Quando la Lazio di Lotito raggiunse la sua prima Champions, non fu per merito sportivo. Qualla Lazio arrivò al quinto posto sul campo, consacrata terza dalle penalizzazioni estive post-Calciopoli, in un campionato peraltro piccolo piccolo. Il campionato di Messina ed Ascoli a far le veci di Napoli e Juventus. Chi in casa Lazio avesse immaginato una campagna di rafforzamento degna della prima Champions conquistata dopo 16 anni di presidenza Lotito, ha fatto i conti col proprio io sognatore. Non con quanto ha insegnato il passato. Un mercato dai ben delineati contorni, dunque. Gli stessi di sempre:

1) I parametri zero. Il solo tipo di acquisti che Tare, ma guarda un po', chiude in due giorni. Leggasi Escalante e Reina

2) Annose, estenunati trattative per l’acquisto di calciatori di costo medio che l'attesa dell’ultim’ora ha spesso fatto saltare. Perché alla Lazio anche il milione può far la differenza tra prendere e lasciare. Leggasi Fares.

3) I grandi nomi (che furono). Cibo per la piazza. Calciatori attempati, grandi un tempo e oggi scommesse a costo zero, buone per gonfiare il petto del tifo. A costo zero, appunto. Leggasi Silva

4) L'eccezione. L'acquisto di un giocatore "fatto" e in età ancora ben "progettuale". Costo massimo 15-20 milioni. Una tantum. Leggasi Muriqi.

5) Allungare, anche ben oltre la terza età calcistica, i contratti di calciatori pur al capolinea, ciò che significa aver sempre buona scorta di figurine valide per riempire caselle e che consente di rimandare quanto più possibile ulteriori acquisti. Leggasi Parolo, Radu, Lulic.

Nulla che dia alla Lazio quella dimensione di "grande" necessaria a primeggiare in campionato e a partecipare con dignità ad una Champions dai ritmi insondati che costringerà a gare di spessore ogni tre giorni. Muro invalicabile finanche per la Lazio dell'Eurogiovedi. Se metter mano ad una difesa che annovera calciatori come Felipe, Radu e Patric, appare cosa almeno parzialmente compresa (servirebbero due titolari, non uno soltanto), in mezzo al campo invece, lì dove si fanno, si vincono e si perdono le partite, non c'è medesima consapevolezza.  Leiva ha un anno in più sulle gambe, una delle quali in convalescenza da mesi. Milinkovic e Luis Alberto appartengono alla stirpe dei grandi giocatori ma di razza umana. Non potranno giocare sempre. Ecco allora che pensare ai minuti, ai tanti minuti di campo dei vari Cataldi, Parolo, Escalante, è cosa che suscita persino tenerezza.

Quando non sono i grandi investimenti a fare le squadre, occorrerebbe quella creatività che non sembra esser di casa a Formello. Acerbi (da proporre anche a sinistra) con Tomiasu e Kim Jae, significherebbe aver fatto un grande "back office", ma la vera svolta sarebbe quella di andare su un profilo di altissimo livello in mezzo. Un profilo dai costi accessibili e che possa fare il titolare vero, alternandosi coi tre tenori della meta campo: Radja Nainggolan. Uno che sa fare tutto, organizzare il gioco, contrastare, finalizzare, creare. Una suggestione che farà storcere il naso a quei tifosi che ignorano quanto i calciatori siano aziende. Professionisti che vendono prestazioni al miglior offerente. E statene certi, Radja saprebbe farsi amare. Anche in biancocelste.