In data 22 maggio 2020 si è spento, all’età di 81 anni, Gigi Simoni, un sicuro protagonista della storia del calcio nazionale. Il tecnico di Crevalcore, nel corso della sua lunghissima carriera, ha frequentato, prima da calciatore e poi da allenatore, il palcoscenico semi professionistico e professionistico del nostro calcio, militando in società di primaria importanza (tra le altre Napoli, Genoa, Torino, Juventus ed Inter).

Nell’ascoltare i commenti degli addetti ai lavori e nel ricordare il modo di porsi del tecnico della provincia bresciana davanti alle telecamere, si è sempre percepita la pacatezza, l’umiltà e la grande signorilità di un autentico uomo di calcio. In tale contesto, non si può omettere di ricordare che, nel corso della sua vita, Gigi Simoni ha vissuto uno dei drammi più atroci dell’esistenza, ovvero quello di sopravvivere ad un figlio, Adriano, prematuramente deceduto in un incidente stradale all’età di 33 anni.

L’unica, clamorosa e plateale, protesta sul campo che è dato ricordare, riguarda l’espulsione subita dall’arbitro Ceccarini, nel corso della famosa partita Juventus/Inter del 26 aprile 1998, in seguito alla mancata concessione da parte dell’arbitro del rigore per l’intervento di Juliano su Ronaldo e, sul ribaltamento della stessa azione, all’ assegnazione del rigore a favore della Juventus (poi fallito da Del Piero) per il fallo di West sullo stesso Del Piero.
D’altra parte, in una partita considerata decisiva per le sorti dello scudetto, qualsiasi allenatore, per quanto pacato, sarebbe esploso nel vedersi negato (a torto o a ragione, a seconda dei punti di vista) un rigore e nel subire, immediatamente dopo, la massima punizione a sfavore. A distanza di anni, Simoni, sempre con il linguaggio misurato che lo contraddistinse, ritornò (come tutti peraltro) su quel famoso episodio, dichiarando, semplicemente e pacatamente, che l’arbitro aveva assunto una decisione sbagliata e che, nel corso di quello stesso campionato, combattuto, punto a punto, con la Juventus sino a quella famosa partita (quintultima di ritorno), c’erano stati altri episodi discutibili.
L’ovvietà di tali dichiarazioni è palese, in quanto è assolutamente evidente che, in un campionato risoltosi solo alla fine, gli interessati vadano a sottolineare gli episodi dubbi, che avrebbero potuto determinare - se le decisioni fossero state diverse da quelle assunte o non assunte - esiti diversi nella classifica finale.
Basti ricordare, tra i numerosi fatti eclatanti, le polemiche infinite relative alla monetina da 100 Lire sulla testa di Alemao in Atalanta-Napoli dell’8 aprile 1990, con vittoria a tavolino del Napoli e conseguente secondo scudetto alla società partenopea; o quelle scaturite il 14 maggio 2000, in occasione di Perugia-Juventus, prima rinviata e poi disputato dopo 90 minuti su un campo ridotto a risaia, con sconfitta della Juventus e scudetto alla Lazio; o ancora il clamore suscitato nel passato recente dalla mancata seconda ammonizione a Pjanic in occasione di Inter-Juventus del 28 aprile 2018, con vittoria della Juventus e conseguente sconfitta “in albergo” del Napoli, con scudetto bianconero.
Ogni campionato lottato testa a testa si porta dietro episodi di incerta interpretazione, rivelatisi alla fine decisivi, per effetto dei punti conseguiti o persi in relazione alle decisioni, che furono prese, per giudicare le varie situazioni.
Ove invece si ritenesse che le decisioni siano state dettate dalla malafede arbitrale, allora – prima di instaurare becere e stucchevoli discussioni - noi tutti ci dovremmo chiedere se non esistono mezzi più subdoli per indirizzare le partite in un senso o nell’altro, piuttosto di rifarsi a topiche clamorose sotto gli occhi di tutti (ad esempio il clamoroso episodio della rete non concessa al Milan contro la Juventus per il goal/non goal di Muntari del 25 febbraio 2012).

Ma sto divagando su argomenti ben noti a tutti gli sportivi, per cui occorre tornare alle motivazioni del titolo dell’articolo, in quanto non può essere, in alcun modo, giustificabile quanto dichiarato da Massimo Moratti, commemorando la scomparsa del tecnico, ovvero: “Gigi Simoni è stato un grande protagonista della storia dell’Inter. Ha vinto una coppa europea molto importante, gli è stato impedito di vincere un campionato che avrebbe assolutamente meritato”.
“Gli è stato impedito di vincere un campionato!!??” Ma stiamo scherzando! L’ex Presidente dell’Inter, anche nel giorno in cui dovrebbe esclusivamente ricordare il tecnico, riesce a condire le proprie dichiarazioni con affermazioni del tutto estemporanee, sconcertanti ed inappropriate. Tanto più improponibili, in quanto Simoni non ha mai rilasciato affermazioni del citato tenore.

In proposito, giova ricordare all’ex patron interista quanto dichiarato dal tecnico in un’intervista rilasciata ai microfoni Mediaset (Premium Sport) nell’aprile del 2018. Con la citata intervista, Gigi Simoni replicava a quanto ancora affermato dall’arbitro Ceccarini a venti anni dalla famosa partita, ovvero che per l’arbitro, l’episodio Juliano vs Ronaldo non era sanzionabile con un rigore: "Adesso a sentire quelle dichiarazioni non mi sono arrabbiato per niente, la cosa è stata evidenziata da tutti; poi c'è l'arbitro che dice una bugia e deve difendere una versione sbagliata. Non lo so cosa pensasse lui, io penso che quando tutti tranne uno dicono che il fallo di Mark Iuliano c'era, lui si mise contro 50 milioni di opinioni e tenne duro. Ormai non devo arrabbiarmi più, tra l'altro quel rigore non avrebbe permesso all'Inter di vincere subito il campionato; avremmo dovuto lottare ancora parecchio. Di certo avrebbe potuto cambiare la storia della partita. Col Var indubbiamente non sarebbe successo, però sono ormai 20 anni che tutti dicono questa cosa. Non c'è rigore al mondo che abbia dato popolarità quanto questo, tutti hanno l'idea che il rigore ci fosse, poi lui cerca di tenere questa impressione e mi dà l'idea che fosse vero. Non avremmo vinto sicuramente, ma eravamo a un punto di distacco e mancavano quattro partite, che per noi erano facili e per loro molto difficili. C'erano i presupposti per vincere, insomma. Ho incontrato il padre di Iuliano a Cosenza, venne a parlarmi e mi disse che anche il figlio ammise che era rigore".
Anche in occasione della citata intervista, Gigi Simoni si fece riconoscere per l’uomo che era: una persona di grandissima onestà intellettuale, un uomo di sport a tutto tondo. Pur continuando a rivendicare di aver subito un torto in una partita cruciale, ammise che anche l’eventuale concessione (e l’eventuale marcatura) non avrebbe certamente permesso alla squadra nerazzurra di vincere il titolo.

Forse, nel commemorare il tecnico, qualcuno avrebbe dovuto ricordare a Moratti le dichiarazioni rese da Simoni in esito all’inopinato esonero dopo la sua breve esperienza sulla panchina dell’Inter: dal 1° luglio del 1997 al 30 novembre del 1998 in nerazzurro, Simoni si accomodò in panchina per 73 partite con una media punti di 2.01 a match: il 31 agosto del 1997 il primo incontro che ne segnò il debutto con una vittoria (2-1 sul Brescia in campionato); il 29 novembre del 1998 l'ultima sfida prima dell'esonero avvenuta dopo la vittoria sulla Salernitana (2-1 in Serie A) e il successo in Champions (3-1 sul Real Madrid), nonché la conquista della Coppa Uefa.
Alla notizia (comunicata per telefono da Mazzola), Simoni commentò che non si aspettava proprio l’esonero ma che prendeva atto dell’evento con molto dispiacere. Nella conferenza stampa convocata per il giorno dopo l’esonero, Simoni dichiarò, in modo seccato ma composto come nello stile della persona, quanto segue: Considero questo esonero una decisione ingiusta nei miei confronti. Considero questa una situazione contro natura. Sono stato mandato via dopo due vittorie, una cosa mai vista ….il mio rapporto con Moratti? Voi giornalisti avete scritto dei contrasti fra me e il presidente, ma io no he ho mai avuto il sentore. Anzi ho sempre avuto ottimi rapporti. Forse se mi fosse stato detto che cosa non andava bene avrei anche potuto cambiare qualcosa”.

Nel giorno della commemorazione per la scomparsa del tecnico ex interista, Moratti avrebbe dovuto evitare di reiterare dichiarazioni, che non appartenevano al bagaglio culturale di Gigi Simoni (un vero gentiluomo) ma piuttosto a quello del Presidente.
Tra l’altro, Moratti si produce in affermazioni che, oltre a rivelarsi del tutto sterili ed inopportune, sono del tutto contraddittorie, in quanto la storia del rapporto tra Simoni e l’Inter racconta di un esonero considerato inspiegabile (anche all’interno dello spogliatoio nerazzurro) e che turbò profondamente il tecnico. Se, secondo l’ex patron, a Simoni è stato impedito di vincere il campionato, allora il tecnico doveva andare esente da qualsivoglia responsabilità e quindi perché esonerarlo?
Di conseguenza, anziché rifarsi a quanto dichiarato da Moratti - la cui ossessione antijuventina, nonostante in questi giorni ricorra il decennale del Triplete, non cessa mai di manifestarsi, neanche quando si tratta di ricordare una persona, la cui sportività è sempre stata al di sopra di ogni sospetto – è decisamente preferibile riferire quanto dichiarato in merito a Simoni da un grande interista (che a differenza di Moratti è stato uomo di campo), ovvero l’ex difensore dell'Inter, Beppe Bergomi.

Il campione del Mondo del 1982 ha ricordato la storica sfida tra Juventus e Inter del 1998 sulle colonne de La Gazzetta dello Sport in questo modo "Era la partita scudetto... si può comprendere la veemenza di quelle proteste: per noi interisti l’arbitro aveva ignorato un rigore solare su Ronaldo... È vero, quella scena fece il giro delle tv: Gigi non aveva mai urlato prima di quel giorno e dopo quel giorno non urlerà mai più. Era un signore, una persona di indole buona. Un grande uomo. E quel campionato avrebbe meritato di portarlo a casa".

Forse è vero. Per la sua storia Simoni avrebbe meritato di vincere quel titolo, quasi come se fosse una sorta di “Scudetto alla Carriera”, tenuto anche conto che quella fu l’unica occasione, nel corso della sua lunghissima militanza nel mondo del calcio, di sfiorare la vittoria finale.
Nessuno ha però impedito a Simoni di non vincerlo e, a prescindere dall’esito di quel torneo, il tecnico sarebbe comunque rimasto la persona seria, positiva e misurata che è sempre stata e il suo ricordo, per queste caratteristiche, resterà indelebile nella mente di tutti gli sportivi.