Sarri e la Lazio. E chi l’avrebbe mai detto?! Il Comandante è tornato e lo fa a Roma, ma sulla sponda meno preventivabile del Tevere. La Capitale è una Città che, per svariati motivi, s’addice perfettamente al tecnico toscano. Si pensi al valore delle emozioni. Maurizio ha fatto grande il Napoli e i partenopei hanno lo hanno reso un mito. Perchè? Per rispondere a tale domanda occorre conoscere l’iconografia dell’allenatore. Il suo soprannome è già di per sé molto esplicativo. Lui è la guida che viene amata e ammirata dalle folle in quanto le sa coinvolgere. Le trascina e, forse proprio per quello, è parso soffrire maggiormente l’assenza degli spettatori. Ha vissuto gran parte della stagione del covid da lontano ed è tornato solo ora che il pubblico ha rifatto capolino sugli spalti. Affascina la gente, prima di tutto, con il suo tipo di calcio. E’ un gioco capace di vincere in modo altamente spettacolare, ma che non drammatizza un mancato successo. Proprio ai tempi azzurri si dubitava della concretezza dello stile, ma l’esperienza al Chelsea ha modificato la prospettiva. Non tratto dello Scudetto juventino perché, a Torino, il sarrismo ha provato a sposarsi con il DNA tipicamente sabaudo non trovando un punto d’incontro. Fu il tecnico a cedere. Abbandonò il suo credo in nome del tricolore. L’Europa League, conquistata con i Blues, resta un biglietto da visita: “Il mio football conduce anche ai trionfi”. Al contrario del freddo capoluogo piemontese, Roma, sia per quanto riguarda Trigoria che relativamente a Formello, è un luogo caldo. Ambo le piazze vivono di sentimento e si fanno trasportare dalla squadra. Come sempre avviene in questi casi, il rischio è di importanti depressioni legati ai primi insuccessi e di grandi esaltazioni non appena la compagine cresce. In sostanza, può essere che manchi equilibrio ma, in tali realtà, Maurizio ha già mostrato di sapere sguazzare. Per quale motivo? E’ anche un grande comunicatore. Basti un semplice esempio. Non appena sbarcato nella famiglia laziale, è stato protagonista di un episodio piuttosto rappresentativo. La location è Auronzo di Cadore, sede del ritiro biancoceleste. Il pubblico presente attacca Muriqi. Sarri, con il suo classico stile da allenatore di altri tempi, lo affronta a muso duro. Cappellino in testa, maglietta che non nasconde le forme non esattamente in linea con la prova costume e calzoncini mostranti gambe non tipiche di un atleta, si avvicina alle tribune. Richiama i presenti affermando che, se il teatrino fosse proseguito, avrebbe fatto allontanare i supporter. Micca male come approccio. La tifoseria laziale non è nemmeno delle più serene e tranquille. Il figlinese non è certo un pavido o un uomo troppo adito a certi compromessi. Sa come mantenere bilanciati i periodi di estremismo.

Se si vuole filosofeggiare, si pensi all’ambiente. “Roma caput mundi” dicevano i latini. Maurizio è persona di grande cultura. E’ nota, per esempio, la sua passione per Bukovski. Trattasi certamente di autore non banale. La Città Eterna è il posto ideale per esprimere tale carattere. Me lo immagino già: il sarrismo di fianco al Colosseo, luogo dove i gladiatori hanno fornito interpretazioni incredibili in grado di esaltare le folle. Non ho mai amato il paragone tra queste figure e i calciatori perché quella antica era una pratica che ritengo profondamente errata. Non si può morire per il divertimento altrui. Non sono solito giudicare, ma la considero davvero assurao e folle. Tant’è. Trascinavano proprio come le squadre del toscano. Penso, poi, al Comandate guidare i suoi alla stregua dei noti condottieri latini. Ricordo Giulio Cesare rappresentato nell’atto di sguainare la spada per indicare la via agli uomini che rispondono con un grido di battaglia. Questo è il sarrismo anche se non ha nulla a che fare con la guerra. E’ calcio, quindi, gioia e felicità. Ma, come si dice dalle mie parti, “C’è un però”… Maurizio non me ne voglia. Si tratta di un semplice gioco. E’ nitida l’immagine di lui rappresentato come un Che Guevara del pallone. Ormai è abbastanza chiaro che questo allenatore trascende lo sport. E’ un’icona. Come tale è stata creata una figura che ruota attorno a lui e vanta pure una rappresentazione politica. Toscano, cresciuto durante il ventennio 1960-1980, figlio di un operaio, amante di un determinato genere letterario di cui si è citato, preferisce la tuta all’elegante e freddo vestito a giacca simbolo della cultura capitalista. Il dado è tratto. Non lo si può che dipingere, magari errando completamente, parte di una certa corrente. Questa, però, non si sposa perfettamente con il credo laziale che, sempre nell’immaginario collettivo, è più vicino ad altre ideologie. Quisquilie? Sì, perché intanto sono tutte mere ipotesi e mai mi permetterei di indicare il pensiero politico altrui. Si tratta, inoltre, di professionisti. Ciò che esula da tale ambito non ha sicuramente conseguenze.

Allora Sarri pare emozionalmente perfetto per la Lazio ed è risaputo che, “mens sana in corpore sano”. Aspetto psicologico e fisico sono strettamente collegati. Quando si sposano, tutto viaggia a meraviglia. I biancocelesti sono partiti in sordina, ma vantano una compagine importante. Maurizio dovrà essere bravo nel trasmettere un credo tattico molto diverso da quello approcciato sino a ora. Simone Inzaghi, infatti, ha vissuto 5 anni a Formello dove il 3-5-2 era un mantra. Il toscano non ha mai giocato con la difesa a 3. Ci ha provato, in un’occasione con l’Empoli a Lanciano, ma è immediatamente tornato sui suoi passi. E’ chiaro che trattasi di iperbole. Tuttavia, sicuramente non adora quello schema. Il passaggio dovrà essere graduale anche perché, a livello di nomi, la compagine non sta variando in maniera eclatante rispetto al passato quindi i dettami dei recenti trascorsi sono ben stabili al suo interno. Il valore della rosa è indiscutibile. Si pensi a questo 4-3-3: Reina; Hysaj, Acerbi, Luiz Felipe, Lazzari; Luis Alberto, Lucas Leiva, Milinkovic-Savic; Pedro, Immobile, Felipe Anderson. Niente male! Il portiere è una garanzia. Hyasaj non ruba gli occhi, ma è un gran lavoratore. Il suo compito è costantemente condotto a termine con la sufficienza. Lazzari, invece, ha sempre giocato esterno di centrocampo a 5. Dovrà fare il terzino. Tale modifica di posizione, però, potrebbe giovargli parecchio anche in ottica nazionale. Se riuscirà a interpretare bene il nuovo ruolo potrebbe essere il post Florenzi andando a formare una coppia favolosa con Di Lorenzo. Acerbi è un campione d’Europa in carica e la prima alternativa al duo Bonucci-Chiellini. In tanti invidiano un calciatore simile anche per quanto concerne l’esperienza. Pure Luiz Felipe rappresenta una certezza. Penso che la coppia saprà adattarsi bene a un reparto a 4. Il centrocampo è micidiale e, proprio per questo, mi sia concesso un paragrafo a parte. L’attacco vede Immobile, punta titolare della nazionale che ha conquistato l’Europeo, Pedro, uno degli uomini più vincenti del Continente, e Anderson, un rientrante che ha sempre fatto bene con la maglia bianconceleste. Relativamente a Ciro, è sicuramente un attaccante molto prolifico e tale prerogativa sarà amata dal toscano. Non lo vedo, però, troppo adatto a duettare con i compagni, come invece è nelle corde del bomber sarrista per antonomasia, Higuain. Lo spagnolo è una vecchia conoscenza del mister di Figline e i due si apprezzano dai dolci tempi londinesi. L’avventura inglese del carioca, invece, non è stata troppo brillante perciò avrà certamente fame e volontà di riscatto. E’ un ragazzo molto intelligente, disponibile e umile. Saprà porsi nella corretta maniera. La Lazio sta costruendo un ottimo team che magari non ha alternative eccellenti rispetto all’undici titolare. Tuttavia giocatori come Strackosca, Marusic, Patrick, Akpa Akpro sanno essere pronti in caso di necessità ed, escludendo l’ambito internazionale dove qualche aspettativa è stata finora delusa, hanno mostrato di saper calcare determinati palcoscenici.

Si parlava della mediana: Luis Alberto, Leiva, Milinkovic-Savic. Lascio momentaneamente da parte Basic, nuovo acquisto che dovrebbe risultare importante. Vi ricordate uno dei centrocampi più forti al mondo? Allan, Jorginho, Hamsik. Quel Napoli targato Sarri aveva davvero tutte le carte in regola per trionfare in Italia e fare molto meglio in ambito internazionale. In patria, però, si trovò di fronte la super Juve di Allegri. Quella degli invincibili. Nel 2017-2018, in Champions, gli azzurri furono battuti da un Real formato Galacticos. La successiva campagna continentale fu piuttosto deludente con l’uscita di scena al girone di Coppa e l’amara eliminazione di Europa League, ai sedicesimi, per mano del Lipsia. Il centrocampo biancoceleste potrebbe ricordare in più di un aspetto quello partenopeo. La regia è affidata a giocatori diversi. Leiva è sicuramente meno dotato tecnicamente e non ha la visione di gioco di Jorginho, ma entrambi sono bravi nel fare filtro davanti alla difesa. Se si osservano le mezze ali, si nota che Luis Alberto è piuttosto simile ad Hamsik. Sono calciatori dai piedi super educati e tatticamente molto intelligenti. Segnano tanto anche in virtù dei loro perfetti inserimenti. Allan e Savic rappresentano la forza e la tenacia. Recuperano palloni sradicandoli dai piedi dei rivali, ma sono anche in grado di farsi trovare pronti nei pressi della rete opposta. Il serbo porta in dote una fisicità molto importante che lo rende micidiale pure da fermo. Questo non gli impedisce un livello tecnico delizioso. Sicuramente il verdeoro è più costante del collega e ciò potrebbe rappresentare un problema per Maurizio. Ma, guardando alle avversarie dirette, chi può permettersi un tale ben di Dio in un ruolo così decisivo come il cuore del centrocampo? L’Inter di Barella, Brozovic e Calhanoglu? Forti? Sì, anzi molto, e pure perfettamente compatibili. Ma non credo che la Lazio abbia tanto da invidiare. L’Atalanta di De Roon e Freuler dietro a Pessina e Malinovski. E’ una mediana di assoluto valore e che si conosce da una vita. Pure i biancocelesti, però, denotano simili prerogative. Il Milan può schierare Kessie e Bennacer alle spalle di Diaz. Non credo che siano superiori alla Lazio. La Juve avrà Bentancur, Locatelli e Rabiot. Anche in questo caso, i bianconcelesti possono essere sereni del materiale a disposizione. Il Napoli posiziona Demme o Lobotka e Fabian a supporto di Zielinski. Meglio gli uomini di Sarri. In ultimo c’è la Roma di Mou con Veretout e Cristante che fanno da scudieri a Lorenzo Pellegrini. Molto bravi, ma credo che, in fin dei conti, nessuno sia superiore a quello bianconceleste.

Non penso che la Lazio possa ambire al titolo perché manca di profondità della rosa ed è una creatura che potrebbe necessitare di tempo per adattarsi al suo nuovo Demiurgo. Ciò detto, il campionato è molto equilibrato e, soprattutto in mezzo al campo, i capitolini sono formidabili. L’allenatore è perfetto per fare emergere le possibilità di quel reparto ed è ottimale nella piazza. Mi aspetto sorprese positive e un campionato al vertice. Una spina nel fianco per le big più accreditate.