Conquistata la finale di Coppa Italia, martedì sera contro l’Inter, la Juventus torna subito in campo in una sfida d'alta classifica. Al San Paolo di Napoli, oggi stadio Maradona, i bianconeri se la vedranno con la formazione di Gennaro Gattuso, reduce da un periodo non particolarmente brillante, culminato con l'eliminazione in coppa, subita Bergamo per mano dell’Atalanta. Neppure un mese dopo la partita di Supercoppa che vide la netta affermazione bianconera, e sempre in attesa che venga stabilita una data in cui recuperare la sfida dell’andata, saltata per le ormai tristi note vicende, le due squadre tornano ad affrontarsi.

Per la sfida al Napoli, la scelta di Pirlo cade ancora una volta su quello che, stando agli uomini schierati, sembra un 442. Nonostante la necessità di ruotare i giocatori in questa serie di gare ravvicinate, l’allenatore bianconero impone questa volta soltanto alcuni cambiamenti rispetto alla formazione che ha affrontato l’Inter in settimana. Torna Szczesny tra i pali al posto di Buffon. Per la difesa la scelta cade su De Ligt e Chiellini, con Cuadrado e Danilo ad agire sulle due fasce. Ancora indisponibile Arthur, in mezzo al campo conferma per il quartetto di martedì scorso, Bentancur e Rabiot coppia centrale supportati da Chiesa e Bernardeschi sulle due fasce. Sempre fuori dai convocati Dybala, l’attacco ritrova Morata al suo posto, al fianco di Cristiano Ronaldo.

Tante assenze nel Napoli, a partire dalla coppia centrale Manolas - Koulibaly, fino ad Ospina, infortunatosi durante il riscaldamento. La risposta di Gattuso è affidata al solito 4231 che sta proponendo già da qualche tempo, con il trio di fantasisti composto da Politano, Insigne e Lozano a supportare Osimhen. Davanti la porta protetta da Meret, i due centrali saranno Maksimovic e Rrahmani, con Di Lorenzo e Mario Rui a  chiudere la linea difensiva. La coppia mediana Bakayoko - Zielinski completa la formazione del mister napoletano. 

Il brutto spot dello sponsor del campionato, la triste coreografia digitale, il solito inascoltabile inno della Lega e, come se non bastasse, l’introduzione di Caressa accompagnano i telespettatori fino al fischio di inizio dell’arbitro Doveri. La partita parte lentissima. Le squadre sono bloccate in quella che sembra essere una lunga fase di studio. Come sempre accade quando affronta la Juventus, Gattuso lascia il pallone e l'iniziativa ai bianconeri, che però sembrano non sapere cosa farsene. Va in scena, per tutta la prima parte della gara, un giro palla praticamente ininterrotto ma di rara inutilità. L’azione della Juventus parte come al solito da Szczesny, scivola pericolosamente davanti l'area, arriva in qualche modo fino a centrocampo per poi, a difesa avversaria abbondantemente schierata, tornare inesorabilmente al punto di partenza con un inevitabile passaggio all’indietro. A quel punto riparte la lenta trama bianconera, che il più delle volte si perde a causa di alcune iniziative in proposizione da parte di Chiellini che non appartengono al suo repertorio tecnico. 

Pirlo appesantisce inoltre la sua squadra con una ulteriore inutile complicazione.  Per mantenere i suoi particolari meccanismi di gioco “liquidi”, altera quello che sulla carta sarebbe un semplice e sincero 442 schierando Bernardeschi sulla fascia destra, affidandogli quel ruolo ibrido a metà strada tra l’esterno e il trequartista che ogni volta di più riporta alla mente la lontana e famigerata “botola” sacchiana. Chiesa, di conseguenza, gioca largo a sinistra. Un intero girone passato a fare esperimenti non è bastato a far capire al nostro allenatore che quelle sono le posizioni dove i due giocatori incontrano maggiori difficoltà. Chiesa, per tutto il primo tempo, tende ad accentrarsi per andare a cercare quelle zone di campo più adatte alle sue caratteristiche. E’ proprio da un suo spunto prepotente su Di Lorenzo che la Juventus costruisce l’unico tiro di tutto il primo tempo. L’occasione però capita sul piede sbagliato, quello di Bernardeschi. Liberato dalla rifinitura di Morata, l’esterno bianconero, da posizione favorevole, con il sinistro, spedisce il pallone in curva B. L’ormai famigerata linea a cinque che si forma immediatamente quando la Juventus ha il pallone, priva dei movimenti necessari tra le linee, finisce inevitabilmente per schiacciarsi contro la solida diga predisposta da Gattuso. Dalla panchina bianconera arriva solo qualche  invito alla squadra a far girare il pallone più velocemente. Nonostante il possesso palla praticamente ininterrotto, la sensazione che inizia a farsi largo è che difficilmente troveremo la via della rete. Si arriva così, senza nessun’altra occasione, se non un paio di calci d’angolo per parte, alla mezz'ora di gioco, quando una punizione calciata dalla trequarti da Insigne, si spegne in maniera innocua tra le braccia di Szczesny. La presa comoda del portiere bianconero è accompagnata dal grido di dolore di Rrahmani che stramazza a terra in piena area. Il replay evidenzia un tocco di Chiellini, con la mano sinistra troppo larga, sulla faccia del centrale albanese. Il tocco non sembra particolarmente grave, almeno non al punto di provocare il crollo a terra del giocatore ma purtroppo è evidente. Il Var richiama l’arbitro Doveri che, dopo breve revisione, assegna il rigore ai padroni di casa.

Insigne trasforma sicuro, incrociando con il destro sotto la traversa. A nulla serve l’estremo incitamento per Szczesny arrivato da Pinsoglio in panchina. Il Napoli passa in vantaggio. Siamo sotto, senza aver subito un tiro in porta, a causa di una imperdonabile ingenuità di quello che dovrebbe essere il nostro difensore più esperto. Siamo nell’epoca del calcio televisivo, l’era in cui le telecamere sono ovunque, persino dentro i pali delle porte, e in cui ogni mischia in area viene osservata con estrema attenzione. Siamo dentro un nuovo calcio, sicuramente meno affascinante, in cui il contatto fisico non è quasi più tollerato. Il vecchio modo di giocare e di difendere, purtroppo aggiungo, non è più proponibile. L’ingenuità commessa da Chiellini è imperdonabile.

Il gol subìto manda in difficoltà la Juventus che inizia a perdere anche la misura dei passaggi più elementari. Ronaldo gira a vuoto, Morata sbaglia tutto quello che si può sbagliare, Bernardeschi si muove e combatte ma come al solito produce solo una grande confusione. Insieme con Bernardeschi, inizia ad andare in confusione anche il bravo Caressa in telecronaca. L’emozione per lo svantaggio della Juventus lo induce a confondere i giocatori qualche volta di troppo.

Si va al riposo con la Juventus sotto di un gol, dopo aver assistito al peggior primo tempo disputato in stagione dalla squadra bianconera. Solo  a Milano contro l’Inter, forse, la squadra riuscì a fare peggio. Difficile accettare il nulla che si è visto in campo nella frazione di gara appena conclusa, difficile sopportare ancora le fissazioni tattiche di Pirlo, talmente invadenti da stravolgere le caratteristiche dei giocatori in campo. L’allenatore bianconero sfrutta l’intervallo per operare subito la prima sostituzione. Troppo brutta la Juventus dei primi quarantacinque minuti per rimandare in campo gli stessi giocatori che avevano iniziato la partita. Resta negli spogliatoi Cuadrado, al suo posto entra Alex Sandro. Il primo beneficio della sostituzione arriva con il riposizionamento delle due ali sulle rispettive fasce preferite e con la cristallizzazione  del sistema di gioco su un modulo meno “liquido” e maggiormente strutturato. La coppia di terzini brasiliani assicura maggiore equilibrio e stabilità, inoltre permette in questo modo di creare due catene di gioco su entrambe le fasce. Molto più utili, rispetto ad una linea statica, quando c’è bisogno di aprire spazi per scardinare difese molto chiuse. E’ per me incomprensibile continuare ad insistere nello schierare Cuadrado nella posizione di terzino. Limitando e in parte snaturando un giocatore prezioso come il colombiano in nome di quell’inutile utopia di realizzare, in fase di possesso palla, una linea di attacco a cinque punte che, per la sua inevitabile staticità, rende la manovra goffa e pesante. 

Il cambio di Pirlo sembra portare un immediato miglioramento alla squadra. L’avvio del secondo tempo della Juventus è buono. Organizzata in una maniera più semplice e efficace, la squadra bianconera trova subito un migliore equilibrio che le permette di alzare il baricentro e proporre un gioco maggiormente efficace nella metà campo napoletana. Le catene sulle fasce funzionano, il pallone viaggia più velocemente e trova sui due esterni quello sfogo che era mancato per tutto il primo tempo. La Juventus riesce per lunghi tratti a chiudere il Napoli nella sua area. Il primo cambio di Pirlo porta la partita su un binario differente rispetto a quello fin lì stancamente percorso. Arrivano le prima occasioni per segnare.

Chiesa riportato nella posizione più adatta, propone subito due iniziative interessanti sulla fascia concluse da due cross. Sulla prima occasione, Morata impatta di testa mandando il pallone sul fondo. Lo sviluppo della seconda azione porta, dopo una serie di rimpalli, Ronaldo a concludere dal limite. Il pallone passa non troppo lontano dal palo. L’occasione più grande della partita arriva pochi minuti dopo, da un angolo calciato da Bernardeschi. Il pallone, deviato prima da Bentancur e poi da Osimhen, arriva dalle parti di Ronaldo al limite dell’area piccola. La girata debole del portoghese trova pronto Meret. Ronaldo rappresenta il porto sicuro del tifoso bianconero davanti alla tv, una sorta di totem cui riporre le speranze quando la partita sembra mettersi male. "Comunque c’è Ronaldo", è il pensiero che accompagna il tifoso nella tempesta. Quando anche il portoghese spreca con scarsa convinzione una grande occasione come quella appena capitata, sinistri presagi si abbattono sull’esito della partita. Ci prova ancora Chiesa, sugli sviluppi di un calcio di punizione battuto da Bernardeschi, con un destro forse troppo centrale che trova Meret pronto alla deviazione. La sensazione che serpeggia nel tifoso bianconero davanti alla tv è che non segneremo mai. La brutta sensazione diventa consapevolezza man mano che il tempo scorre e che tante potenziali occasioni vengano sprecate per tocchi superficiali in fase di rifinitura oppure per andare a cercare Ronaldo un momento prima di quanto lo sviluppo corretto dell'azione richiederebbe. In troppe circostanze i nostri attaccanti si fanno trovare in fuorigioco. Non è la prima volta che succede.

Gattuso propone le sue prime mosse. Entrano Elmas e Fabian Ruiz al posto di Zielinski e Politano. La sostituzione del tecnico napoletano è accompagnata, come al solito in questa stagione, da uno spot che invita i telespettatori a noleggiare una Volvo. Anche Pirlo rimescola le carte. McKennie prende il posto di Bernardeschi. Questa volta lo spot che accompagna la sostituzione riguarda una non meglio precisata bevanda di cui non ricordo il nome e verso la quale nutro un forte sentimento di avversione. Sono gli effetti delle pubblicità inopportune e momento più inopportuno di questo, durante una partita, trasmessa su una pay tv, in cui la Juventus sta scivolando verso la sconfitta e con buone probabilità fuori dalla lotta scudetto, fatico ad immaginarlo. Pirlo cerca un assetto più offensivo inserendo anche Kulusevski al posto di Bentancur. I nuovi entrati però non impattano bene sulla partita. Le sostituzioni riportano la Juventus al solito sistema di gioco,  a quei complicati meccanismi di transizione che finiscono per ricondurre la partita su binari più favorevoli a chi difende. Spariscono le catene sulle fasce, ritorna la famigerata linea di attacco a cinque. Il Napoli chiude gli spazi, la Juve non ha più i movimenti per crearne di nuovi. Il gioco di attacco diventa una sorta di infinita mischia ai limiti dell’area avversaria. Ronaldo non arriva su un diagonale di Alex Sandro che attraversa tutto lo specchio della porta per spegnersi contro i cartelloni pubblicitari a bordo campo. 

Il secondo tempo del Napoli ricalca quanto visto nel primo. La squadra di Gattuso resta serrata in difesa su due linee molto compatte. Non riparte ma cerca di gestire il pallone quando possibile. Lascia spazio in impostazione solo a Chiellini che maltratta una quantità impressionante di palloni. Vista la situazione, il tifoso bianconero davanti alla tv si chiede per quale motivo Bonucci resti seduto, si fa per dire, in panchina. La sua capacità di giocare il pallone e di impostare l’azione forse sarebbe servita più della foga di Chiellini. La consapevolezza che non segneremo diventa rassegnazione quando un tiro di Chiesa dal limite dell’area scivola fuori ad un soffio dal palo. Caressa, ormai eccitato dalla concreta possibilità di accompagnare la partita fino alla fine con la sconfitta della Juventus, diventa incontenibile. Non ne prende più una. Scambia Morata per Ronaldo, Danilo per McKennie, Rabiot per Alex Sandro. L’ultima occasione capita sui piedi di Morata, bravo a controllare al limite dell’area piccola un cross basso dalla sinistra di Chiesa e a girarsi velocemente per concludere in porta trovando ancora una volta il riflesso di Meret. Non è serata. 

Nemmeno i sei minuti concessi da Doveri rincuorano più di tanto il tifoso davanti alla tv. Tra un tuffo di Lozano e qualche perdita di tempo il cronometro scorre impietoso, trascinando con sé la Juventus verso un’incredibile sconfitta. Finisce 1-0. La Juventus riesce nell’impresa impossibile di perdere una partita contro un avversario che non è mai nemmeno andato vicino alla conclusione verso Szczesny. Perde a causa della clamorosa ingenuità di Chiellini che con i suoi soliti movimenti scoordinati è un richiamo costante per gli arbitri al var.

Sul secondo tempo c’è poco da rimproverare alla squadra, gli errori fanno parte del gioco. Inaccettabile invece è quello squallido spettacolo che abbiamo dovuto sopportare nei primi quarantacinque minuti. Un possesso palla di ingiustificabile attesa per una squadra chiamata a vincere la partita. Giocatori in campo che sembrano più concentrati a muoversi in base alle complicate indicazioni dell’allenatore, perdendo di vista quello che è l’obiettivo principale di questo gioco: fare gol. Pirlo, quando sembra finalmente aver percorso qualche passo in avanti sulla lunga strada per diventare un allenatore, torna inesorabilmente indietro. Legato a quelle sue idee di gioco che il campo sembra rifiutare. Restano perplessità forti sulla sua capacità di leggere le partite e di intervenire con i cambi, ancora più forti le perplessità sulla sua capacità di far rendere al meglio i giocatori. Ancora non riesco a darmi una spiegazione per la scelta di metterlo, senza alcuna esperienza, sulla panchina più difficile d’Italia. Il rischio concreto di aver buttato via una stagione che doveva essere di rinnovamento è molto forte.

L'impressione è che il lavoro di Pirlo non stia fornendo informazioni attendibili sui giocatori in rosa. Troppo spesso piegati alle esigenze del “calcio liquido”, che prendono il sopravvento sulle loro caratteristiche, non forniscono le prestazioni attese. Fino a che punto dipende da loro? Si è scatenata in rete la caccia a Bentancur e Rabiot. Come sempre i centrocampisti sono ormai i primi colpevoli quando le cose vanno male. A me sembra che abbiano fatto la partita che deve fare una coppia di mediani. Tanta interdizione, ed infatti il Napoli non ha mai tirato in porta, e pressing pressing fino al limite dell'area avversaria, in quella fase ad inizio ripresa quando sembrava che la Juventus avesse preso il sopravvento. Fatico ad inquadrarli come i principali responsabili della sconfitta. Soprattutto fatico ad immaginare che la soluzione per il nostro centrocampo possa risiedere in uno dei tanti nomi che circolano in questo periodo. Non vedo ad esempio in Locatelli, tanto per citarne uno, un giocatore in grado di prendere il posto e di offrire un rendimento migliore rispetto agli elementi presenti in rosa. I sogni dei tifosi sono pieni di innamoramenti temporanei, frutto di effimero entusiasmo e di una ricerca della soluzione che, anche nella vita di tutti i giorni, passa inevitabilmente attraverso il ricorso agli acquisti. Nel corso degli anni ho letto migliaia di tifosi strapparsi i capelli per gente come Praet, Tielemans, Tolisso. In un periodo più recente sono finiti in cima alle preferenze Van de Beek, che a Manchester non gioca mai, e Aouar, certamente un buon giocatore ma il cui impatto in una grande realtà sarebbe tutto da dimostrare. Cambiare continuamente i giocatori significa solo cambiare il nome del problema, non certo trovare la soluzione che, prima di qualsiasi cosa, passa attraverso un impianto di gioco solido e in grado di valorizzare al meglio la rosa a disposizione. Pirlo finora non è riuscito a farlo.