Favola. Una parola, semplice. Una favola, di quelle a cui solo i bambini possono credere. Una favola: una storia inventata, inesistente, inverosimile, quasi impossibile. Ma che favola sarebbe se la Lazio battesse il Bayern Monaco? Pensateci: l’italiana forse meno attrezzata, la cenerentola degli ottavi di finale di Champions League, la compagine che tutte le big d’Europa avrebbero voluto beccare, che batte la corazzata tedesca, una delle più forti (se non la più forte) squadra del mondo, fresca di mondiale per club vinto in Qatar contro il Tigres, di triplete nella scorsa stagione e con un allenatore (Hans-Dieter Flick) che nella sua carriera da tecnico con i bavaresi, ha più titoli vinti (6) che partite perse (5). Pensateci. Pensate che bello che sarebbe. Pensate a che grande spot per il calcio italiano, pensate alla risonanza mediatica che avrebbe una notizia del genere a livello mondiale: ve lo immaginate il dormiente Lotito sulle prime pagine di tutto il mondo?

Eppure di favole negli ultimi tempi ne abbiamo viste parecchie, e oggi ne voglio ricordare una: quella del Leicester di Ranieri.
Proprio quel Ranieri (romanista), che oggi guida la Sampdoria, fu protagonista di quella cavalcata storica che portò una città di (su per giù) 300.000 abitanti sul tetto d’Inghilterra e, soprattutto, nei cuori di ogni appassionato di Calcio (quello con la “C” maiuscola, quello romantico). Perché ha vinto una Premier League da neopromossa, all’ultima giornata, “umiliando” i miliardi di Chelsea, Tottenham, Manchester City e compagnia. Il tutto grazie ai gol (permettetemi di dirlo, "ignorantissimi") di un giapponese, un algerino e un inglese, ex meccanico e con un rapporto difficile con gli stupefacenti (sembra l’inizio di una barzelletta, magari pure abbastanza squallida, ma è la pura realtà). Sotto la guida di un romano con la voce un po' strana, esponente di quella lontana e dimenticata filosofia calcistica che contraddistingueva e caratterizzava il nostro pallone in tutto il mondo: il famoso “catenaccio e contropiede”.

La Storia (del Calcio, ancora quello con la “C” maiuscola) ci ha dimostrato tante volte che le belle favole non sono solamente per bambini, anzi. Le favole calcistiche per i grandi sono, se possibile, ancora più belle di quelle per i piccoli, perché il più delle volte risvegliano quel sopito e lontano ricordo di un Calcio romantico che, seppur a fatica, sopravvive, contro il calcio (questa volta con la “c” minuscola) dei soldi, degli incassi, delle polemiche, dell’antisportività.

Chiamatemi romantico. Sarà che ho 16 anni e che quel calcio “pulito” e romantico non l’ho potuto ammirare e non ne ho potuto godere a pieno, e forse è proprio per questo che oggi lo rimpiango più di altri. Sarà che (come detto) anche le favole dei grandi possono essere belle come quelle dei piccoli. Sperando da italiano (e da amante del Calcio un po’ romantico) che la favola della Lazio si concluda con un lieto fine, sapendo che Davide ha battuto Golia, che la palla è rotonda, che ci sono 180 minuti da giocare, una maglia e dei tifosi da difendere e onorare, e che tutte le partite iniziano sullo 0 a 0. Contro il Bayern, quindi: forza Lazio!

“A mio parere, la grande popolarità che ha il calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza in ogni angolo del mondo c’è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi. Ma il calcio, oggi, è sempre più un’industria e sempre meno un gioco”.
Zdenek Zeman

 

Lorenzo Ferrante