate in Italia dove queste cose non succedono". Ma davvero?

Eppure, caro Lettore o Lettrice, anche in Italia se sei donna non puoi entrare in alcune zone del campo.
Succede ogni "domenica" all'Olimpico di Roma, dove la Curva Nord, storica curva laziale, ha una regola rigida: qui le donne non possono entrare. Esattamente come in Arabia.

Nell'agosto del 2018 (appena cinque mesi fa) è anche partita un'indagine a cura della FIGC guidata dal procuratore Pecoraro per questo divieto abominevole, quindi non vi dico cose avvenute 50 o 60 anni fa, dopo che il gruppo degli "Irriducibili" ha fatto girare un messaggio su un volantino in cui ordinava di tenere le donne lontane dalla Curva Nord, così trascritto fedelmente: "La Nord per noi rappresenta un luogo sacro. Un ambiente con un codice non scritto da rispettare. Le prime file, da sempre, le viviamo come fossero una linea trincerata. All'interno di essa non ammettiamo Donne, Mogli e Fidanzate, pertanto le invitiamo a posizionarsi dalla 10^ fila in poi. Chi sceglie lo stadio come alternativa alla spensierata e romantica giornata a Villa Borghese, andasse in altri settori".

Nulla da aggiungere.

Forse solo una piccola cosa. Prima di discutere su cosa facciano o non facciano gli altri e imbracciare guerre che devono essere combattute (su questo non c'è ombra di dubbio), sarebbe opportuno che guardassimo il nostro Bel Paese per vedere se i diritti che dovrebbero esserci in altri paesi ci siano anche in Italia. Ma forse molti tra noi sono stati traviati da un abile burattinaio che ha svoltato l'opinione pubblica facendola indignare per qualcosa che avviene al di là dei nostri confini e quello stesso personaggio che fino ad ora non ha preso alcun provvedimento per ciò che avviene all'Olimpico, ogni giornata. E come avviene all'Olimpico avviene anche in tanti altri stadi, dove però gli ultrà o presunti tali, furbamente, non stampano volantini e, magari, sono gli stessi che si battono il petto dicendo che la Finale di Supercoppa non possa essere giocata in Arabia perché le donne non possono andare in tutti i settori dello stadio. Come se questa cosa non avvenisse anche qui. Come se questa cosa non la ordinassero loro.