In un mercoledì sera dal sapore di turno infrasettimanale, Lazio e Hellas Verona si ritrovano (di nuovo) in campo, per recuperare la partita della diciassettesima giornata di campionato, e per spartirsi la posta in palio. Ora, al netto dei due pali centrati da un più che ispirato Luis Alberto, considerare quello di stasera come “un punto di sutura” sulle lunghezze che separano la Lazio dall’Inter (-2) e dalla Juventus (-) risulta alquanto doloroso. Ma c’è un fatto, un evento, che dovrebbe in primis far riflettere, e in seconda battuta, provare quanto meno ad addolcire la pillola.

La sostituzione

Siamo attorno al 70° minuto di gioco, e la Lazio ha ormai preso possesso della partita. La squadra di Ivan Juric è infatti schiacciata nella propria area di rigore, a difesa di un pareggio che visto il momento di forma degli avversari, sarebbe tutto tranne che da buttare. Inzaghi capisce il momento, sa che con un piccolo aiuto, con delle forze fresche, i suoi potrebbero ancora una volta, spuntarla. L’allenatore biancoceleste, dopo aver cambiato gli esterni (Jony e Marusic al posto di Lulic e Lazzari) capisce che deve inserire un elemento offensivo: si gira verso la sua panchina, ma non trova nulla di buono. In primis infatti, manda a scaldare il giovanissimo Bobby Adekanye, poi Parolo, poi ci ripensa e richiama Bobby. Il ragazzo ha mostrato del potenziale interessante, e nella scorsa giornata è anche andato in goal. Sta per entrare in campo, ma proprio all’ultimo secondo, il mister ci ripensa di nuovo. In campo alla fine ci va Parolo, spostando Milinkovic-Savic al ruolo di seconda punta. Ecco, è proprio questo il momento che dovrebbe prima far riflettere, e poi addolcire la pillola di un pareggio che altrimenti potrebbe risultare troppo amaro. Riflettere perché forse, con la possibilità di inserire un giocatore prettamente più offensivo di Marco Parolo, e più maturo di un giovanissimo ventunenne alla sua terza apparizione in Serie A, la Lazio questa partita avrebbe potuto davvero portarla a casa. Addolcire la pillola invece, perché alla fine si tratta pur sempre di un punto guadagnato sulla Roma, diretta rivale per la corsa Champions League. Perché se si smette di sognare, riportando le gambe alla realtà, si capirebbe che quella è la vera ambizione di questa squadra: l’accesso alla prossima Champions League. È vero, sognare non costa nulla, ma per sognare non bastano undici vittorie consecutive.
E no, non basta nemmeno la fortuna. Per sognare servono i mezzi, in questo caso “gli esecutori”, quelli che fai entrare al 70’ di una partita bloccata, prendono la palla e la buttano dentro, consegnandoti i tre punti. Serve un esempio per rendere ancora più chiaro il concetto? Lokomotiv Mosca-Juventus, partita di Champions League bloccata sul risultato di uno a uno. Al 70° minuto – coincidenze? - Maurizio Sarri getta nella mischia Douglas Costa, che esattamente nel finale si inventa il goal vittoria.
Ecco, questo è quello che serve per sognare, ed è a tutti gli effetti ciò che è mancato alla Lazio questa sera. Forse, visto da questo punto di vista, il pareggio è un po’ meno amaro, non credete?